SENTENZA N. 104
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 63 del codice penale militare di pace e 4 della legge 7 maggio 1981, n. 180 (Modifiche all'ordinamento giudiziario militare di pace), come sostituito dall'art. 2 del decreto-legge 27 ottobre 1986, n. 700 (Norme urgenti in materia di ordinamento penitenziario militare), convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1986, n. 897, promosso con ordinanza emessa il 24 maggio 1994 dal Tribunale militare di sorveglianza nel procedimento penale a carico di Tonello Giampaolo, iscritta al n. 379 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell'anno 1994.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio dell'8 marzo 1995 il Giudice relatore Antonio Baldassarre.
Ritenuto in fatto
1. -- Il Tribunale militare di sorveglianza, nel decidere sulla domanda di affidamento in prova presentata, ai sensi dell'art. 1 della legge 29 aprile 1983, n. 167, da Giampaolo Tonello, militare in servizio permanente, detenuto nel carcere militare di Peschiera del Garda in espiazione della pena a tre anni e otto mesi di reclusione, inflittagli dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Monza per il reato di detenzione di stupefacenti, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, per violazione del- l'art. 103, terzo comma, della Costituzione, nei confronti del combinato disposto formato dall'art. 63 c.p.m.p. e dall'art. 4 della legge 7 maggio 1981, n. 180 (Modifiche all'ordinamento giudiziario militare di pace), come sostituito dall'art. 2 del decreto-legge 27 ottobre 1986, n. 700 (Norme urgenti in materia di ordinamento penitenziario militare), convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1986, n. 897.
Dopo aver premesso che l'istante per il provvedimento di affidamento in prova si trova ristretto in un carcere militare, in conseguenza del provvedimento con il quale il Giudice per le indagini preliminari competente per l'esecuzione, quale giudice che ha pronunciato la condanna, ha sostituito la pena della reclusione con la reclusione militare per eguale durata, in applicazione dell'art. 63 c.p.m.p., in quanto il detenuto risulta militare in servizio permanente e la condanna non importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, il giudice a quo rileva che l'art. 4 della legge 29 aprile 1983, n. 167 (Affidamento in prova del condannato militare), che assegna al Tribunale militare di sorveglianza la competenza sulle domande di affidamento in prova del condannato dall'autorità giudiziaria militare e che, pertanto, non regola il caso in esame, relativo all'espiazione di una pena conseguente a condanna pronunciata dall'autorità giudiziaria ordinaria, non esaurisce la disciplina della competenza del Tribunale militare di sorveglianza, che ricomprenderebbe, al ricorrere di determinati presupposti, anche l'affidamento in prova al servizio sociale previsto dall'art. 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà).
Tale ampliamento si verificherebbe per effetto dell'art. 4 della ricordata legge n. 180 del 1981, come sostituito dall'art. 2 del decreto-legge n. 700 del 1986, il cui terzo comma stabilisce che "per le funzioni e i provvedimenti del Tribunale militare di sorveglianza" si osservano "in quanto applicabili" le disposizioni dell'art. 70 della legge n. 354 del 1975, relativo al Tribunale di sorveglianza. Il giudice rimettente interpreta questa norma nel senso che la competenza del Tribunale militare di sorveglianza sarebbe "corrispondente" alla competenza del Tribunale di sorveglianza ordinario, in relazione alla "materia" demandata alla vigilanza del giudice militare di sorveglianza, la quale, secondo una lettura sistematica dell'art. 61 c.p.m.p., coinciderebbe con la reclusione militare. Tale interpretazione avrebbe, ad avviso del giudice a quo, il pregio di rendere intellegibile l'inciso "in quanto applicabili", che, salva la regola della corrispondenza tra le funzioni e i provvedimenti del Tribunale militare di sorveglianza rispetto al Tribunale di sorveglianza ordinario, non consentirebbe, tuttavia, di estendere alla reclusione militare tutti gli istituti della pena detentiva comune, concordemente con l'insegnamento della Corte costituzionale, espresso, da ultimo, con la sentenza n. 414 del 1991.
