SENTENZA N. 277
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 11 della legge della Regione Veneto 31 maggio 1980, n. 76 (Ripartizione dei fondi relativi alle funzioni in materia di assistenza e beneficenza) e dell'art. 15 della legge della Regione Veneto 15 dicembre 1982, n. 55 (Norme per l'esercizio delle funzioni in materia di assistenza sociale), promossi con due ordinanze emesse il 4 novembre 1993 e il 25 novembre 1993 dal Tribunale di Venezia nei procedimenti civili vertenti tra l'Amministrazione provinciale di Vicenza e la Regione Veneto e tra l'Amministrazione provinciale di Padova e la Regione Veneto, iscritte ai nn. 188 e 189 del registro ordinanze 1994 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell'anno 1994. Visti gli atti di costituzione dell'Amministrazione provinciale di Vicenza nonchè gli atti di intervento della Regione Veneto; udito nell'udienza pubblica del 19 aprile 1995 il Giudice relatore Massimo Vari; uditi gli Avvocati Mario Bertolissi e Luigi Manzi per la Regione Veneto.
Ritenuto in fatto
1.-- Con due ordinanze emesse l'una il 4 novembre 1993 (R.O. n. 188 del 1994), e l'altra il 25 novembre 1993 (R.O. n. 189 del 1994) -- nel corso di giudizi civili promossi, rispettivamente, dalla Amministrazione provinciale di Vicenza e da quella di Padova, aventi ad oggetto il contributo della Regione Veneto alle spese di assistenza ai fanciulli nati fuori del matrimonio -- il Tribunale di Venezia ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 30, 81 e 119 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale di due disposizioni contenute in leggi della Regione Veneto, segnatamente dell'art. 11 della legge regionale 31 maggio 1980, n. 76 (Ripartizione dei fondi relativi alle funzioni in materia di assistenza e beneficenza) e dell'art. 15 della legge regionale 15 dicembre 1982, n. 55 (Norme per l'esercizio delle funzioni in materia di assistenza sociale). Entrambe le ordinanze rilevano che l'art. 10 della legge n. 698 del 1975, nel sopprimere l'Opera nazionale per la protezione della maternità e dell'infanzia (ONMI) e nel trasferire le relative funzioni alle regioni, ai comuni ed alle province, ha istituito un fondo speciale iscritto nello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro; fondo del quale, una volta avvenuta la ripartizione fra le regioni, si prevede l'assegnazione, da parte di queste ultime, con legge di bilancio, alle pro vince e ai comuni, per l'esercizio delle funzioni attribuite a detti enti locali a seguito della riforma di cui trattasi. Rilevano, peraltro, le ordinanze, che la prima delle disposizioni menzionate, vale a dire l'art. 11 della legge regionale n. 76 del 1980, stabilisce, sul predetto fondo, l'erogazione della somma di lire 2.000 milioni per il finanziamento degli asili-nido ex ONMI, ora comunali, prevedendo che le rimanenti disponibilità siano assegnate, con provvedimento della giunta regionale, alle unità sanitarie locali, ai comuni e alle province.
A sua volta, la seconda disposizione, e cioè l'art. 15 della legge regionale n. 55 del 1982, fa confluire le somme di cui all'art. 10 della legge n. 698 del 1975 nel fondo destinato al funzionamento degli interventi, dei servizi e delle attività socio- assistenziali. Dette disposizioni della legge regionale sarebbero -- ad avviso del remittente Tribunale -- in contrasto con: -- l'art. 3 della Costituzione, in quanto sottrarrebbero ingiustificatamente ai fanciulli nati da unioni illegittime, di cui all'art. 4, lettera c), del regio decreto- legge n. 798 del 1927, la possibilità, per il solo fatto di risiedere nella Regione Veneto, di vedersi riconoscere i mezzi di tutela rappresentati dal finanziamento statale previsto dalla legge n. 698 del 1975; -- l'art. 30 della Costituzione, per violazione del precetto che impone la cura dei figli, anche nati fuori del matrimonio; -- l'art. 81 della Costituzione, in quanto sarebbero state attribuite nuove funzioni a comuni e province, privando i medesimi enti dei mezzi con cui farvi fronte; -- l'art. 119 della Costituzione, atteso che una legge dello Stato ha fissato l'autonomia finanziaria della regione e questa ha invece provveduto del tutto autonomamente disattendendo la specificità del vincolo impostole.
