SENTENZA N. 202
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge della Regione Siciliana approvata il 25 ottobre 1994 dall'Assemblea regionale, recante: <Interventi urgenti nel settore del diritto allo studio universitario>, promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione Siciliana notificato il 2 novembre 1994, depositato in cancelleria il 9 novembre 1994 ed iscritto al n. 82 del registro ricorsi 1994. Visto l'atto di costituzione della Regione Siciliana; udito nell'udienza pubblica del 19 aprile 1995 il Giudice relatore Cesare Mirabelli; uditi l'Avvocato dello Stato Giuseppe O. Russo per il ricorrente e gli avvocati Giovanni Lo Bue e Laura Ingargiola per la Regione.
Ritenuto in fatto
1. Con ricorso ritualmente notificato e depositato il Commissario dello Stato per la Regione Sicilianaha promosso questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge approvata dall'Assemblea regionale Siciliana il 25 ottobre 1994, che disciplina interventi urgenti nel settore del diritto allo studio universitario. Il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 3 e 34 della Costituzione e dell'art. 17, lettera d), dello Statuto speciale (approvato con regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455), in relazione all'art. 4 della legge 2 dicembre 1991, n. 390 (Norme sul diritto agli studi universitari) ed all'art. 3, comma 3, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 aprile 1994 (Uniformità di trattamento per il diritto allo studio universitario). La disposizione sottoposta a verifica di legittimità costituzionale autorizza l'Assessore regionale per i beni culturali ed ambientali e per la pubblica istruzione a derogare, per l'anno accademico 1994-1995, ai criteri di formulazione delle graduatorie dei benefici e dei servizi relativi al diritto agli studi universitari stabiliti dall'art. 3, comma 3, del d.P.C.M. 13 aprile 1994, emanato in esecuzione dell'art. 4 della legge n. 390 del 1991. Il Commissario dello Stato premette che la Regione Siciliana ha competenza legislativa in materia di istruzione universitaria entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato (art. 17, lettera d, dello Statuto e relative norme di attuazione, emanate con d.P.R. 14 maggio 1985, n. 246), ma ritiene che la disposizione denunciata non rispetti tali limiti e sia in contrasto con il principio di eguaglianza nella tutela del diritto allo studio (artt. 3 e 34 della Costituzione). La disposizione denunciata conferirebbe all'Assessore regionale competente una delega in bianco, con il potere di derogare ai criteri dettati a livello nazionale per disciplinare l'uniformità di trattamento nel godimento di servizi e provvidenze inerenti al diritto allo studio. Ne deriverebbe una disparità di trattamento degli studenti universitari siciliani rispetto a quelli di altre regioni: chi è in possesso dei requisiti di merito e di reddito richiesti dalla normativa statale potrebbe essere escluso dalle provvidenze per effetto dei diversi criteri determinati dalla disciplina regionale. La competenza legislativa regionale, concorrente in materia di istruzione universitaria, non consentirebbe inoltre di autorizzare, senza prefissare alcun criterio o limite, deroghe a fonti normative secondarie statali attuative di uno specifico dettato legislativo, in modo da eludere il contenuto di quest'ultimo. La possibilità che nella Regione si adottino criteri di selezione dei beneficiari difformi o contrastanti con quelli fissati dall'art. 3 del d.P.C.M. 13 aprile 1994, secondo il quale è determinante il merito, prefigura, ad avviso del Commissario dello Stato, un contrasto con l'art. 34 della Costituzione, se la valutazione delle condizioni economiche superi quella del merito.
2. Si è costituita in giudizio la Regione Siciliana, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata non fondata. La disciplina dettata dall'art. 1, comma 1, della legge regionale contestata è compresa nella materia dell'istruzione universitaria, nella quale la Regione ha competenza concorrente (art. 17, lettera d, dello Statuto) per soddisfare condizioni particolari ed interessi propri. Queste particolari finalità sarebbero state perseguite dal legislatore regionale per ricondurre ad equità i criteri enunciati dal d.P.C.M. 13 aprile 1994, che, privilegiando il merito nell'accesso ai servizi ed alle provvidenze previste dalle norme sul diritto allo studio, penalizza eccessivamente l'aspetto economico, particolarmente rilevante in rapporto alle particolari condizioni dell'economia isolana.
