SENTENZA N.55
ANNO 1996
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Avv. Mauro FERRI, Presidente
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2751-bis, numero 3, del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 4 aprile 1995 dalla Corte d'appello di Genova nel procedimento civile vertente tra s.r.l. Caccavale e Jecco e Fallimento s.p.a. Galante, iscritta al numero 343 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1995.
Visti gli atti di costituzione di Caccavale e Jecco s.r.l. e Fallimento Galante s.p.a., nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella udienza pubblica del 9 gennaio 1996 il Giudice relatore Renato Granata;
uditi gli avv.ti Lucio V. Moscarini per Caccavale e Jecco s.r.l. e Giorgio Schiano di Pepe per il Fallimento Galante s.p.a., nonchè l'Avvocato dello Stato Carlo Salimei per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Nel corso del giudizio d'impugnazione promosso dalla società Caccavale e Jecco s.r.l. nei confronti del Fallimento Galante S.p.A., avente ad oggetto il carattere privilegiato, o meno, del credito vantato dalla società appellante, la Corte d'appello di Genova, con ordinanza del 13 aprile 1995, ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale - in riferimento all'art. 3 della Costituzione - dell'art. 2751-bis [rectius: art. 2751-bis numero 3], del codice civile nella parte in cui non limita il riconoscimento del privilegio a favore dell'agente-persona fisica e dell'agente-società di persone, quando in queste l'attività di agente sia direttamente svolta dagli agenti-soci ed il lavoro abbia funzione preminente sul capitale. In particolare secondo la prospettazione della Corte rimettente sarebbe violato il principio di eguaglianza perché la garanzia del privilegio trova sempre applicazione nei confronti dei crediti degli agenti anche operanti in forma societaria, ricollegandosi così la medesima disciplina a situazioni che invece sono diverse e che quindi avrebbero dovuto essere differenziate. Ed infatti, mentre le altre ipotesi previste dallo stesso art. 2751-bis si riferiscono a casi nei quali si pone una esigenza di particolare tutela del lavoro, sia esso subordinato o svolto nelle forme di cui ai numeri 2 e 4 della medesima disposizione, ovvero a casi nei quali, sia pure in forma societaria, l'attività svolta dai soci si caratterizza per l'esclusione di un fine di lucro o comunque per la preminenza del lavoro rispetto al capitale (nn. 5 e 5 bis), viceversa, nel caso del numero 3, si verificherebbe una del tutto irragionevole parificazione tra salario e profitto, atteso che, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, il privilegio sarebbe sempre sussistente, anche nel caso di credito vantato da agente operante in forma di società.
2. - Si è costituita la società Caccavale e Iecco s.r.l. chiedendo, anche con successiva memoria, che la questione sia dichiarata infondata ritenendo insussistente la denunciata violazione del principio di eguaglianza, atteso che la giustificazione della garanzia è da ricercare nelle caratteristiche del credito (che trova la sua fonte in un'attività continuativa) piuttosto che in quelle dei singoli soggetti creditori.
3. - Si è costituito anche il Fallimento Galante S.p.A. concludendo, in adesione alle argomentazioni della Corte rimettente, per la incostituzionalità della disposizione censurata.
4. - E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata. Osserva in particolare l'Avvocatura che la norma censurata non ha operato alcuna generica equiparazione tra retribuzione di attività lavorativa e profitto dell'attività economica esercitata da imprese societarie; ma si è solo limitata a non distinguere, nella ipotesi del contratto di agenzia, tra il caso dell'agente persona fisica e dell'agente costituito in forma di società commerciale; ciò perché l'obbligo continuativo di far concludere contratti a una impresa commerciale e di concluderli in sua rappresentanza esige di solito che l'agente vi dedichi la sua personale attività professionale.
Considerato in diritto
1. - E' stata sollevata questione di legittimità costituzionale - in riferimento all'art. 3 della Costituzione - dell'art. 2751-bis [rectius: art. 2751-bis numero 3] del codice civile nella parte in cui non limita il riconoscimento del privilegio a favore dei crediti dell'agente all'ipotesi dell'agente-persona fisica ed a quella dell'agente-società di persone sempre che in tali società l'attività di agente sia direttamente svolta dagli agenti-soci ed il lavoro abbia funzione preminente sul capitale; in particolare, sarebbe violato il principio di eguaglianza sotto il profilo dell'uguale trattamento di situazioni differenziate perché - diversamente dalle ipotesi considerate negli altri numeri dell'art. 2751-bis cit. - la garanzia del privilegio trova sempre applicazione per il solo fatto che creditore sia un agente e quindi anche nel caso di agente operante in qualsiasi forma societaria ed a prescindere dalla rilevanza del fattore-lavoro rispetto al capitale.
2. - La questione è inammissibile.
Deve premettersi che l'originaria formulazione dell'art. 2751 del codoce civile prevedeva al numero 6 il credito dell'agente per le provvigioni maturate negli ultimi sei mesi del rapporto, nonché per l'indennità di fine rapporto; previsione questa che seguiva quella analoga in favore del lavoratore subordinato e che, unitamente a quest'ultima, realizzava soltanto in parte l'intento dichiarato nella Relazione al Re (n. 1130) di "estendere a qualunque prestazione d'opera, sia materiale sia intellettuale, il privilegio ..." in questione. In realtà - dopo la generalizzazione del privilegio in favore del lavoratore subordinato (art. 66 legge n.153 del 1969) - è solo con la legge n. 426 del 1975 di modifica della disciplina dei privilegi che si amplia ulteriormente l'area della tutela del lavoro con la confluenza, nell'art. 2751-bis del codice civile di ipotesi varie: al lavoratore subordinato e all'agente si aggiungono il prestatore d'opera intellettuale, il coltivatore diretto, il mezzadro, il colono, l'imprenditore artigiano, le cooperative di produzione e lavoro. Successivamente l'art. 18 della legge n.59 del 1992 ha infine esteso il privilegio anche alle società cooperative agricole ed ai loro consorzi.
