ORDINANZA N. 352
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 5, commi ventisettesimo, trentaduesimo e trentatreesimo, della legge 28 febbraio 1983, n. 53 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto- legge 30 dicembre 1982, n. 953, recante misure in materia tributaria) (rectius: del decreto-legge 30 dicembre 1982, n. 953, recante misure in materia tributaria, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1983, n. 53) , coordinato con l'art. 2, lettera b), del d.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39 (Testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche), promosso con ordinanza emessa il 7 febbraio 1995 dal Giudice conciliatore di Roma nel procedimento civile vertente tra l'Associazione per la difesa dei consumatori e degli utenti "Dideikon" ed altra e l'A.C.I., iscritta al n. 213 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 213, prima serie speciale, dell'anno 1995.
Visti l'atto di costituzione dell'Associazione per la difesa dei consumatori e degli utenti "Dideikon" ed altra, nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 27 giugno 1995 il Giudice relatore Massimo Vari;
uditi l'avv. Mario Marchetti per l'Associazione per la difesa dei consumatori e degli utenti "Dideikon" ed altra e l'Avvocato dello Stato Antonio Bruno per il Presidente del Consiglio dei ministri.
RITENUTO che, nel corso di un procedimento civile promosso dall'Associazione per la difesa dei consumatori e degli utenti "Dideikon" ed altra avverso l'A.C.I. ed altro, il Giudice conciliatore di Roma, con ordinanza emessa il 7 febbraio 1995 (R.O. n. 213 del 1995), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, commi ventisettesimo, trentaduesimo e trentatreesimo, della legge 28 febbraio 1983, n. 53 (rectius: del decreto-legge 30 dicembre 1982, n. 953, recante misure in materia tributaria, convertito, con modificazioni dalla legge 28 febbraio 1983, n. 53) coordinato con l'art. 2, lettera b), del d.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39, contenente il testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche; che, secondo il giudice a quo, le norme impugnate "adottano parametri iniqui ed irrazionali al criterio impositivo della proprietà del veicolo", onde la tassa di circolazione non sarebbe più un "tributo corrisposto per un servizio reso al privato", "bensì prestazione pecuniaria dovuta dal contribuente allo Stato, derivante dalla proprietà di un veicolo"; che, sempre ad avviso del remittente, l'imposta de qua colpirebbe "l'intera categoria degli automobilisti senza operare alcuna distinzione all'interno della medesima", penalizzerebbe "l'automobile di piccola cilindrata che è da considerare non un lusso, ma una necessità soprattutto per chi lavora, data la inefficienza dei mezzi pubblici" e non terrebbe conto del reddito del contribuente, ponendosi così in contrasto con i principi di uguaglianza e di capacità contributiva, intesa quest'ultima come "il complesso dei redditi di cui gode il contribuente" e al tempo stesso come situazione rilevabile "anche dal solo possesso del bene indipendentemente dalla circostanza che il proprietario, per incuria o incapacità, non tragga un adeguato compenso dall'impiego del bene stesso"; che, inoltre, secondo il giudice a quo non rientrerebbe "nella discrezionalità del legislatore fissare i criteri di differenziazione delle aliquote delle imposte automobilistiche, dal momento che l'art. 53 della Costituzione dispone che tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva"; che si sono costituiti l'Associazione per la difesa dei consumatori e degli utenti "DideiKon" e la dott.ssa Francesca Bocchese in proprio e nella qualità di socia della predetta Associazione, per chiedere una declaratoria di illegittimità costituzionale delle disposizioni censurate; che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile quanto all'art. 5 del decreto-legge 30 dicembre 1982, n. 953, convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1983, n. 53 e comunque in toto non fondata, giacchè la commisurazione del tributo in funzione della potenza in CV del motore sarebbe di per sè "normalmente indice di capacità contributiva", in quanto la maggiore potenza comporta più elevati costi d'acquisto ed utilizzazione.
CONSIDERATO che l'ordinanza, nel muovere da premesse erronee, là dove afferma che l'imposta in questione colpirebbe "l'intera categoria degli automobilisti, senza operare alcuna distinzione all'interno della medesima", si fonda al tempo stesso su motivazioni contraddittorie, là dove assume che la capacità contributiva sarebbe, da un lato, la risultante del "complesso dei redditi di cui gode il contribuente" e, dall'altro, una situazione rilevabile "anche dal solo possesso dei beni" indipendentemente dalla circostanza che il proprietario "tragga un adeguato compenso dall'impiego" dei beni stessi; che, in ogni caso, e contrariamente a quanto assume il remittente, rientra nella discrezionalità del legislatore la determinazione degli indici di capacità contributiva e della conseguente entità dell'onere tributario, essendo riservato a questa Corte di verificare la palese arbitrarietà e irrazionalità delle scelte legislative; che, per quanto concerne la dedotta violazione del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, l'ordinanza di rimessione non fornisce alcuna indicazione della norma o del principio dell'ordinamento rispetto ai quali la disposizione impugnata, diversificando situazioni tra loro comparabili, porrebbe in essere la lamentata discriminazione; che, pertanto, la questione deve dichiararsi manifestamente infondata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, commi ventisettesimo, trentaduesimo, trentatreesimo, del decreto- legge 30 dicembre 1982, n. 953 (Misure in materia tributaria), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1983, n. 53, e dell'art. 2, lettera b), del d.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39 (Testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dal Giudice conciliatore di Roma con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 1995.
Antonio BALDASSARRE, Presidente
Massimo VARI, Redattore
Depositata in cancelleria il 21 luglio 1995.