Sentenza n. 10 del 1995

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SENTENZA N. 10

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-        Prof. Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

-        Prof. Gabriele PESCATORE

-        Avv. Ugo SPAGNOLI

-        Prof. Antonio BALDASSARRE

-        Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-        Avv. Mauro FERRI

-        Prof. Luigi MENGONI

-        Prof. Enzo CHELI

-        Dott. Renato GRANATA

-        Prof. Giuliano VASSALLI

-        Prof. Francesco GUIZZI

-        Prof. Cesare MIRABELLI

-        Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-        Avv. Massimo VARI

-        Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di ammissibilità, ai sensi dell'art. 2, primo comma, della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di referendum popolare per l'abrogazione della legge 25 marzo 1993, n. 81 recante "Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale", limitatamente alle seguenti parti:

- Articolo 3 - comma quinto, limitatamente alle parole: "Nei comuni con popolazione superiore a quella dei comuni di cui all'articolo 5, più liste possono presentare lo stesso candidato alla carica di sindaco. In tal caso le liste debbono presentare il medesimo programma amministrativo e si considerano fra di loro collegate.";

- Articolo 5 - intestazione dell'articolo, limitatamente alle parole: "nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti."; - comma primo, limitatamente alle parole: "Nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti,";

- Articolo 6;

- Articolo 7;

iscritto al n. 77 del registro referendum.

Vista l'ordinanza del 30 novembre 1994 con la quale l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione ha dichiarato legittima la richiesta;

udito nella camera di consiglio del 9 gennaio 1995 il Giudice relatore Cesare Mirabelli;

udito l'avvocato Achille Chiappetti per i presentatori Giuseppe Calderisi, Lorenzo Strik Lievers e Elio Vito.

Ritenuto in fatto

1.- L'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione in applicazione della legge 25 maggio 1970, n. 352, esaminata la richiesta di referendum popolare - presentata da Giuseppe Calderisi, Ottavio Lavaggi, Sergio Augusto Stanziani Ghedini, Elio Vito e Lorenzo Strik Lievers - sulla legge 25 marzo 1993, n. 81, verificata la regolarità della richiesta, ne ha dichiarato la legittimità con ordinanza del 30 novembre 1994.

La richiesta di referendum ha per oggetto il seguente quesito:

"Volete voi che sia abrogata la legge 25 marzo 1993, n. 81 recante "Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale", limitatamente alle seguenti parti:

Articolo 3

- comma quinto, limitatamente alle parole: "Nei comuni con popolazione superiore a quella dei comuni di cui all'articolo 5, più liste possono presentare lo stesso candidato alla carica di sindaco. In tal caso le liste debbono presentare il medesimo programma amministrativo e si considerano fra di loro collegate.";

Articolo 5

- intestazione dell'articolo, limitatamente alle parole: "nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti.";

comma primo, limitatamente alle parole: "Nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti,";

Articolo 6;

Articolo 7;?".

2.- Ricevuta comunicazione dell'ordinanza dell'Ufficio centrale, il Presidente ha convocato la Corte in camera di consiglio per il 9 gennaio 1995, disponendo che ne fosse data comunicazione ai promotori della richiesta di referendum ed al Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'art. 33, secondo comma, della legge n. 352 del 1970.

3.- I promotori e presentatori del referendum, rappresentati e difesi dall'avv. Achille Chiappetti, avvalendosi della facoltà prevista dall'art. 33, terzo comma, della legge n. 352 del 1970, hanno depositato il 3 gennaio 1995 una memoria, che conclude con la richiesta di ammissibilità del referendum. I promotori sottolineano che lo scopo che il quesito referendario si propone è quello di abrogare il sistema a doppio turno per l'elezione dei sindaci e dei consigli comunali nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, con la conseguente estensione a tutti i comuni delle modalità di elezione del consiglio comunale (mediante sistema maggioritario, contestualmente all'elezione del sindaco) con la disciplina già prevista dall'art. 5 della legge n. 81 del 1993 per i comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti. Ad avviso dei promotori non vi sarebbe alcuna ragione ostativa all'ammissibilità del referendum.

