ORDINANZA N. 20
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici
- Prof. Francesco Paolo CASAVOLA Presidente
- Prof. Gabriele PESCATORE
- Avv. Ugo SPAGNOLI
- Prof. Antonio BALDASSARRE
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 512 e 514 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 15 novembre 1993 dal Pretore di Rieti nel procedimento penale a carico di Choukri Jawad ed altri iscritta al n. 56 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 1994.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 9 novembre 1994 il Giudice relatore Mauro Ferri.
RITENUTO che il Pretore di Rieti ha sollevato questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 512 e 514 del codice di procedura penale, nella parte in cui considera atto ripetibile - e quindi non ne consente la lettura in dibattimento - le dichiarazioni di un teste il quale, dopo essere stato sentito dalla polizia giudiziaria, abbia subito un incidente dal quale è conseguita una definitiva amnesia in ordine allo svolgimento dei fatti in giudizio;
che il giudice remittente ritiene che il caso sottoposto al suo esame non sia compreso nella previsione di irripetibilità indicata dal citato art. 512 in quanto l'evento imprevedibile non ha reso impossibile la ripetizione materiale dell'atto istruttorio ma ne ha solo determinato l'inutilità, essendo escluso che possano determinarsi gli stessi esiti assunti dalla polizia giudiziaria;
che, in conseguenza, il divieto di dare lettura in dibattimento di tali dichiarazioni contrasterebbe, ad avviso del Pretore di Rieti, con gli artt. 3 e 112 della Costituzione, rispettivamente: per ingiustificata disparità di trattamento tra imputati in ordine al principio di non dispersione dei mezzi di prova, e per l'incidenza sulla possibilità per il pubblico ministero di provare in dibattimento l'ipotesi accusatoria formulata;
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato che ha concluso per l'infondatezza della questione.
CONSIDERATO che la questione sollevata si fonda in sostanza sull'assunto, propugnato dal giudice a quo, in base al quale l'art. 512 del codice di procedura penale non comprenderebbe fra i "fatti o circostanze imprevedibili" che comportano l'impossibilità di ripetizione dell'atto anche l'alterazione patologica determinante nel teste un'assoluta amnesia sui fatti del giudizio;
che tale interpretazione non può assolutamente essere condivisa in quanto da una piana lettura dell'art. 512 emerge che, ai fini della legittimità della lettura in dibattimento, la norma postula la sola condizione della impossibilità di ripetizione degli atti a motivo di fatti o circostanze imprevedibili, fra i quali nulla autorizza ad escludere un'infermità del teste (da verificarsi sulla base di accertamenti che spetta al giudice del dibattimento valutare) determinante l'assoluta amnesia sui fatti di causa;
che tale conclusione è ulteriormente suffragata dal coordinamento sistematico dell'art. 512 con il terzo comma dell'art. 195 il quale espressamente prevede lo strumento della testimonianza indiretta (anche della polizia giudiziaria; cfr. sent. n. 24 del 1992) in caso di infermità del teste diretto che ne renda impossibile l'esame;
che del tutto errata deve quindi ritenersi la distinzione operata dal giudice a quo tra impossibilità assoluta del teste a presenziare al dibattimento e "inutilità" della deposizione, posto che l'infermità sopravvenuta nel caso in esame, ove accertata, rende anch'essa oggettivamente impossibile per il teste ogni deposizione;
che pertanto la questione va dichiara manifestamente infondata;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 512 e 514 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 112 della Costituzione, dal §Pretore di Rieti con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 1995.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Mauro FERRI, Redattore
Depositata in cancelleria il 19 gennaio 1995.