Sulla base di questo ragionamento, il giudice rimettente osserva, quindi, che il sistema normativo così ricostruito, completato con l'art. 63 c.p.m.p., che disciplina i casi di sostituzione della reclusione con la reclusione militare, attribuirebbe al Tribunale militare di sorveglianza la competenza a decidere sulla domanda di affidamento del sottoposto a reclusione militare, anche nel caso in cui quest'ultimo stesse espiando una pena inflitta con una sentenza di condanna emessa dall'autorità giudiziaria ordinaria, come nel caso in esame. Questa interpretazione, tuttavia, non sarebbe conforme ai principi dell'art. 103, terzo comma, della Costituzione, in quanto non sarebbero ugualmente rispettati i requisiti richiesti dal disposto costituzionale per giustificare la giurisdizione dei Tribunali militari in tempo di pace. Infatti, pur essendo soddisfatto il requisito soggettivo, trattandosi dell'istanza di affidamento in prova presentata da militare in servizio permanente, non sussisterebbe, nel caso, il requisito oggettivo, egualmente richiesto dalla norma costituzionale, vale a dire la natura militare del reato.
Conclusivamente, il giudice a quo chiede che il combinato disposto delle norme che lo indicherebbero come competente a decidere sull'istanza di affidamento in prova avanzata dal detenuto ristretto in un carcere militare, benchè condannato dall'autorità giudiziaria ordinaria, sia dichiarato costituzionalmente illegittimo per contrasto con l'art. 103, terzo comma, della Costituzione.
2. -- Il Presidente del Consiglio dei ministri si è costituito in giudizio per chiedere che la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale militare di sorveglianza sia dichiarata non fondata.
A tal fine la difesa erariale sostiene che l'interpretazione da cui prende le mosse la questione di legittimità in oggetto sarebbe errata, poichè la norma, invalicabile, che stabilisce la competenza del Tribunale militare di sorveglianza in materia di affidamento in prova sarebbe esclusivamente quella, citata anche nell'ordinanza, contenuta nell'art. 4 della legge 29 aprile 1983, n. 167 (Affidamento in prova del condannato militare), che limita tale competenza alle domande proposte da chi sia stato condannato dall'autorità giudiziaria militare.
Nè l'impugnato art. 4 della legge n. 180 del 1981 disciplinerebbe la competenza del Tribunale militare di sorveglianza, consistendo in un rinvio limitato alle disposizioni dell'ordinamento riguardanti i provvedimenti e le funzioni del Tribunale militare di sorveglianza.
La questione di legittimità costituzionale sarebbe, pertanto, infondata, poichè, nel caso, non essendo stata impartita la condanna dalla magistratura militare, verrebbero meno i presupposti della competenza di quest'ultima, anche in tema di provvedimenti relativi all'esecuzione della pena.
Considerato in diritto
1. -- Il Tribunale militare di sorveglianza ha sollevato questione di legittimità costituzionale, per violazione dell'art. 103, terzo comma, della Costituzione, nei confronti del combinato disposto formato dall'art. 63 c.p.m.p. e dall'art. 4 della legge 7 maggio 1981, n. 180 (Modifiche all'ordinamento giudiziario militare di pace), come sostituito dall'art. 2 del decreto-legge 27 ottobre 1986, n. 700 (Norme urgenti in materia di ordinamento penitenziario militare), convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1986, n. 897, nella parte in cui prevede che il Tribunale militare di sorveglianza decida in ordine alla domanda di affidamento in prova o ad altri benefici applicabili alla reclusione militare in relazione a condanne pronunziate dal giudice ordinario per reati comuni.
2. -- La questione non è fondata nei sensi di cui in motivazione.
Il giudice rimettente, nell'affermare la propria competenza in ordine al procedimento instaurato da un recluso militare, muove dalla considerazione secondo la quale, pur non potendosi applicare nella specie l'istituto dell'affidamento in prova militare ai sensi dell'art. 4 della legge 29 aprile 1983, n. 167 (la cui applicazione è delimitata dall'art. 1 della stessa legge ai soli condannati dall'autorità giudiziaria militare), quest'ultima disposizione non esaurirebbe "la sfera di competenza del Tribunale di sorveglianza militare in ordine ad altra tipologia di affidamento in prova, segnatamente quella di cui all'art. 47 della legge n. 354 del 1975". A questa conclusione il giudice a quo perviene attraverso una particolare interpretazione dell'impugnato art. 4, terzo comma, della legge n. 180 del 1981, il quale, nel prevedere, fra l'altro, che per le funzioni e i provvedimenti del Tribunale militare di sorveglianza si osservano "in quanto applicabili" le disposizioni contenute nell'art. 70 della legge 26 luglio 1975, n. 354, individua fra le materie attribuite alla competenza del Tribunale di sorveglianza anche i provvedimenti relativi alle misure alternative alla detenzione. E, continua il medesimo giudice, poichè in base all'art. 61, primo comma, c.p.m.p. "l'esecuzione della pena militare detentiva è vigilata dal giudice", ne deriverebbe che deve esser affermata la giurisdizione del Tribunale militare di sorveglianza a conoscere, tra le altre, delle domande di affidamento in prova, oltre che in riferimento a condanne inflitte dall'autorità giudiziaria militare, in relazione a condanne emesse dall'autorità giudiziaria ordinaria comunque comportanti l'espiazione della reclusione militare e, dunque, anche in relazione a ipotesi, come quella in esame, nelle quali la pena della reclusione è stata sostituita da quella della reclusione militare, ai sensi dell'art. 63, primo comma, numero 3), c.p.m.p.