Considerato in diritto
1. -- La questione di legittimità costituzionale concerne la norma approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 25 ottobre 1994 che, disponendo interventi urgenti nel settore del diritto allo studio universitario, autorizza l'Assessore per la pubblica istruzione a derogare, per l'anno accademico 1994-1995, ai criteri di formulazione delle graduatorie previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 aprile 1994 (emanato in esecuzione dell'art. 4 della legge 2 dicembre 1991, n. 390), per l'accesso ai servizi ed alle provvidenze non destinati alla generalità degli studenti. Il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana ha promosso questione di legittimità costituzionale in via principale ritenendo che questa disposizione sia in contrasto con gli artt. 3 e 34 della Costituzione e violi l'art. 4 della legge 2 dicembre 1991, n. 390 e l'art. 3, comma 3, del d.P.C.M. 13 aprile 1994, in relazione ai limiti posti al legislatore siciliano dall'art. 17, lettera d), dello Statuto speciale. L'ampia facoltà, concessa all'Assessore regionale, di derogare ai criteri posti dalla legislazione statale e dalle relative norme di attuazione per assicurare l'uniformità di trattamento nel godimento di servizi e provvidenze inerenti al diritto allo studio determinerebbe diseguaglianze nell'esercizio di tale diritto, tutelato dall'art. 34 della Costituzione. La disposizione statutaria, che attribuisce alla Regione la competenza in materia di istruzione media ed universitaria entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato, sarebbe violata, perchè la norma impugnata consentirebbe, senza prefissare alcun criterio o limite, di eludere una specifica disciplina legislativa statale attraverso la deroga alle fonti normative secondarie che la attuano.
2. -- La questione non è fondata. La competenza della Regione Siciliana in materia di assistenza universitaria trova fonda mento nell'art. 17, lettera d), dello Statuto e nelle relative norme di attuazione (d.P.R. 14 maggio 1985, n. 246), e deve essere esercitata nei limiti dei principi generali cui si informa la legislazione dello Stato. Nello specifico settore dell'accesso all'istruzione superiore e degli interventi desti nati a garantire ai capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, il diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi, i principi fondamentali per gli interventi dello Stato, delle regioni e delle Università sono fissati dalla legge n. 390 del 1991 che, intendendo espressamente costituire attuazione degli artt. 3 e 34 della Costituzione, detta norme sul diritto agli studi universitari. La disposizione approvata dall'Assemblea regionale siciliana non prevede nè consente deroghe ai principi espressi da questa legge, che rimangono vincolanti anche per gli atti che l'Assessore regionale competente dovesse adottare, ma consente adattamenti nel bilanciamento dei criteri di determinazione del merito e delle condizioni economiche, fissati dal d.P.C.M. 13 aprile 1994 per la formazione delle graduatorie di coloro che hanno titolo all'accesso ai servizi ed alle provvidenze non destinati alla generalità degli studenti. Il provvedimento dell'Assessore regionale competente, che eventualmente si discosti dai criteri fissati nella normativa statale seconda ria, non rimane quindi privo di limiti e vincoli, dovendo sempre ispirarsi ai principi delle norme sul diritto agli studi universitari espressi dalla legge n. 390 del 1991, alla cui osservanza è tenuto. La disposizione denunciata non eccede pertanto l'ambito delle competenze regionali nè contrasta con la norma costituzionale di eguaglianza e con la tutela dei capaci e meritevoli nell'accesso agli studi universitari, principi questi ai quali si dovrà uniformare anche l'atto rimesso all'Assessore regionale competente.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge della Regione Siciliana approvata dall'Assemblea regionale il 25 ottobre 1994, recante: <Interventi urgenti nel settore del diritto allo studio universitario>, promossa, in riferimento agli artt. 3 e 34 della Costituzione e 17, lettera d), dello Statuto speciale della Regione Siciliana, dal Commissario dello Stato per la Regione Siciliana con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 maggio 1995.
Antonio BALDASSARRE, Presidente
Cesare MIRABELLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 30 maggio 1995.