2.-- Nel primo giudizio si è costituita l'Amministrazione provinciale di Vicenza, depositando una memoria, nella quale, a sostegno della illegittimità costituzionale della normativa impugnata, si deduce che la legge n. 698 del 1975, nel sopprimere l'ONMI, avrebbe trasferito alla Regione l'obbligo contributivo, già previsto per l'ONMI medesima dall'art. 3 del regio decreto- legge n. 798 del 1927, come modificato dall'art. 1 della legge n. 312 del 1933, nella misura di un terzo della spesa per i fanciulli nati da unioni illegittime. D'altro canto, la norma dell'art. 10 della stessa legge n. 698 del 1975, istitutiva del fondo speciale a carico dello stato di previsione del Ministero del tesoro, andrebbe interpretata in combinato disposto con le precedenti disposizioni, nel senso che le regioni sarebbero tenute a sostenere un terzo delle spese per l'assistenza ai fanciulli di cui trattasi, usufruendo dello stanziamento statale ed aggiungendo eventualmente le somme che risultassero necessarie volta per volta. Per contro, la Regione Veneto non attribuirebbe alle province nemmeno la quota che riceve a tale titolo dallo Stato, giacchè l'art. 11 della legge regionale n. 76 del 1980 -- in violazione degli artt. 30, 3 e 119 della Costituzione e dei principi fissati dalla normativa statale -- consente alla Regione di limitare il proprio contributo ad una parte, oltretutto modesta, dello stanziamento statale, destinando aprioristicamente la somma di lire 2.000 milioni di tale stanziamento al finanziamento degli asili-nido ex ONMI, ed erogandone una parte alle unità sanitarie locali, al di fuori delle previsioni della legge n. 698 del 1975. La norma contrasterebbe anche con l'art. 81 della Costituzione, poichè, pur non riducendo le funzioni di assistenza ai fanciulli nati da unioni illegittime attribuite alla provincia, ne avrebbe ridotto il finanziamento, comportando nuove e maggiori spese senza indicazione dei mezzi con cui farvi fronte. Del pari incostituzionale per violazione degli artt. 3, 81 e 119 della Costituzione, sarebbe l'art. 15 della legge regionale n. 55 del 1982, che ha disposto la costituzione di un fondo regionale per i servizi sociali, a meno che non venga interpretato nel senso che impegni comunque al versa mento in favore delle province di un contributo pari ad un terzo delle spese da esse sostenute.
3.-- Nel giudizio è intervenuta altresì la Regione Veneto, chiedendo che le questioni siano dichiarate infondate. La memoria, dopo aver delineato la evoluzione della normativa statale e regionale in materia, deduce che: -- l'art. 10 della legge n. 698 del 1975, nel disporre, al secondo comma, che il fondo speciale "deve essere adeguato alle occorrenze delle funzioni trasferite", avrebbe riguardo non solo alle funzioni provinciali di assistenza ai fanciulli nati da unioni illegittime, ma ad una pluralità di voci di spesa, cui il vincolo di destinazione sarebbe riferibile; -- la medesima disposizione, nel precisare, al quinto comma, che "le regioni, con legge di bilancio, assegnano alle province ed ai comuni le somme necessarie all'esercizio delle funzioni ad esse trasferite", rimetterebbe detta assegnazione all'apprezzamento discrezionale della regione. Gli effetti del trasferimento di funzioni di cui alla legge n. 698 del 1975 sarebbero, comunque, venuti meno a seguito del d.P.R. n. 616 del 1977 che avrebbe attribuito ai comuni tutte le funzioni amministrative relative all'organizzazione ed erogazione dei servizi di assistenza e beneficenza, donde la caducazione di un vincolo, peraltro concepibile, anche per il passato, in termini assai lati. Si rileva, altresì, che, dal 1980, le assegnazioni erogate dallo Stato a favore della Regione per l'esercizio delle funzioni ex ONMI sarebbero confluite all'interno del fondo comune di cui all'art. 8 della legge n. 281 del 1970, con l'effetto di rendere i cespiti "assolutamente liberi in sede di allocazione regionale", in coerenza con l'art. 21 della legge n. 335 del 1976. In ordine ai parametri invocati nell'ordinanza, si sostiene, poi, che: -- l'art. 3 va posto in connessione con l'art. 5 della Costituzione, risultando rimesso alla valutazione del legislatore regionale il modo di articolare le politiche sociali; -- l'art. 30 della Costituzione implica la necessità di bilanciare la tutela dei figli nati fuori del matrimonio con altri valori costituzionalmente protetti; -- l'art. 81 della Costituzione impone ai titolari delle funzioni (nel caso alla provincia) di valutarne il costo e di prevedere un idoneo stanziamento; -- neppure l'art. 119 della Costituzione sarebbe violato; al contrario, lo sarebbe se si ritenesse sussistente un vincolo di destinazione a carico di un cespite regionale. Le questioni sarebbero, quindi, non fondate, riguardando, se mai, le leggi dello Stato che, non avendo posto un vincolo di destinazione oppure avendolo rimosso, hanno consentito l'erogazione di prestazioni non sorrette da adeguate risorse.