Va, innanzitutto, osservato che l'ipotesi interpretativa da cui muove il giudice a quo si basa su elementi di scarsa consistenza, poichè criteri di definizione dell'ambito della giurisdizione militare rispetto a quella ordinaria non sono desumibili nè dall'art. 70 della legge sull'ordinamento penitenziario, richiamato dall'impugnato art. 4 della legge n. 180 del 1981 (art. 70 che si limita a istituire un tribunale di sorveglianza competente per l'affidamento in prova al servizio sociale in ciascun distretto di corte d'appello e in ciascuna circoscrizione territoriale di sezione distaccata di corte d'appello), nè dall'art. 61 c.p.m.p. (il quale, non diversamente da quanto prevedeva l'abrogato art. 144, primo comma, c.p. e da quanto prevede il vigente art. 69, secondo comma, della legge n. 354 del 1975, stabilisce soltanto la garanzia giurisdizionale in relazione all'esecuzione della pena detentiva militare). Nè un significato diverso può essere conferito a tali disposizioni in conseguenza del loro collegamento con l'art. 63 c.p.m.p., il quale, nel disciplinare le modalità di esecuzione delle pene comuni inflitte ai militari, prevede, fra l'altro, i casi in cui alla pena della reclusione è sostituita la reclusione militare.
In realtà, come hanno riconosciuto anche recenti sentenze della Corte di cassazione, non si può sfuggire al rilievo che la distinzione fra l'ambito di giurisdizione proprio dell'autorità giudiziaria ordinaria e quello proprio dei tribunali militari è per ogni suo aspetto fissata direttamente dall'art. 103, terzo comma, della Costituzione, il quale, nella sua ultima proposizione, stabilisce che i predetti tribunali "in tempo di pace hanno giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle Forze armate". In altri termini, poichè tanto l'attività di cognizione dell'autorità giudiziaria militare, quanto quella concernente l'esecuzione delle pene militari rappresentano le componenti essenziali della giurisdizione penale militare unitariamente considerata come un identico sistema i cui limiti esterni sono tracciati dal ricordato art. 103, terzo comma, ne consegue che la giurisdizione del magistrato militare di sorveglianza coincide necessariamente con quella propria dei tribunali militari, come definita dalla ricordata norma costituzionale.
Pertanto, poichè nella specie si tratta dell'esecuzione di una condanna pronunziata dall'autorità giudiziaria ordinaria, competente a provvedere in ordine all'applicazione dell'affidamento in prova al servizio sociale e, in genere, dei benefici penitenziari è il Tribunale di sorveglianza ordinario, a nulla rilevando la natura della pena in espiazione e, quindi, nonostante che, in applicazione dell'art. 63 c.p.m.p., la pena della reclusione comune sia stata sostituita, nel caso in esame, con la reclusione militare.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto formato dall'art. 63 c.p.m.p. e dall'art. 4 della legge 7 maggio 1981, n. 180 (Modifiche all'ordinamento giudiziario militare di pace), come sostituito dall'art. 2 del decreto-legge 27 ottobre 1986, n. 700 (Norme urgenti in materia di ordinamento penitenziario militare), convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1986, n. 897, sollevata, in riferimento all'art. 103, terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale militare di sorveglianza con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22/03/95.
Antonio BALDASSARRE, Presidente
Antonio BALDASSARRE, Redattore
Depositata in cancelleria il 31/03/95.