ORDINANZA N.57
ANNO 1996
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Avv. Mauro FERRI, Presidente
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Dott. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 6 maggio 1994, n. 269 (Riparto della giurisdizione in tema di controversie del lavoro del personale degli enti pubblici trasformati in enti pubblici economici o società), convertito nella legge 4 luglio 1994, n. 432, promosso con ordinanza emessa il 14 marzo 1995 dal Pretore di Tolmezzo nel procedimento civile vertente tra Marchesan Gilberto e Ente poste italiane, iscritta al n. 250 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1995.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 7 febbraio 1996 il Giudice relatore Cesare Ruperto.
RITENUTO che nel corso di un procedimento civile, promosso da un dipendente dell'Ente poste italiane al fine di ottenere l'accertamento della insussistenza degli addebiti e la dichiarazione dell'illegittimità di un provvedimento disciplinare adottato nei suoi confronti, il Pretore di Tolmezzo, con ordinanza emessa il 14 marzo 1995, ha sollevato, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 6 maggio 1994, n. 269 (Riparto della giurisdizione in tema di controversie del lavoro del personale degli enti pubblici trasformati in enti pubblici economici o società), convertito nella legge 4 luglio 1994, n. 432, "nella parte in cui non prevede il potere dell'autorità giudiziaria ordinaria, per le controversie attribuite alla sua giurisdizione, di annullare i provvedimenti amministrativi dell'ente sottoposti al giudizio";
che - affermata la propria giurisdizione sulla controversia de qua, riguardante un procedimento disciplinare instaurato per fatti posti in essere successivamente alla intervenuta trasformazione dell'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni in ente pubblico economico a seguito della conversione nella legge 29 gennaio 1994, n. 71, del decreto-legge 1° dicembre 1993, n. 487 -, il rimettente rileva di essere chiamato a giudicare della legittimità di provvedimenti disciplinari adottati prima dell'effettiva privatizzazione del rapporto di impiego del personale dell'Ente convenuto (avvenuta con la stipula del CCNL in data 26 novembre 1994), secondo le norme regolatrici della materia e il rito disciplinare di cui al d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3;
che la natura amministrativa del procedimento disciplinare, correlata al difetto nel giudice ordinario del potere di annullare i relativi provvedimenti sanzionatori per via "delle regole del riparto della giurisdizione e dei limiti del potere dell'autorità giudiziaria ordinaria nei confronti della pubblica amministrazione, e in specie per il principio costituzionale di cui all'art. 113, terzo comma, della Costituzione", comporta, secondo il rimettente, una eccessiva limitazione del diritto del cittadino, impiegato di un ente pubblico trasformato in ente pubblico economico, di agire in giudizio a tutela dei propri diritti e interessi legittimi (ex art. 24 della Costituzione): dal che deriverebbe altresì la rilevanza della questione;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilità ovvero per l'infondatezza della questione.
CONSIDERATO che il rimettente non motiva in alcun modo la rilevanza della sollevata questione, solo assertivamente affermata a conclusione della condotta indagine sulla non manifesta infondatezza della questione stessa;
che, per converso, il difetto di rilevanza emerge dallo stesso testo dell'ordinanza di rimessione, dal quale chiaramente risulta come il petitum proposto dal ricorrente nel giudizio a quo abbia per contenuto solo l'accertamento dell'"insussistenza degli addebiti" a lui mossi e la declaratoria dell'"illegittimità del provvedimento disciplinare" irrogatogli, e non anche l'"annullamento" del provvedimento medesimo, con esclusivo riguardo al quale, invece, la questione di legittimità costituzionale è stata dal rimettente prospettata;
che l'accertamento dell'inesistenza degli addebiti contestati e la conseguente declaratoria d'illegittimità dell'atto sanzionatorio, rientranti, secondo i princìpi generali, nella giurisdizione del giudice ordinario, esauriscono l'àmbito della domanda sulla quale il rimettente è chiamato a pronunciarsi;
che pertanto il tema dei limiti alla potestà di annullamento dei provvedimenti amministrativi risulta ininfluente nel giudizio a quo; e che, inoltre, esso è prospettato senza tener conto del disposto dell'art. 10 del decreto-legge 1· dicembre 1993, n. 487, convertito, con modificazioni, nella legge 29 gennaio 1994, n. 71, il quale devolve all'autorità giudiziaria ordinaria "le controversie concernenti il rapporto di lavoro di diritto privato con l'ente "Poste italiane"" e costituisce dunque nella specie la norma dalla quale dovrebbe eventualmente derivare la giurisdizione, cui il rimettente riconnette la lamentata limitazione del diritto di difesa del ricorrente.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 6 maggio 1994, n. 269 (Riparto della giurisdizione in tema di controversie del lavoro del personale degli enti pubblici trasformati in enti pubblici economici o società), convertito nella legge 4 luglio 1994, n. 432, sollevata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, dal Pretore di Tolmezzo, con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, palazzo della Consulta, il 21 febbraio 1996.
Mauro FERRI, Presidente
Cesare RUPERTO, Redattore
Depositata in cancelleria il 27 febbraio 1996.