Sentenza n. 249 del 1995

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 249

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 28, terzo comma, del d.P.R.11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione, nonchè sperimentazione organizzativa e didattica), promosso con ordinanza emessa il 4 ottobre 1994 dal Pretore di Trento nel procedimento civile vertente tra Beittel Mark Steven ed altro e l'Università degli studi di Trento ed altro, iscritta al n. 666 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell'anno 1994. Visto l'atto di costituzione di Beittel Mark Steven ed altro; udito nell'udienza pubblica del 2 maggio 1995 il Giudice relatore Luigi Mengoni; uditi gli avv.ti Massimo D'Antona, Carlo De Marchis e Gaetano Lepore per Beittel Mark Steven ed altro.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso di un giudizio promosso contro l'Università di Trento da lettori di lingua straniera di origine extracomunitaria per ottenere la declaratoria della nullità del termine annuale apposto ai loro rapporti di lavoro e il conseguente accertamento della continuità dei medesimi come rapporti a tempo indeterminato, il Pretore di Trento, con ordinanza del 4 ottobre 1994, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 10, secondo comma, Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 28, terzo comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (abrogato dall'art. 5, comma 5, del d.l. 8 agosto 1994, n. 510, in attesa di conversione alla data dell'ordinanza, poi decaduto e reiterato con i successivi decreti 21 ottobre 1994, n. 588, 22 dicembre 1994, n. 697, 21 febbraio 1995, n. 40, 21 aprile 1995, n. 120, attualmente in attesa di conversione), "nella parte in cui stabiliva che i contratti conclusi con i rettori delle università non potessero protrarsi oltre l'anno accademico per il quale erano stati stipulati, sebbene le esigenze specifiche dell'insegnamento eccedessero detto termine". Secondo il rimettente, la norma impugnata riserva ai lettori extracomunitari un trattamento deteriore rispetto a quello stabilito per i lettori comunitari dall'art. 48, n. 2, del Trattato costitutivo della Comunità europea, come interpretato dalla Corte di giustizia con le sentenze 30 maggio 1989, n. 33/88, e 2 agosto 1993, nn. 269-331-332/92. Tale disparità di trattamento, oltre che con l'art. 3 Cost., contrasta anche con l'art. 10, secondo comma, Cost., perchè viola l'art. 10 della Convenzione n. 143 del 1975 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), ratificata dall'Italia con legge 10 aprile 1981, n. 158, che obbliga gli Stati aderenti a garantire ai lavoratori emigranti parità di trattamento rispetto ai lavoratori nazionali.

2. - Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale si sono costituiti i ricorrenti, rappresentati e difesi dall'avv. Massimo D'Antona e dall'avv. Carlo de Marchis Gomez, cittadino spagnolo, che ha depositato nelle mani del Cancelliere un certificato del Collegio degli avvocati di Barcellona. La Corte si è riservata di decidere sull'esistenza dei requisiti di ammissibilità di detto avvocato al patrocinio davanti a sè medesima. Le parti private chiedono che la questione sia dichiarata infondata o inammissibile. A loro avviso le citate sentenze comunitarie hanno introdotto nell'ordinamento giuridico italiano una norma specifica che esclude la validità del termine di un anno apposto ai contratti previsti dall'art. 28 del d.P.R. n. 382 del 1980 per l'assunzione di lettori di madre lingua straniera cittadini di uno Stato membro della Comunità europea. La detta norma è applicabile anche ai lettori di nazionalità extracomunitaria in virtù dell'art. 1 della legge 30 dicembre 1986, n. 943, che, in attuazione della citata Convenzione OIL n. 143, garantisce a tutti i lavoratori extracomunitari legalmente residenti nel territorio della Repubblica italiana parità di trattamento e piena eguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani. Erroneamente il giudice rimettente avrebbe ritenuto che ai lettori di nazionalità extracomunitaria la norma sull'assunzione a termine continuerebbe a trovare applicazione, nonostante il principio di parificazione ai lavoratori italiani dei lavoratori extracomunitari legalmente residenti in Italia enunciato dall'art. 1 della legge 30 dicembre 1986, n. 943, e ciò in quanto l'art. 28 del d.P.R. n. 382 del 1980 si dovrebbe considerare norma speciale precedente. In una memoria depositata in prossimità dell'udienza di discussione, le parti costituite aggiungono che, ai fini dell'infondatezza della questione da essi sostenuta, non ha rilievo l'orientamento della Corte di giustizia, secondo cui l'art. 48 del Trattato non è applicabile a situazioni puramente interne di uno Stato membro, relative a lavoratori cittadini di tale Stato che non abbiano mai lavorato in un altro Stato membro. Comunque, qualora non fosse ritenuta infondata per le ragioni esposte, la questione sarebbe inammissibile in quanto presuppone preliminarmente l'esatta determinazione del rapporto tra l'art. 28 del d.P.R. n. 382 del 1980 e l'art. 48 del Trattato in ordine alla posizione dei lettori di lingua straniera con nazionalità italiana. Poichè l'interpretazione del campo di applicazione dell'art. 48 del Trattato è riservata alla Corte di giustizia delle Comunità europee, il giudice a quo, anzichè sollevare incidente di costituzionalità davanti a questa Corte, avrebbe dovuto investire il giudice comunitario della questione preliminare ai sensi dell'art. 177 del Trattato medesimo. Pertanto, sotto questo profilo, la questione sarebbe, allo stato, inammissibile.