Questa progressiva estensione delle categorie dei crediti garantiti, pur nella prospettiva (chiaramente risultante dalla discussione parlamentare che ha accompagnato la formazione della legge n. 426 del 1975 citata) di un allargamento della tutela del lavoro personale in senso stretto e di quello a quest'ultimo assimilabile, ha lasciato inalterato il riferimento oggettivo al rapporto di agenzia senza che - secondo il diritto vivente, fissato dalla giurisprudenza della Corte di cassazione - possa distinguersi sotto il profilo soggettivo tra l'agente costituito da persona fisica e quello costituito da una società. Quindi plausibilmente il giudice rimettente muove dalla premessa della indistinta assimilazione, al fine in esame, di qualsivoglia agente, anche se una diversa ricostruzione sistematica sia ritenuta possibile da una parte della giurisprudenza di merito e della dottrina, le quali operano una distinzione nell'ambito della categoria dell'agente sì da riservare il privilegio unicamente all'agente persona fisica o società in cui l'apporto del fattore lavoro sia preminente rispetto a quello del capitale, ed anche se, con riferimento al numero 2 del medesimo art. 2751-bis del codice civile, la stessa giurisprudenza di legittimità opera proprio tale distinzione ritenendo che il privilegio relativo alla retribuzione del prestatore d'opera intellettuale non sia estensibile ai crediti delle società di revisione contabile.
3. - Ciò premesso, deve rilevarsi che - ancorché lo scrutinio di costituzionalità sia consentito, come richiesto dal giudice a quo, all'interno di una specifica norma attributiva di un privilegio (sentenza n.84 del 1992) - l'esame del merito è nella specie precluso da una liminare ragione di inammissibilità che risulta dalla stessa prospettazione dell'ordinanza di rimessione, la quale invoca una pronuncia additiva per restringere l'ambito della garanzia soltanto all'agente-persona fisica e all'agente-società di persone sempre che in tali società l'attività di agente sia direttamente svolta dagli agenti-soci ed il lavoro abbia funzione preminente sul capitale. Infatti il giudice a quo, formulando tale richiesta, non fa altro che proporre l'adozione di un modello normativo, correlato alla struttura soggettiva dell'agente, diverso da quello prescelto dal legislatore, in tema di fruizione della garanzia, fra i molteplici , diversi modelli dallo stesso legislatore adottati in relazione ad altre, diverse fattispecie. Così l'art. 409 numero 3 cod. proc. civ., al fine dell'applicazione del rito delle controversie del lavoro, distingue in ragione del carattere prevalentemente personale dell'opera prestata, mentre quanto alla previdenza e all'obbligo di iscrizione al relativo Fondo l'art. 5 della legge n.12 del 1973 distingue tra agenti-persone fisiche ed agenti - che pur operando in società - siano illimitatamente responsabili, da un lato, e, dall'altro, agenti operanti in forma di società di capitali. Ed ancora un terzo, ed ulteriormente diverso, modello è previsto dall'art. 6 della legge n.204 del 1985, che al fine dell'iscrizione all'albo, prevede un'unica disciplina sia per l'agente-persona fisica che per l'agente-società; modello - quest'ultimo - che è quello recepito anche dalla disposizione censurata secondo l'interpretazione della Corte di cassazione.
Orbene il modello sostitutivo proposto dal giudice rimettente con riferimento alla materia dei privilegi di cui è causa - secondo il quale dovrebbe distinguersi fra le persone fisiche e le società di persone nelle quali l'attività lavorativa sia direttamente svolta dal socio ed il lavoro sia preminente sul capitale, da un lato, e, dall'altro, tutte le altre società di persone e le società di capitali - è, a sua volta, ancora diverso da quelli sopra ricordati, essendo soltanto analogo, ma non identico, a quello di cui al numero 5 del medesimo art. 2751-bis del codice civile, concernente l'imprenditore artigiano. Infatti, secondo l'art. 3 della legge quadro n.443 del 1985, è impresa artigiana, oltre alla individuale, anche quella costituita in forma cooperativa - escluse le società a responsabilità limitata e le società per azioni - a condizione che la maggioranza dei soci, o uno nel caso di due soli soci, svolga in prevalenza lavoro personale o che nell'impresa il lavoro sia preminente sul capitale.
Poiché - dunque - la pronunzia additiva richiesta dal giudice a quo per la rimozione del vulnus da lui denunziato risponderebbe comunque non ad una soluzione costituzionalmente obbligata, bensì ad una delle diverse soluzioni possibili, la questione come sopra proposta risulta inammissibile.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2751-bis, numero 3, del codice civile sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dalla Corte d'appello di Genova con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 febbraio 1996.
Mauro FERRI, Presidente
Renato GRANATA, Redattore
Depositata in cancelleria il 27 febbraio 1996.