SENTENZA N. 204
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 8, primo e sesto comma, della legge regionale del Lazio 3 gennaio 1986, n. 1 (Regime urbanistico dei terreni di uso civico e relative norme transitorie), promosso con ordinanza emessa il 13 febbraio 1992 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto dal Comune di Frascati contro la Regione Lazio, iscritta al n. 529 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1994.
Udito nella camera di consiglio del 20 aprile 1995 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.
Ritenuto in fatto
Nel corso di un giudizio promosso dal Comune di Frascati nei confronti della Regione Lazio per ottenere l'annullamento della nomina, disposta dal Comitato regionale di controllo, di un commissario ad acta, in sostituzione del Comune inadempiente, per l'esame e la decisione in ordine a domande di alienazione di terreni di proprietà collettiva, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, primo e sesto comma, della legge regionale del Lazio 3 gennaio 1986, n. 1 (Regime urbanistico dei terreni di uso civico e relative norme transitorie), in riferimento agli artt. 128 e 97 della Costituzione. La disposizione denunciata, al primo comma, autorizza ad alienare agli occupatori le superfici di terreni di proprietà collettiva su cui siano state effettuate costruzioni non debitamente assentite dall'ente titolare, se le opere siano conformi agli strumenti ed alle norme urbanistiche o suscettibili di sanatoria ai sensi della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e della legge regionale 2 maggio 1980, n. 28 e successive modificazioni. La stessa disposizione prevede, al sesto comma, che con deliberazione motivata del Comune il prezzo di alienazione possa essere ridotto rispetto al valore determinato da tecnici designati dalla Giunta regionale, in relazione a particolari situazioni di esigenze abitative, per coloro che hanno eseguito o acquistato la costruzione per destinarla a prima abitazione, se la superficie complessiva dell'edificio non supera 400 metri quadrati. Il Tribunale amministrativo ritiene che questa disposizione sia in contrasto con l'autonomia degli enti locali (art. 128 della Costituzione), in quanto lesiva del potere di scelta in ordine all'alienazione ed alla determinazione del prezzo.
In presenza di particolari esigenze abitative la discrezionalità del Comune, che deve motivare la propria scelta, sarebbe puramente nominale. Inoltre sarebbe leso il principio del buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 della Costituzione), che impone di ricavare la massima utilità dai beni della comunità locale anche in caso di alienazione, mentre la disposizione denunciata sostanzialmente vincolerebbe alla riduzione del prezzo di vendita. Il giudice rimettente ritiene che la soluzione della questione di legittimità costituzionale sia rilevante, in quanto il suo accoglimento farebbe venire meno le ragioni stesse del provvedimento oggetto del giudizio principale.
Considerato in diritto
1 -- Il dubbio di legittimità costituzionale concerne le norme transitorie per l'alienazione di terreni di proprietà collettiva oggetto di costruzioni abusivamente effettuate, dettate dalla Regione Lazio nel contesto della legge 3 gennaio 1986, n. 1 (Regime urbanistico dei terreni di uso civico e relative norme transitorie). Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ritiene che l'autorizzazione ad alienare agli occupatori le superfici di terreni di proprietà collettiva su cui sono state effettuate costruzioni non debitamente assentite dall'ente titolare (art. 8, primo comma), unitamente alla possibilità di ridurre il prezzo di alienazione quando la costruzione sia destinata a prima abitazione (art. 8, sesto comma), violi l'autonomia del Comune (art. 128 della Costituzione) nello scegliere se procedere o meno all'alienazione, obbligandolo sostanzialmente alla vendita ed alla riduzione del prezzo, in contrasto con il principio di buon andamento dell'amministrazione (art. 97 della Costituzione).
2 -- La questione di legittimità costituzionale non è fondata. La disposizione denunciata si inserisce nel contesto della disciplina che regolamenta il regime urbanistico dei terreni di uso civico, prevedendo che la Giunta regionale, sentito l'Assessore regionale agli usi civici, possa autorizzare l'alienazione di proprietà civiche divenute edificatorie in conformità al piano regolatore generale. I proventi dell'alienazione devono essere destinati all'acquisto di terreni sui quali si trasferiscono i vincoli esistenti sui terreni alienati o all'esecuzione di opere di miglioramento fondiario sul demanio collettivo (art. 5 della legge regionale n. 1 del 1986). Il procedimento previsto per l'autorizzazione regionale all'alienazione, che nella disciplina a regime è rilasciata in ogni singolo caso con uno specifico provvedimento, è sostituito nella disciplina transitoria da un'autorizzazione ex lege all'alienazione di terreni che non rientrino in zone specificamente protette o di particolare interesse pubblico, edificati in conformità agli strumenti urbanistici o con costruzioni abusive suscettibili di sanatoria (art. 8, primo comma, della stessa legge). La legge non obbliga il Comune ad alienare, ma disciplina l'autorizzazione regionale necessaria in ragione dei vincoli che gravano sui beni, restando ogni altra valutazione in ordine alla opportunità della vendita, con gli atti che ne seguono, rimessa alle discrezionali determinazioni dell'ente locale. Anche la prevista possibilità di ridurre, rispetto al valore determinato da tecnici nominati dalla Giunta regionale, il prezzo di vendita del terreno a chi ha eseguito la costruzione abusiva o l'ha acquistata al solo scopo di destinarla a prima abitazione non obbliga il Comune alla riduzione del prezzo nè determina la misura della riduzione stessa, attribuendo all'ente locale solo la facoltà di derogare motivatamente alle valutazioni di stima, in ragione della situazione abitativa esistente. La legge è diretta a consentire in tal modo una valutazione che tenga conto dell'interesse pubblico a trarre la massima utilità dall'alienazione del bene, ma che consideri anche la condizione del bene e le esigenze collegate a situazioni nelle quali l'utilizzo della costruzione risponde ad essenziali necessità abitative (cfr. sentenza n. 169 del 1994). Si è dunque in presenza di norme che non obbligano il Comune nella sua azione amministrativa, ma che disciplinano atti di competenza regionale, quali l'autorizzazione alla alienazione, o attribuiscono al Comune una facoltà, quale la possibilità di ridurre, in presenza e nei limiti di un interesse pubblico, il prezzo di vendita dei beni considerati. Non è dunque lesa l'autonomia del Comune ed è anche esclusa la violazione del principio di buon andamento dell'amministrazione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, primo e sesto comma, della legge regionale del Lazio 3 gennaio 1986, n. 1 (Regime urbanistico dei terreni di uso civico e relative norme transitorie), sollevata, in riferimento agli artt. 128 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 maggio 1995.
Antonio BALDASSARRE, Presidente
Cesare MIRABELLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 30 maggio 1995.