ORDINANZA N.47
ANNO 1996
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Avv. Mauro FERRI, Presidente
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 38 (recte: art. 2, numero 38) della legge 16 febbraio 1987, n. 81 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale) e degli artt. 369, 554, 350, commi 2, 3 e 7, 514, comma 1, e 503, comma 3, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 25 ottobre 1994 dal Pretore di Lecce - Sezione distaccata di Casarano nel procedimento penale a carico di Pantaleo Pietruccia, iscritta al n. 347 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1995.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 24 gennaio 1996 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.
RITENUTO che il Pretore di Lecce - Sezione distaccata di Casarano, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 38 (recte: art. 2, numero 38) della legge 16 febbraio 1987, n. 81 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale) e degli artt. 369 e 554 del codice di procedura penale, nella parte in cui "prevedono nel procedimento pretorile soltanto l'informazione di garanzia sin dal primo atto al quale il difensore ha diritto di assistere senza nessun termine ragionevole per informare l'indagato - nei modi più adeguati e opportuni possibili - che è stato iniziato un procedimento a suo carico e non si ritiene ancora di chiedere l'archiviazione o compiere, comunque, atti istruttori o disporre il decreto di citazione a giudizio davanti al pretore";
che in subordine viene sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 112 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 554, comma 1, del codice di procedura penale, nella parte in cui autorizza il pubblico ministero a rinviare l'imputato a giudizio senza compiere alcuna indagine e senza prima sentire l'indagato;
che in ulteriore subordine viene sollevata, in riferimento agli artt. 24 e 112 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 350, commi 2, 3 e 7, 514, comma 1, e 503, comma 3, del codice di procedura penale, nella parte in cui "escludono l'acquisizione e l'utilizzabilità delle dichiarazioni spontanee rese dall'indagato o assunte alla presenza del difensore dalla P.G., se non limitatamente all'ipotesi di contestazione di cui all'art. 503 s.c.";
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate.
CONSIDERATO che con la questione principale il giudice a quo richiede a questa Corte di rielaborare, "nei modi più adeguati e opportuni possibili", l'istituto della informazione di garanzia, così formulando un petitum che palesemente fuoriesce dai confini istituzionalmente assegnati al controllo di costituzionalità delle norme per investire una gamma indifferenziata di possibili scelte che vanno riservate alla esclusiva sfera della discrezionalità legislativa, il che rende il quesito proposto manifestamente inammissibile;
che con la prima delle questioni subordinate il rimettente solleva censure identiche a quelle già affrontate e risolte con l'ordinanza n. 137 del 1995, sicché, non deducendo il giudice a quo profili nuovi o diversi da quelli allora esaminati, la questione ora proposta deve essere dichiarata manifestamente infondata;
che l'ultima delle sollevate questioni è manifestamente inammissibile perché prospettata in via del tutto ipotetica, in quanto, considerato che un profilo di utilizzazione delle dichiarazioni precedentemente rese può venire in discorso soltanto in sede di esame e contestazioni, e posto che l'istruzione probatoria non risulta essere neppure iniziata, qualsiasi censura che si rifletta sui limiti di utilizzazione probatoria delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini dall'imputato appare priva di attualità e rilevanza, al punto che il "pregiudizio" che lo stesso rimettente profila a sostegno della impugnativa non può che essere formulato in termini di mera eventualità, "a seconda del contenuto" di tali dichiarazioni.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integra-tive per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara:
1) la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, numero 38, della legge 16 febbraio 1987, n. 81 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale) e degli artt. 369 e 554 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Pretore di Lecce - Sezione distaccata di Casarano, con l'ordinanza in epigrafe;
2) la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 554, comma 1, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 112 della Costituzione, con la medesima ordinanza;
3) la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 350, commi 2, 3 e 7, 514, comma 1, e 503, comma 3, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 24 e 112 della Costituzione, con la medesima ordinanza.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 febbraio 1996.
Mauro FERRI, Presidente
Giuliano VASSALLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 23 febbraio 1996.