4.-- In prossimità dell'udienza, hanno depositato memorie -- in riferimento alla questione di cui al R.O. n. 188 del 1994 -- sia la Regione Veneto che l'Amministrazione provinciale di Vicenza.
5.-- La Regione Veneto, dopo aver ribadito le argomentazioni già svolte, rileva che il fondo costituito dalla legge n. 698 del 1975, per lo svolgimento delle funzioni ex ONMI, sarebbe confluito, in virtù dell'art. 128, terzo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977, nel fondo comune ex art. 8 della legge n. 281 del 1970, perdendo in tal modo il vincolo di destinazione; conclusione, questa avvalorata dalla successiva legge n. 181 del 1982, che prevede, parimenti, all'art. 8, secondo comma, la confluenza delle somme di cui trattasi nel fondo comune, trasformando in previsione "a regime" quella che in origine era una disposizione transitoria e finale del d.P.R. n. 616 del 1977.
6.-- A sua volta l'Amministrazione provinciale di Vicenza, nell'insistere per l'accoglimento delle questioni, ribadisce che, con le norme impugnate, la Regione Veneto avrebbe "creato una illegittima distrazione di fondi" che dovevano, al contrario, essere attribuiti alle province, onde la già rilevata violazione degli artt. 3, 30, 81 e 119 della Costituzione.
7.-- La Regione Veneto è intervenuta anche nel secondo giudizio (di cui al R.O. n. 189 del 1994), depositando una memoria di contenuto analogo a quella prodotta nel primo, con la quale si chiede del pari che le questioni siano dichiarate non fondate.
Considerato in diritto
1.-- Poichè le due ordinanze pongono identiche questioni, i giudizi possono essere riuniti e decisi con un'unica sentenza.
2.-- La Corte è chiamata a pronunziarsi su due leggi della Regione Veneto, ed in particolare a decidere se l'art. 11 della legge 31 maggio 1980, n. 76 (Ripartizione dei fondi relativi alle funzioni in materia di assistenza e beneficenza) e l'art. 15 della legge 15 dicembre 1982, n. 55 (Norme per l'esercizio delle funzioni in materia di assistenza sociale), nel prevedere una destinazione del fondo di cui all'art. 10 della legge dello Stato 23 dicembre 1975, n. 698, a fini diversi da quelli per i quali il fondo sarebbe stato istituito, contrastino con: -- l'art. 3 della Costituzione, sottraendo in giustificatamente ai soggetti di cui all'art. 4, lettera c), del regio decreto-legge n. 798 del 1927, vale a dire i fanciulli nati fuori del matrimonio, per il solo fatto di risiedere in detta Regione, la possibilità di vedersi riconoscere i mezzi di tutela rappresentati dal finanziamento statale previsto dalla legge n. 698 del 1975; -- l'art. 30 della Costituzione, che impone la cura dei figli, anche nati fuori del matrimonio; -- l'art. 81 della Costituzione, in quanto sarebbero state attribuite nuove funzioni a comuni e province privando i medesimi enti dei mezzi con cui farvi fronte; -- l'art. 119 della Costituzione, atteso che una legge dello Stato ha fissato l'autonomia finanziaria della regione, e questa ha invece provveduto del tutto autonomamente disattendendo la specificità del vincolo impostole.
