ORDINANZA N. 386
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4-bis, comma 1, della legge 27 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), promosso con ordinanza emessa il 3 novembre 1994 dal Tribunale di sorveglianza di Sassari sull'istanza proposta da Costa Giovanni, iscritta al n. 8 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell'anno 1995.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 17 maggio 1995 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.
RITENUTO che il Tribunale di sorveglianza di Sassari, con una prima ordinanza del 23 settembre 1993 (r.o. n. 736 del 1993), aveva sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), come sostituito dall'art. 15, comma 1, lettera a), del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356, nella parte in cui subordina l'ammissione del condannato al regime della semilibertà al presupposto della collaborazione con la giustizia a norma dell'art. 58-ter della medesima legge;
che il giudice a quo, data l'applicabilità di tale regime normativo anche ai condannati con sentenza definitiva anteriore alla data di entrata in vigore della nuova disciplina, ne ravvisava il contrasto con l'art. 25, secondo comma, Cost., ritenendo che il principio di non retroattività della legge penale dovesse estendersi anche "alle disposizioni di natura sostanziale relative alla modalità di esecuzione della pena ed in particolare alle misure alternative alla detenzione";
che il medesimo giudice ravvisava inoltre il contrasto della norma impugnata con l'art. 3 Cost., perchè l'applicazione retroattiva della nuova disciplina avrebbe concretato un diseguale trattamento di condannati i quali avessero parimenti espiato il periodo minimo di pena previsto dalla legge per l'ammissione alla semilibertà, a seconda che, prima dell'entrata in vigore della medesima disciplina, anche per circostanze casuali, il relativo procedimento di sorveglianza fosse stato o meno definito;
che questa Corte, con ordinanza n. 367 del 1994, ha ordinato la restituzione degli atti al predetto Tribunale di sorveglianza, per nuovo esame della rilevanza della questione, data la possibile incidenza sulla stessa della sopravvenuta sentenza n. 357 del 1994, con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 4-bis, comma 1, secondo periodo, della legge n. 354 del 1975, come sostituito dall'art. 15, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 306 del 1992, convertito nella legge n. 356 del 1992, nella parte in cui non prevede che i benefici di cui al primo periodo del medesimo comma possano essere concessi anche nel caso in cui la limitata partecipazione al fatto criminoso, come accertata nella sentenza di condanna, renda impossibile un'utile collaborazione con la giustizia, sempre che siano stati acquisiti elementi tali da escludere in maniera certa l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata;
che con la nuova ordinanza di rimessione, ora all'esame della Corte, il Tribunale di sorveglianza di Sassari, riproponendo la medesima questione di legittimità costituzionale, di cui afferma la perdurante rilevanza, osserva che dalla "motivazione della sentenza [di condanna], e dalla stessa entità della condanna inflitta, appare evidente la circostanza che la partecipazione del Costa Giovanni al fatto criminoso sia tutt'altro che marginale, nè d'altra parte questa circostanza è stata prospettata da questo Collegio nell'ordinanza di rimessione [precedente]", sicchè nessuna incidenza può avere sulla fattispecie la sentenza n. 357 del 1994, per la quale si può prescindere da una collaborazione rilevante ai fini dell'ammissione alle misure alternative alla detenzione solo nei casi di limitata partecipazione al fatto criminoso accertata nella sentenza di condanna;
che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'infondatezza della questione.
CONSIDERATO che, successivamente alla riproposizione della questione, questa Corte, con sentenza n. 68 del 1995, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale, tra l'altro, del medesimo art. 4bis, comma 1, secondo periodo, della legge n. 354 del 1975, "nella parte in cui non prevede che i benefici di cui al primo periodo del medesimo comma possano essere concessi anche nel caso in cui l'integrale accertamento dei fatti e delle responsabilità operato con sentenza irrevocabile renda impossibile un'utile collaborazione con la giustizia, sempre che siano stati acquisiti elementi tali da escludere in maniera certa l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata", con ciò venendosi a superare il ristretto ambito della limitata partecipazione al fatto criminoso preso in considerazione dalla precedente sentenza n. 357 del 1994;
che nella prima ordinanza di rimessione, ove si trovano più completamente esposte le ragioni dei dubbi di incostituzionalità ravvisati dal Tribunale di sorveglianza di Sassari, ribaditi con la seconda ordinanza, si precisa tra l'altro che il richiedente la semilibertà aveva, durante il processo di cognizione, "optato per un atteggiamento di sostanziale rifiuto a qualunque forma di collaborazione", e ciò a differenza di "alcuni dei correi, i quali prestarono un'attività collaborativa con gli organi inquirenti e contribuirono pertanto a fare luce completa sulle dinamiche e sulle modalità di compimento del reato, determinando le precise responsabilità dei compartecipi al reato e facendo luce su tutti gli aspetti del sequestro di persona commesso"; che in tal modo, si precisa ancora nell'ordinanza, "al Costa veniva sostanzialmente preclusa qualunque possibilità di collaborazione futura (...), non esistendo più alcun elemento residuo di incertezza su cui far luce";
che dunque, secondo quanto espressamente affermato dall'autorità rimettente, l'ostacolo alla concedibilità della misura alternativa richiesta deriva dalla mancanza del requisito della collaborazione con la giustizia, che non sarebbe comunque più prestabile da parte del condannato, non potendo ormai una eventuale condotta collaborativa essere "utile" nei sensi precisati dall'art. 58-ter dell'ordinamento penitenziario, in relazione all'integrale accertamento dei fatti e delle responsabilità operato con la sentenza di condanna;
che tale ostacolo, peraltro, potrebbe nella specie essere venuto meno, a seguito della declaratoria di illegittimità dell'art. 4-bis recata, in parte qua, dalla citata sentenza n. 68 del 1995, emessa dopo la proposizione della nuova ordinanza di rimessione;
che, pertanto, questa Corte deve necessariamente provvedere a una nuova restituzione degli atti al giudice a quo, per ulteriore esame della rilevanza della questione, questa volta basato sul novum rappresentato dalla sentenza n. 68 del 1995.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Tribunale di sorveglianza di Sassari.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13/07/95.
Antonio BALDASSARRE, Presidente
Giuliano VASSALLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 24/07/95.