4.- Nella camera di consiglio del 9 gennaio 1995 è comparso, per i promotori, l'avv. Achille Chiappetti, che ha illustrato le ragioni proposte a sostegno dell'ammissibilità del referendum.

Considerato in diritto

1.- La richiesta di referendum abrogativo ha ad oggetto una parte della legge 25 marzo 1993, n. 81, che disciplina l'elezione del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale.

Con tale legge sono state configurate due modalità di elezione degli organi comunali, egualmente ispirate al principio maggioritario, ma diversamente modulate, in base alla distinzione tra comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti e comuni con popolazione superiore. Per i primi l'elezione dei consiglieri si effettua contestualmente all'elezione del sindaco: il candidato a questa carica è collegato ad una sola lista di candidati al consiglio comunale; è eletto sindaco chi ottiene il maggior numero di voti ed alla lista ad esso collegata sono attribuiti due terzi dei seggi assegnati al consiglio. Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti il candidato alla carica di sindaco è collegato con una o più liste presentate per l'elezione del consiglio comunale; è eletto chi ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi al primo turno elettorale o, se nessuno ottiene questa maggioranza, chi ottiene il maggior numero dei voti validi al turno di ballottaggio, che si svolge tra i due candidati più votati al primo turno. Alla lista o al gruppo di liste collegate con il candidato eletto alla carica di sindaco è riservato, di regola, il 60 per cento dei seggi del consiglio.

La proposta referendaria tende alla soppressione delle modalità di elezione del sindaco e del consiglio comunale previste dagli artt. 6 e 7 della legge per i comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, con la conseguente applicazione, a tutti i comuni, del sistema elettorale previsto dalla stessa legge per i comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti. In questa stessa prospettiva si propone l'abrogazione di parti di altre disposizioni relative a modalità e procedure elettorali (artt. 3 e 5) che contengono tale riferimento distintivo.

2.- Le disposizioni delle quali si propone l'abrogazione esprimono con chiarezza ed in modo univoco il quesito sottoposto all'elettore. L'eventuale accoglimento della proposta referendaria determinerebbe l'unificazione nella disciplina delle modalità elettorali comunali, con la estensione a tutti i comuni del sistema attualmente previsto per i comuni sino a 15.000 abitanti. Non verrebbe meno in nessun momento lo strumento elettorale necessario per il rinnovo degli organi elettivi delle amministrazioni locali, né si determinerebbero incertezze interpretative tali da provocare il rischio di paralisi, sia pure temporanea, di tali organi.

Sopravviverebbe nel secondo comma dell'art. 1, con riferimento alla presidenza del consiglio comunale, un richiamo alla distinzione della dimensione dei comuni indicata nell'art. 5. Ma i commi aggiunti a tale disposizione dall'art. 1 della legge 15 ottobre 1993, n. 415 dettano regole autosufficienti per la convocazione e la presidenza del consiglio comunale ed ogni problema interpretativo si risolve secondo le comuni regole ermeneutiche. In ogni caso l'art. 36 della legge 8 giugno 1990, n. 142, comprendendo tra le competenze del sindaco la convocazione e la presidenza del consiglio, quando non sia previsto diversamente, assicura una regola residuale e di chiusura.

L'eventuale abrogazione delle disposizioni per le quali si propone il referendum non reagisce sulle modalità elettorali previste dalla stessa legge per altri enti o organi locali.

Non sussistono pertanto, secondo i principi ripetutamente enunciati dalla Corte in base all'art. 75 della costituzione, ipotesi ostative all'ammissibilità del referendum.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione della legge 25 marzo 1993, n. 81 recante "Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale", limitatamente alle seguenti parti: articolo 3, comma quinto, limitatamente alle parole: "Nei comuni con popolazione superiore a quella dei comuni di cui all'articolo 5, più liste possono presentare lo stesso candidato alla carica di sindaco. In tal caso le liste debbono presentare il medesimo programma amministrativo e si considerano fra di loro collegate."; articolo 5, intestazione dell'articolo, limitatamente alle parole: "nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti.", e comma primo, limitatamente alle parole: "Nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti,"; articolo 6; articolo 7;

richiesta dichiarata legittima, con ordinanza del 30 novembre 1994, dall'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 gennaio 1995.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Cesare MIRABELLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 12 gennaio 1995.