Considerato in diritto

1. - Il Pretore di Trento ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 10, secondo comma, Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 28, terzo comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (abrogato dall'art. 4, comma 5, del d.l. 21 aprile 1995, n. 120, e già, con norma identica, dall'art. 5, comma 5, dei dd.ll. 8 agosto 1994, n. 510, 21 ottobre 1994, n. 588, 22 dicembre 1994, n. 697, 21 febbraio 1995, n. 40, non convertiti), "nella parte in cui stabiliva che i contratti conclusi con i rettori delle università non potessero protrarsi oltre l'anno accademico per il quale erano stati stipulati, sebbene le esigenze specifiche dell'insegnamento eccedessero detto termine".

2. - Sciogliendo la riserva formulata nell'udienza pubblica del 2 maggio 1995 in ordine alla legittimazione dell'avvocato Carlo De Marchis Gomez a rappresentare e difendere le parti costituite nel presente giudizio, di concerto con l'avv. Massimo D'Antona, la Corte: - visto l'art. 8 della legge 9 febbraio 1982, n. 31, secondo cui sono ammessi al patrocinio davanti alla Corte di cassazione, e conseguentemente anche davanti a questa Corte (art. 20 della legge 11 marzo 1953, n. 87), gli avvocati cittadini membri della Comunità europea che dimostrino di aver esercitato la professione per almeno otto anni ovvero di essere ammessi ad esercitare la professione nello Stato membro di provenienza dinanzi ad autorità giurisdizionali corrispondenti; - visto il certificato del Collegio degli avvocati di Barcellona che attesta l'iscrizione del predetto avvocato presso tale Collegio e certifica che esiste in Spagna un'unica classe di iscritti a tale collegio, in quanto tutti gli avvocati iscritti ed esercitanti sono legittimati ad assumere la difesa in qualsiasi tipo di procedimento o causa giudiziale innanzi a qualsiasi giudice o tribunale; ammette al patrocinio davanti a sè medesima nel presente giudizio l'avv. Carlo de Marchis Gomez.

