ORDINANZA N. 485
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Avv. Mauro FERRI, Presidente
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 460, lettera e), e 464 del codice di procedura penale promosso con ordinanza emessa il 17 novembre 1994 dal Pretore di Pavia nel procedimento penale a carico di Pisati Carlo ed altro, iscritta al n. 12 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5 prima serie speciale dell'anno 1995.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 18 ottobre 1995 il Giudice relatore Enzo Cheli.
RITENUTO che nel corso del procedimento penale a carico di Pisati Carlo e Vitti Marco, il Pretore di Pavia, con ordinanza del 17 novembre 1994, ha sollevato, in riferimento agli artt. 24 e 76 della Costituzione, le questioni di costituzionalità dell'art. 460, lettera e), del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che tra i requisiti del decreto penale sia disposta l'informazione all'imputato degli oneri di notifica e di sollecitazione del consenso del pubblico ministero nell'ipotesi di opposizione al decreto penale e di contestuale richiesta di giudizio abbreviato, e dell'art. 464 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il decreto con cui il giudice per le indagini preliminari fissa il termine per sollecitare il consenso del pubblico ministero sia previamente notificato all'imputato opponente e al difensore eventualmente nominato, e che il termine decorra dal momento di effettiva conoscenza del decreto medesimo; che nell'ordinanza si espone che gli imputati presentarono tempestiva opposizione al decreto penale 15 febbraio 1994 con il quale il giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Pavia li aveva condannati per il reato di cui all'art. 663 del codice penale, e che nell'atto di opposizione essi avevano richiesto il giudizio abbreviato; che, con successivo decreto del 28 aprile 1994, lo stesso giudice dava termine agli imputati fino alla data del 12 maggio per chiedere il consenso del pubblico ministero, mediante notifica dell'atto di opposizione e dello stesso decreto, e che, trascorso il termine senza che fosse espletata la notifica da parte degli imputati, il giudice per le indagini preliminari emetteva decreto di giudizio immediato nei loro confronti; che il giudice remittente osserva che dagli atti processuali non risulta in alcun modo se e quando gli imputati o il difensore hanno avuto conoscenza del citato decreto del giudice per le indagini preliminari e del termine ivi previsto, e che pertanto deve ritenersi che l'inerzia degli imputati derivi da tale mancata conoscenza; che l'ordinanza censura l'art. 464 del codice di procedura penale, affermando che questa norma in violazione dell'art. 24 della Costituzione non prevede alcunchè in ordine al modo in cui l'imputato possa avere tempestiva conoscenza del decreto del giudice per le indagini preliminari e non prescrive alcun termine entro il quale lo stesso giudice debba provvedere sulla opposizione accompagnata dalla richiesta di giudizio abbreviato; che nell'ordinanza si censura anche l'art. 460, lettera e), nella parte in cui, disponendo che il decreto penale contenga l'avviso al destinatario quanto alla facoltà di richiedere riti alternativi, non prevede l'informativa sugli oneri che gli competono ex art. 464 del codice di procedura penale, allorchè faccia richiesta di giudizio abbreviato, in violazione del diritto di difesa e della direttiva n. 46 della legge 16 febbraio 1987, n. 81, recante delega al Governo per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale, che ha disposto che nella fase dell'opposizione a decreto penale devono essere rispettate "tutte le garanzie per la difesa"; che nel giudizio davanti alla Corte ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che la questione sollevata sia dichiarata inammissibile e, in subordine, infondata.
CONSIDERATO che le norme impugnate disciplinano atti la cui adozione è rimessa al giudice per le indagini preliminari e riguardano, per l'art. 460 del codice di procedura penale, i requisiti del decreto penale di condanna e, per l'art. 464 del codice di procedura penale, le modalità con le quali lo stesso giudice dispone il giudizio a seguito di opposizione dell'imputato al decreto penale; che le norme censurate trovano applicazione nella fase processuale che precede la fase dibattimentale nella quale si trova attualmente il giudizio a quo e, di conseguenza, l'eventuale fondatezza della questione sollevata non potrebbe avere concreta rilevanza in tale giudizio, dal momento che l'art. 456, comma 1, del codice di procedura penale che individua mediante rinvio all'art. 429, comma 2, dello stesso codice, le cause di nullità del decreto di citazione a giudizio valutabili da parte del giudice remittente nella fase dibattimentale non comprende le carenze censurate dal giudice a quo; che, pertanto, le questioni vanno dichiarate manifestamente inammissibili. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 460, lettera e), e 464 del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli artt. 24 e 76 della Costituzione, dal Pretore di Pavia con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 06/11/95.
Mauro FERRI, Presidente
Enzo CHELI, Redattore
Depositata in cancelleria il 10/11/95.