Ordinanza n. 49 del 1996

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N.49

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 127, comma 10, e 141-bis, del codice di procedura penale promosso con ordinanza emessa il 2 settembre 1995 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Lucca nel procedimento penale a carico di Pietroluongo Antonio ed altri,iscritta al n. 730 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 7 febbraio 1996 il Giudice relatore Enzo Cheli.

RITENUTO che nel corso del procedimento penale a carico di Pietroluongo Antonio e Mei Riccardo, con ordinanza del 2 settembre 1995, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Lucca ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 127, comma 10, del codice di procedura penale, nella parte in cui consente, "di regola", per l'arrestato, solo la verbalizzazione riassuntiva dell'interrogatorio, e dell'art. 141-bis del codice di procedura penale - relativamente all'inciso "e che non si svolga in udienza" - nella parte in cui non contempla l'interrogatorio dell'arrestato o del fermato tra le ipotesi obbligatorie di verbalizzazione integrale;

che il giudice rimettente, premettendo che il processo a quo si trova nella fase dell'udienza camerale di convalida dell'arresto degli indagati, nel corso della quale è necessario procedere al loro interrogatorio secondo le modalità previste dagli artt. 64 e ss. del codice di procedura penale, osserva che l'art. 141-bis dello stesso codice, introdotto dalla legge 8 agosto 1995, n. 332, prevede - a pena di inutilizzabilità dell'atto - che ogni interrogatorio, che non si svolga in udienza, di persona che si trovi, a qualsiasi titolo, in stato di detenzione, deve essere documentato integralmente con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva;

che nell'ordinanza di rimessione si afferma quindi che la persona arrestata o fermata, pur rientrando tra i soggetti detenuti e dovendo essere sottoposta a un interrogatorio che non differisce da quello cui è sottoposta la persona in stato di custodia cautelare, non è compreso tra i destinatari della norma di garanzia prevista dall'art. 141-bis del codice di procedura penale, dal momento che la sua audizione si svolge in un'udienza in camera di consiglio, e che pertanto, nella fattispecie, l'interrogatorio degli indagati nel giudizio a quo dovrebbe essere verbalizzato secondo la disposizione dell'art. 127 del codice di procedura penale;

che, ad avviso del giudice rimettente, le norme impugnate ledono l'art. 3 della Costituzione, dal momento che determinano una irragionevole disparità di trattamento tra le posizioni sostanzialmente omogenee in cui si trovano i soggetti detenuti, considerando anche che la posizione della persona arrestata, per la quale non è ancora intervenuta una decisione giurisdizionale, giustifica semmai un aumento delle garanzie processuali rispetto a coloro che si trovano in stato di custodia cautelare;

che nel giudizio davanti alla Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che la questione sollevata sia dichiarata inammissibile o infondata.

CONSIDERATO che, come emerge dagli atti, la questione è stata sollevata contestualmente al provvedimento con il quale il giudice rimettente, ritenuta l'impossibilità di procedere all'interrogatorio ex art. 391 cod. proc. pen., non ha convalidato l'arresto degli indagati, senza sospendere il procedimento a quo, come risulta dal dispositivo dell'ordinanza di rimessione;

che il giudice a quo ha, pertanto, esaurito la propria cognizione relativa alla fase cautelare concernente la convalida dell'arresto degli indagati, e che di conseguenza la questione sollevata, risultando priva del requisito della pregiudizialità e della rilevanza nel giudizio a quo, va dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, della norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 127, comma 10, e 141-bis del codice di procedura penale sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Lucca con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 febbraio 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Enzo CHELI, Redattore

Depositata in cancelleria il 23 febbraio 1996.