3. - La questione è inammissibile. Con sentenza 2 agosto 1993, nn. 269-331-332 pronunciata su istanza dei Pretori di Parma e di Venezia ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE, la Corte di giustizia delle Comunità europee ha statuito che "l'art. 48 n. 2 del trattato CEE non osta a che la legislazione di uno Stato membro consenta la stipulazione di contratti di lavoro a termine con lettori di lingua straniera nelle università, qualora specifiche esigenze dell'insegnamento lo richiedano, ma impone che le normative nazionali dispongano la stipulazione a tempo indeterminato dei contratti di lavoro con i predetti lettori quando siano destinati a soddisfare esigenze costanti inerenti all'insegnamento, quali si presentano nei casi delle lingue il cui studio sia obbligatorio o delle lingue notoriamente più richieste". Sebbene fossero parti del giudizio a quo soltanto lettori di lingua madre straniera cittadini di Stati membri della Comunità diversi dall'Italia, la sentenza si applica a tutti i lettori assunti da Università italiane, compresi quelli aventi la cittadinanza italiana. Tale efficacia generale è stata riconosciuta dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 2659 del 1994, dove si legge che "considerata la portata della decisione della Corte di giustizia e la sua immediata efficacia nell'ordinamento nazionale, deve ritenersi abrogato (sic) il disposto dell'art. 28, terzo comma, del d.P.R. n. 382 del 1980, nella parte in cui non permette, in via assoluta e in ogni caso, il protrarsi oltre l'anno accademico dei contratti". Il verbo "abrogato" esprime chiaramente, sebbene impropriamente, una valutazione della sentenza nel senso che essa ha reso non applicabile a tutti i lettori di lingua straniera, quale che sia lo Stato di appartenenza, la norma di diritto interno ritenuta contrastante col diritto comunitario. È vero che la Corte di giustizia esclude l'applicabilità dell'art. 48 del Trattato a situazioni puramente interne di uno Stato membro, ma alla condizione della " mancanza di qualsiasi fattore di collegamento a una qualunque delle situazioni contemplate dal diritto comunitario" (cfr. sentenze 28 marzo 1979, n. 175/78, 28 giugno 1984, n. 180/83, 18 ottobre 1990, nn. 297/88 e 197/89, 19 marzo 1992, n. 60/91, 16 giugno 1994, n. 132/93). Nella specie il collegamento è dato dal riferimento dell'art. 28 del d.P.R. n. 382 del 1980 ai lettori di madre lingua straniera, indipendentemente dal loro stato di cittadinanza, in ragione del titolo, per tutti identico, che li abilita al lettorato di una lingua straniera. La connessione della situazione interna con una situazione contemplata dal diritto comunitario sussiste anche nell'ipotesi, che appunto ricorre nella specie, di identità, per contenuto e funzione, della situazione interna a una situazione rilevante per il diritto comunitario in quanto determinata, nel territorio dello Stato italiano, dall'esercizio del diritto di libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità. Perciò la sentenza 2 agosto 1993 della Corte di giustizia, proprio per evitare una irrazionale discriminazione a livello del diritto comunitario, non può non estendere la sua portata anche ai lettori di madre lingua straniera aventi la cittadinanza italiana, fin dalla nascita (si pensi al caso di un altoatesino di lingua madre tedesca) o per acquisizione successiva.

Nè importa che essi non abbiano mai, di fatto, esercitato il diritto di libera circolazione. Ciò che importa è che la legge li accomuna ai lettori cittadini di altri Stati membri, in considerazione dell'identità del loro titolo e del tipo di attività di insegnamento esercitata.

4. - Stabilito che l'art. 28 del d.P.R. n. 382 del 1980 non è applicabile ai lettori di nazionalità italiana, consegue che il giudice a quo deve disapplicare la norma censurata anche nei confronti dei lettori di lingua straniera extracomunitari legalmente residenti in Italia, ai quali l'art. 1 della legge 30 dicembre 1986, n. 943, garantisce parità di trattamento e piena eguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani. L'inapplicabilità della norma rende irrilevante la questione di legittimità costituzionale. La posizione dei lettori cittadini di Stati terzi non viene così equiparata a quella dei lettori cittadini di Stati membri della Comunità. A questi la norma formulata dalla sentenza 2 agosto 1993 della Corte di giustizia si applica direttamente, in quanto soggetti all'ordinamento comunitario, mentre ai primi si applica per il tramite di una norma di diritto interno italiano, cioè appunto l'art. 1 della legge n. 943 del 1986, rispetto al quale funge da termine di comparazione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 28, terzo comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione, nonchè sperimentazione organizzativa e didattica) sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 10, secondo comma, della Costituzione, dal Pretore di Trento con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13/06/95.

Antonio BALDASSARRE, Presidente

Luigi MENGONI, Redattore

Depositata in cancelleria il 16/06/95.