SENTENZA N.23
ANNO 1996
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Avv. Mauro FERRI, Presidente
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli art. 317-bis cod. civ. e 38 disp. att. cod. civ. promosso con ordinanza emessa il 6 febbraio 1995 dal Tribunale per i minorenni di Genova atti relativi a P. L. iscritta al n. 316 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell'anno 1995.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 13 dicembre 1995 il Giudice relatore Renato Granata.
Ritenuto in fatto
In un giudizio civile promosso dalla madre di una minore per ottenere l'aumento dell'assegno di mantenimento a carico del padre naturale non affidatario, l'adito Tribunale dei minorenni di Genova - ritenutane la rilevanza al fine della decisione pregiudiziale sulla sussistenza della propria competenza - ha sollevato, con ordinanza del 6 febbraio 1995, questione incidentale di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 317-bis cod. civ. e 38 disp. att. cod. civ. nella parte in cui dette norme, nello stabilire la competenza del Tribunale minorile in materia di affidamento della prole naturale, non attribuiscono al medesimo giudice, e riservano invece al Tribunale ordinario, la cognizione in ordine ai provvedimenti di determinazione o, come nella specie, di adeguamento dell'assegno alimentare a carico del genitore non affidatario.
Secondo il giudice rimettente, la normativa denunciata darebbe luogo infatti ad una "grave disparità di trattamento" - in violazione degli artt. 3 e 30 della Costituzione - in danno dei figli naturali. Ciò perché per questi ultimi la denunciata duplicazione di competenza, non ricorrente nei confronti delle altre categorie di minori, si risolverebbe in una "condizione ingiustificatamente deteriore", per la "necessità di adire due giudici diversi per la cognizione di una situazione in realtà unica avente ad oggetto gli obblighi inscindibili di educazione, istruzione e mantenimento".
Nel giudizio innanzi alla Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri per il tramite dell'Avvocatura dello Stato che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità - "per mancata indicazione specifica [nel dispositivo] del parametro che si assume violato" - o, in subordine, la non fondatezza della questione".
Considerato in diritto
1. - Il Tribunale di minorenni di Genova dubita della legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 30 della Costituzione, degli artt. 317-bis del cod. civ. e 38 disp. att. cod. civ., nella parte in cui dette norme, nello stabilire la cognizione del Tribunale dei minorenni in ordine alle controversie relative all'affidamento dei figli minori naturali, attribuiscono non allo stesso giudice, ma invece irragionevolmente al Tribunale ordinario, la competenza ad adottare i provvedimenti sia contestuali (di determinazione) che successivi (di adeguamento) dell'assegno alimentare a carico del genitore non affidatario: diversamente da quanto previsto per i figli minori legittimi, per i quali la cognizione delle questioni non patrimoniali (affidamento) e patrimoniali (che li concernono) è attribuita allo stesso giudice - il Tribunale ordinario - competente anche per la separazione e il divorzio dei genitori.
Dal che appunto la denunciata disparità di trattamento in danno dei figli naturali - che risentirebbero negative implicazioni della rilevata duplicazione di competenza - e la conseguente violazione degli artt. 3 e 30 Costituzione, sotto il profilo della identità di tutela che dovrebbe viceversa essere riconosciuta ai figli sia legittimi che naturali.
2. - La puntuale individuazione (sia nel riferimento numerico che nel contenuto) dei parametri costituzionali - così operata dal giudice a quo, ancorché solo in motivazione dell'ordinanza di rinvio - esclude che, per l'omesso loro formale richiamo in dispositivo , la questione risulti generica od indefinita nel suo oggetto. Va quindi respinta l'eccezione di inammissibilità formulata dall'Avvocatura dello Stato su tale errato presupposto.
3. - L'impugnativa, peraltro, si appalesa non pertinente al tema del giudizio a quo per quanto attiene alle censure che si muovono alla denunziata incompetenza del Tribunale dei minorenni in ordine ai provvedimenti alimentari contestuali a quelli in materia di status ed affidamento del figlio naturale: infatti l'adozione di quei provvedimenti non viene in discussione nel giudizio a quo, avente - come è pacifico - unicamente ad oggetto una richiesta (successiva) di adeguamento dell'assegno già stabilito in sede di affidamento (dal Tribunale dei minorenni).
4. - La questione relativa alla lamentata divaricazione di competenza oggetto del sindacato di legittimità costituzionale si circoscrive quindi alle controversie alimentari successive, concernenti l'adeguamento dell'assegno di mantenimento già stabilito a carico del genitore non affidatario del figlio naturale minorenne.
E, in questi termini, la questione è destituita di fondamento.
L'attribuzione di controversie siffatte al Tribunale ordinario (e non al Tribunale dei minorenni precedentemente adito) trova infatti la sua intrinseca, e ragionevole, giustificazione nel fatto che, con la richiesta di revisione del contributo avanzata dal genitore che ha presso di sé il minore nei confronti dell'altro non affidatario, si radica - come precisato dalla Corte di cassazione - una lite che non coinvolge più direttamente il minore, bensì <<due soggetti maggiorenni" ed "ha come causa petendi la comune qualità di genitori e come petitum la determinazione della misura del contributo che l'uno deve versare all'altro", sia pure per le esigenze di mantenimento del minore.
Né rileva, ai fini della prospettata violazione degli artt. 3 e 30 Costituzione, la comparazione con la competenza unitaria prevista in materia per i figli legittimi, poiché diversa è la ratio - e la situazione sottostante - delle due discipline così poste a raffronto.
Per i figli legittimi - il cui mantenimento fin quando esiste la convivenza matrimoniale è regolato di comune accordo dai genitori - l'intervento del giudice si rende infatti necessario solo quando vengano a cessare (con la separazione) la convivenza o (con il divorzio) il matrimonio dei genitori: per cui appunto è la stessa coincidenza del provvedere sul rapporto tra coniugi e sull'affidamento e mantenimento dei figli che comporta, in questo caso, l'identità del giudice.
Diversamente, con riguardo ai figli naturali - poiché i genitori, ove pur abbiano in precedenza convissuto, ben possono liberamente por fine a tale convivenza - manca un processo necessariamente unitario che coinvolga il momento della separazione, quello della sorte dei figli comuni e quello del regolamento dei rapporti patrimoniali sia tra loro che relativamente al mantenimento della prole.
E proprio il difetto della previsione legislativa di un processo unitario comporta che ogni provvedimento eventualmente invocato debba essere richiesto al giudice competente: quale appunto è il Tribunale ordinario con riguardo al procedimento contenzioso "tra i genitori" per la revisione del contributo di mantenimento in questione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 317-bis del codice civile e 38 disp. att. cod. civ., sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 30 Costituzione, dal Tribunale dei minorenni di Genova con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 gennaio 1996.
Mauro FERRI, Presidente
Renato GRANATA, Redattore
Depositata in cancelleria il 5 febbraio 1996.