SENTENZA N.187
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 156 del d.P.R. 29 marzo 1976 (recte art. 157 del d.P.R. 29 marzo 1973), n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni), promosso con ordinanza emessa il 10 dicembre 1993 dal Pretore di Benevento - sezione distaccata di Guardia Sanframondi nella procedura esecutiva proposta da Di Chiara Giuseppe contro di Gioia Aldo iscritta al n. 628 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 1994.
Udito nella camera di consiglio del 3 maggio 1995 il Giudice relatore Luigi Mengoni.
Ritenuto in fatto
Nel corso di un procedura esecutiva promossa da Giuseppe Di Chiara contro Aldo Di Gioia, il Pretore di Benevento - sezione distaccata di Guardia Sanframondi, con ordinanza del 10 dicembre 1993, pervenuta alla Corte costituzionale il 1 ottobre 1994, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 47 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 156 (recte: 157) del d.P.R. 29 marzo 1976 (recte: 1973), n. 156, "nella parte in cui non consente di sottoporre a pignoramento o a sequestro i crediti iscritti in libretti postali di deposito a risparmio". A giudizio del remittente la norma impugnata, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, "crea una palese disparità di trattamento dei debitori che hanno somme depositate presso istituti di credito bancario e quelli che, invece, utilizzano il deposito postale". La stessa norma favorisce, inoltre, ingiustificatamente una propensione al deposito postale nei confronti degli altri istituti di credito, ponendosi in contrasto anche con l'art. 47 della Costituzione.
Considerato in diritto
1. - Il Pretore di Benevento - sezione distaccata di Guardia Sanframondi ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 47 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 157 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (c.d. codice postale), nella parte in cui non consente di sottoporre a sequestro o a pignoramento i libretti postali di risparmio e i crediti in essi iscritti.
2. -La questione è fondata in riferimento al principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost., mentre è palesemente inappropriato il richiamo dell'art. 47 Cost.
Si tratta di un privilegio dell'Amministrazione postale solitamente giustificato col rilievo dell' <esigenza di evitare intralci nella gestione del servizio, impedendo l'esercizio, da parte dei singoli creditori, di azioni cautelari o esecutive> (cfr. Cass. n. 3782 del 1979). Una simile giustificazione presuppone l'originaria natura di amministrazione statale dei servizi di bancoposta, presupposto venuto meno in seguito al d.l. 1° dicembre 1993, n. 487, convertito nella legge 29 gennaio 1994, n. 71, che ha disposto la trasformazione dell'Amministrazione delle poste in ente pubblico economico entro il 31 dicembre 1993 e in società per azioni entro il 31 dicembre 1996, con la conseguenza che, caduta ogni differenza tra l'amministrazione postale e gli altri istituti di credito per quanto riguarda la funzione di raccolta del risparmio (parificazione, del resto, anticipata dall'art. 7, comma 6, del d.l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito nella legge 8 agosto 1992, n. 359), la norma impugnata produce un effetto distorsivo della concorrenza in questo settore del mercato dei capitali.
Essa si riflette, infatti, in un privilegio ingiustificato dei titolari di crediti iscritti in libretti di risparmio postali, i quali vengono sottratti al principio dell'art. 2740, primo comma, cod. civ.
Si aggiunga che l'interpretazione restrittiva, affermata nella giurisprudenza, secondo cui la norma non è applicabile nelle procedure concorsuali, comporta un'offesa ulteriore al principio di eguaglianza. Per giustificare tale disparità di trattamento non basta osservare che il singolo creditore ha la <possibilità di garantire o realizzare coattivamente il proprio credito sottoponendo alla misura cautelare o esecutiva altri beni o altri crediti del debitore>, i quali potrebbero mancare o avere un valore insufficiente per soddisfare la pretesa esecutiva.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 157, primo comma, del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17/05/95.
Antonio BALDASSARRE, Presidente
Luigi MENGONI, Redattore
Depositata in cancelleria il 23/05/95.