ORDINANZA N. 53
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
- Avv. Ugo SPAGNOLI
- Prof. Antonio BALDASSARRE
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 32, primo comma, della legge 6 agosto 1990, n. 223 (Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato), promosso con ordinanza emessa il 31 marzo 1994 dal Pretore di Camerino nel procedimento penale a carico di Orsini Gabriella ed altri iscritta al n. 439 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 30, prima serie speciale, dell'anno 1994;
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 25 gennaio 1995 il Giudice relatore Renato Granata.
RITENUTO che con ordinanza del 31 marzo 1994, il Pretore di Camerino - in un processo per esercizio non autorizzato di impianto di diffusione televisiva, punito dall'art. 195 del Codice postale approvato con D.P.R. 1973 n. 156 - ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 32, comma primo, della legge 6 agosto 1990 n. 223, "nella parte in cui esclude dalla sanatoria amministrativa, e conseguentemente penale, la situazione delle emittenti private che, alla data di entrate in vigore della legge stessa, avessero semplicemente installato impianti di radiodiffusione televisiva, senza aver anche provveduto a rendere gli stessi funzionanti, oltreché funzionali";
che, nel giudizio davanti a questa Corte, ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri per eccepire la manifesta infondatezza della impugnativa.
Rilevato che, nella motivazione del provvedimento di rinvio, il giudice a quo muove dalla premessa che, ai fini della sanatoria introdotta dalla norma denunciata (secondo cui testualmente "i privati che alla data della presente legge - n. 223/90 - eserciscono impianti per la radiodiffusione sonora o televisiva sono autorizzati a proseguire nell'esercizio degli stessi a condizione che abbiano inoltrato domanda per il rilascio della concessione.."), il concetto di esercizio debba intendersi come "funzionamento effettivo e concreto" e non come mera installazione di impianto televisivo, con la conseguente esclusione, dal beneficio, dei soggetti che, a quella data, avessero semplicemente installato e non ancora attivato un siffatto impianto. E tale esclusione appunto quel Pretore ritiene in contrasto con il precetto dell'eguaglianza per il trattamento irragionevolmente pi favorevole così riservato a soggetti che, entro il limite temporale prefissato, abbiano, con l'esercizio dell'attività di diffusione, "completato l'iter della progressione criminosa", a fronte del trattamento viceversa deteriore fatto a chi, con la mera installazione dell'impianto, si sia arrestato alla sola sua fase iniziale.
CONSIDERATO che il quesito così prospettato ha evidentemente riguardo ad una ipotesi astratta di incriminazione per mera attività di installazione di impianto televisivo in epoca antecedente alla vigenza della disposizione impugnata;
che viceversa nella specie - come la stessa autorità rimettente non manca di precisare - gli imputati sono chiamati a rispondere unicamente di "successivi atti di esercizio" ("dal 25 maggio 1992"), restando così temporalmente fuori dalla contestazione la precedente attività di approntamento dell'impianto;
che difetta pertanto in radice la rilevanza della sollevata questione nel giudizio a quo, per cui ne va dichiarata la manifesta inammissibilità.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 32, primo comma, della legge 6 agosto 1990, n. 223 (Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Pretore di Camerino con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 febbraio 1995.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Renato GRANATA, Redattore
Depositata in cancelleria il 20 febbraio 1995.