ORDINANZA N. 95
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Antonio BALDASSARRE, Presidente
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
a pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 30, primo comma, lett. h), e dell'art. 13 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), promosso con la ordinanza emessa il 18 marzo 1994 dal giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Bassano del Grappa negli atti relativi ad esposto di Rigoni Rinaldo, iscritta al n. 285 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 1994.
Visti gli atti di intervento dell'Unione Italiana delle Associazioni Venatorie, e della Federazione Italiana della caccia e del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 22 febbraio 1995 il Giudice relatore Enzo Cheli.
RITENUTO che il giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Bassano del Grappa, dovendo decidere sulla richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero in ordine al procedimento relativo all'esposto presentato da Rigoni Rinaldo - quale rappresentante del gruppo locale del W.W.F. - con ordinanza del 18 marzo 1994 (R.O. n. 285 del 1994) ha sollevato, in riferimento agli artt. 25, secondo comma e 3 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 30, primo comma, lett. h), e dell'art. 13, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) nella parte in cui vietano e sanzionano penalmente l'uso dei cani nell'esercizio della caccia; che il giudice remittente premette che nel- l'esposto veniva denunciato lo svolgimento dell'attività di allenamento e di addestramento di cani da caccia, nonchè il successivo impiego nell'esercizio dell'attività venatoria, ipotizzando l'illiceità di tale attività secondo la legge n. 157 del 1992, mentre il Pubblico Ministero, non ravvisando ipotesi di reato nell'impiego di cani nell'esercizio venatorio, ha chiesto l'archiviazione del procedimento; che, ad avviso del giudice remittente, dalle disposizioni della legge n. 157 del 1992 non sarebbe possibile desumere la liceità dell'uso dei cani per l'esercizio venatorio, mentre tale uso, non essendo esplicitamente consentito, risulterebbe vietato in generale dall'art. 13 della stessa legge, così rientrando nella fattispecie di cui all'art. 30, primo comma, lett. h), che punisce l'esercizio della caccia con mezzi vietati; che, secondo il giudice a quo, la fattispecie penale così individuata contrasterebbe con l'art. 25 Cost., non assicurando la certezza della legge, e, attraverso di essa, la possibilità di conoscere ciò che è e ciò che non è penalmente vietato, nonchè con l'art. 3 Cost., per la disparità di trattamento rispetto ad altre forme consentite di attività venatoria, e in particolare rispetto alla caccia esercitata con richiami vivi; che nel giudizio davanti alla Corte sono intervenuti il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, l'Unione Italiana delle Associazioni Venatorie e la Federazione Italiana della Caccia, per chiedere che la questione sia dichiarata inammissibile e infondata.
CONSIDERATO che deve essere preliminarmente dichiarata l'inammissibilità dell'intervento in giudizio dell'Unione Italiana delle Associazioni Venatorie e della Federazione Italiana della Caccia, dal momento che tali enti associativi non hanno assunto la qualità di parte nel giudizio a quo; che il presupposto interpretativo sul quale il giudice remittente basa la questione di costituzionalità si presenta palesemente infondato in quanto, sia dalle disposizioni della legge n. 157 del 1992 sia da quelle della legge regionale del Veneto 9 dicembre 1993, n. 50, può chiaramente desumersi la liceità dell'uso dei cani nell'esercizio venatorio; che, in particolare, con riferimento alla legge n. 157 del 1992, l'art. 10, ottavo comma, prevede che i piani faunistico-venatori individuino le zone e i periodi per l'addestramento, l'allenamento e le gare di cani, presupponendo la preparazione del cane in vista della stagione venatoria; l'art. 21 lett. ff) vieta l'uso dei segugi soltanto per la caccia al camoscio, confermando implicitamente la generale liceità dell'impiego dei cani; l'art. 28, secondo comma, in caso di condotte penalmente rilevanti, esclude dalla possibilità di sequestro il cane al pari di altri mezzi consenti ti, quali i richiami vivi autorizzati; che l'art. 13 della legge n. 157 del 1992 individua quali sono i mezzi diretti all'abbattimento consentiti, con la conseguenza che l'ambito del divieto per i mezzi non previsti, di cui al comma 5, deve essere limitato ai mezzi diretti all'abbattimento e non esteso ai mezzi ausiliari all'esercizio della caccia; che, inoltre, l' art. 14, secondo comma, della legge regionale del Veneto 9 dicembre 1993, n. 50 (emanata in attuazione della legge quadro n. 157 del 1992) prevede espressamente che "il cacciatore può servirsi come ausili di cani...."; che, di conseguenza, non può essere ricompreso tra i mezzi vietati per l'esercizio dell'attività venatoria l'utilizzo di cani; che, pertanto, la questione sollevata deve essere dichiarata manifestamente infondata; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 30, primo comma, lett. h), e dell'art. 13, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), sollevata, in riferimento agli artt. 25, secondo comma e 3 della costituzione, dal giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Bassano del Grappa con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20/03/95.
Antonio BALDASSARRE, Presidente
Enzo CHELI, Redattore
Depositata in cancelleria il 30/03/95.