3.- Le questioni non sono fondate. Le disposizioni sottoposte al vaglio di questa Corte sono state emanate dalla Regione Veneto nell'ambito di un quadro ordinamentale caratterizzato, all'epoca, da interventi legislativi che, come è noto, hanno inciso profondamente sull'assetto delle funzioni nei rapporti fra lo Stato e le regioni. In detto contesto si collocano, da un lato, provvedimenti settoriali quali quello della soppressione dell'Opera nazionale per la protezione della maternità e dell'infanzia, operata dalla legge n. 698 del 1975, e, dall'altro, provvedimenti di ben più ampia portata quale il generale trasferimento di funzioni alle regioni realizzato con il d.P.R. n. 616 del 1977. A tali riforme ha fatto riscontro anche l'evoluzione dei rapporti finanziario-contabili fra Stato e Regioni, in vista dello svolgimento delle funzioni assegnate a queste ultime. La spesa per l'assistenza dei fanciulli nati fuori del matrimonio, di cui all'art. 4, primo comma, lettera c), del regio decreto-legge 8 maggio 1927, n. 798, faceva carico, in passato, secondo il disposto dell'art. 1 della legge 13 aprile 1933, n. 312, per un terzo all'Opera nazionale per la protezione della maternità e dell'infanzia e, per il re sto, veniva ripartita in misura uguale "tra la provincia e i rispettivi comuni". La legge 23 dicembre 1975, n. 698, nel sopprimere l'ONMI, trasferì alle regioni a statuto ordinario e speciale le funzioni di detto ente, relative alla vigilanza per l'applicazione delle disposizioni legislative e regolamentari per la protezione della maternità e dell'infanzia e alla promozione della riforma di tali disposizioni, che, in tutto o in parte, riguardavano le materie di competenza regionale, nonchè le funzioni di programmazione e di indirizzo (art. 1). Vennero ugualmente trasferiti alle regioni i poteri di vigilanza e di controllo su tutte le istituzioni pubbliche e private per l'assistenza e protezione della maternità e dell'infanzia, comprese le funzioni riservate alla tutela e alla vigilanza governativa (art. 2). La stessa legge (art. 3) attribuì, ai sensi dell'art. 118, primo comma, della Costituzione, ai comuni le funzioni amministrative relative agli asili-nido ed ai consultori e alle province "tutte le funzioni amministrative di fatto esercitate dai comitati provinciali dell'ONMI, nonchè quelle degli organi centrali dell'ente diverse da quelle indicate al precedente art. 2". Nell'ambito di tale nuova disciplina delle funzioni in materia di assistenza all'infanzia, l'art. 10 soppresse, da un lato, il contributo statale all'ONMI, già previsto dall'art. 7, primo comma, numero 1, del regio decreto 24 dicembre 1934, n. 2316, e stabilì, dall'altro, che, fino alla riforma dell'ordinamento finanziario delle regioni e degli enti locali, con la legge di approvazione del bilancio dello Stato sarebbe stato costituito un fondo speciale, da iscrivere nello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro, "adeguato alle occorrenze delle funzioni trasferite a norma dalla presente legge". Fondo da ripartirsi, con decreto del Ministro del tesoro, tra le regioni a statuto ordinario e a statuto speciale, le quali, con legge di bilancio, avrebbero poi assegnato alle province e ai comuni le somme necessarie all'esercizio delle funzioni ad essi attribuite. Già alla luce dello stesso dettato legislativo trova perciò smentita la tesi sostenuta dal remittente nel senso che le disposizioni censurate avrebbero distolto il fondo dell'art. 10 della legge n. 698 del 1975 dalla sua destinazione naturale, vale a dire l'assistenza ai fanciulli nati fuori del matrimonio, dal momento che è proprio l'art. 10 a ricomprendere nell'assegnazione del fondo stesso tutte le funzioni attribuite a comuni e province.
4.-- Per un più completo quadro della materia, occorre inoltre considerare che, subito dopo lo scioglimento dell'ONMI e l'attribuzione delle relative funzioni a regioni, province e comuni, disposta dalla legge n. 698 del 1975, è intervenuto il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, che ha assegnato ai comuni, ai sensi dell'art. 118, primo comma, della Costituzione, tutte le funzioni amministrati ve relative all'organizzazione ed alla erogazione dei servizi di assistenza e beneficenza (art. 25), riservando alle province, nell'ambito dei piani regionali, l'approvazione del programma di localizzazione dei presidi assistenziali nonchè il parere sulle delimitazioni territoriali per i servizi sociali e sanitari (art. 26). Tralasciando l'ulteriore svolgimento della legislazione, nell'ambito del quale si colloca, in epoca più recente, il decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 9, il cui art. 5, così come modificato dalla legge di conversione 18 marzo 1993, n. 67, restituisce alle province le funzioni assistenziali già di loro competenza, alla data di entrata in vigore della legge 8 giugno 1990, n. 142, va rilevato che il predetto d.P.R. n. 616 del 1977, in armonia con il disposto trasferimento di funzioni alle regioni e agli enti locali, ha previsto, all'art. 126, la soppressione dei capitoli dello stato di previsione della spesa del bilancio dello Stato relativi, in tutto o in parte, alle funzioni trasferite alle regioni o attribuite agli enti locali, ivi compresi quelli relativi "a fondi destinati ad essere ripartiti fra le regioni per le finalità previste dalle leggi che li hanno istituiti, con esclusione delle quote di tali fondi da attribuire alle regioni a statuto speciale". In relazione a questi ultimi fondi, lo stesso decreto (art. 128, terzo comma) ha stabilito, a partire dal 1978, l'integrazione del fondo comune per "un importo pari agli stanziamenti per spese correnti soppressi dal bilancio dello Stato". Tutto ciò in conformità del disposto dell'art. 21 della legge 10 maggio 1976, n. 335, che aveva già in precedenza previsto che tutte le somme assegnate a qualsiasi titolo dallo Stato alla regione confluissero, salve talune eccezioni, nel bilancio regionale senza vincolo a specifiche destinazioni. Ad eliminare ogni residuo dubbio circa la legittimità della destinazione impressa dalla Regione al fondo oggetto delle ordinanze del Tribunale di Venezia, sta la legge 26 aprile 1982, n. 181, che, nel determinare l'ammontare del fondo comune di cui all'art. 8 della legge n. 281 del 1970, al termine del regime transitorio previsto dalla legge n. 356 del 1976, vi ricomprende espressamente anche le somme spettanti alle regioni ordinarie ai sensi dell'art. 10 della legge n. 698 del 1975.
5.-- È dato perciò concludere che la Regione Veneto, secondo un criterio seguito anche da altre regioni, che hanno fatto confluire del pari i fondi per l'esercizio delle funzioni ex ONMI in un fondo per i servizi socio- assistenziali, si è adeguata all'evoluzione delle norme statali che hanno delineato il nuovo assetto delle funzioni regionali e locali, disegnando anche il quadro dei rapporti finanziario-contabili fra Stato e regioni, alla stregua di criteri che, sotto questo aspetto, risultano ribaditi, tra l'altro, in epoca più recente, dalla legge 14 giugno 1990, n. 158, recante norme di delega in materia di autonomia impositiva delle regioni ed altre disposizioni concernenti i rapporti finanziari tra lo Stato e le regioni. Questa ha stabilito, all'art. 2, che, in attesa delle disposizioni di riforma della finanza regionale, i finanziamenti di parte corrente previsti da leggi statali per interventi rientranti nelle materie di competenza regionale confluiscano nel fondo comune di cui all'art. 8 della legge n. 281 del 1970, salvo quanto disposto per il fondo nazionale trasporti e per il fondo sanitario nazionale.
6.-- L'erroneità della premessa dalla quale muovono le ordinanze, nell'assumere che vi sia stata una sottrazione di mezzi garantiti, dall'art. 10 della legge n. 698 del 1975, ai figli nati fuori del matrimonio, ha per conseguenza l'infondatezza delle prospettate violazioni degli artt. 3 e 119 della Costituzione. Accertato che la Regione Veneto non ha disatteso alcun vincolo di destinazione imposto dalla legge statale alle somme di cui trattasi, è fuor di luogo invocare sia l'art. 3 della Costituzione, avendo la Regione operato nell'ambito delle competenze ad essa spettanti: il riconoscimento stesso della competenza legislativa della Regione comporta l'eventualità, legittima alla stregua del sistema costituzionale, di una disciplina divergente da regione a regione, nei limiti dell'art. 117 della Costituzione (v. sentenza n. 447 del 1988); sia l'art. 119 della Costituzione, disposizione che, secondo la giurisprudenza costituzionale, vale a fondare piuttosto l'autonomia delle regioni, nell'utilizzo delle risorse loro assegnate, anzichè i vincoli ad esse talora imposti.
7.-- A prescindere, poi, dal problema interpretativo dell'art. 10 della legge n. 698 del 1975, occorre rilevare, quanto all'art. 30 della Costituzione, che trattasi di disposizione che, nello stabilire che la legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, indica una direttiva rivolta al legislatore ordinario; direttiva che è destinata a trovare attuazione nell'ambito dei programmi generali di assistenza posti in essere dalla Regione. Infine, circa la lamentata violazione dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione, è sufficiente rilevare che le norme denunciate attengono a profili di organizzazione finanziario-contabile della Regione, ma non possono di per sè considerarsi vere e proprie leggi di spesa.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi, dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 11 della legge regionale del Veneto 31 maggio 1980, n. 76 (Ripartizione dei fondi relativi alle funzioni in materia di assistenza e beneficenza) e dell'art. 15 della legge regionale del Veneto 15 dicembre 1982, n. 55 (Norme per l'esercizio delle funzioni in materia di assistenza sociale), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 30, 81 e 119 della Costituzione, dal Tribunale di Venezia con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 giugno 1995.
Antonio BALDASSARRE, Presidente
Massimo VARI, Redattore
Depositata in cancelleria il 27 giugno 1995.