Sentenza n. 4 del 1995

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SENTENZA N. 4

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-        Prof. Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

-        Prof. Gabriele PESCATORE Giudice

-        Avv. Ugo SPAGNOLI

-        Prof. Antonio BALDASSARRE

-        Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-        Avv. Mauro FERRI

-        Prof. Luigi MENGONI

-        Prof. Enzo CHELI

-        Dott. Renato GRANATA 

-        Prof. Giuliano VASSALLI

-        Prof. Francesco GUIZZI

-        Prof. Cesare MIRABELLI

-        Prof. Fernando SANTOSUOSSO 

-        Avv. Massimo VARI

-        Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di ammissibilità, ai sensi dell'art. 2, primo comma, della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di referendum popolare per l'abrogazione della legge 28 luglio 1971, n. 558 recante "Disciplina dell'orario dei negozi e degli esercizi di vendita al dettaglio", limitatamente agli artt. 1, 3, 4, 5, 6, 7 e 8;

nonché del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, limitatamente all'art. 54, lett. d), limitatamente alle parole "dei negozi," e alle parole "vendita e";

nonché del decreto-legge 1 ottobre 1982 n. 697, recante "Disposizioni in materia di IVA, di regime fiscale delle manifestazioni sportive e cinematografiche e di riordinamento della distribuzione commerciale", convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 1982, n. 887, relativamente all'art. 8 (nel testo sostituito dall'art. 1 del d.l. 26 gennaio 1987 n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 marzo 1987 n. 121), comma 4: "Fermo rimanendo quanto disposto dalla legge 28 luglio 1971, n. 558, a modificazione dell'art. 1, secondo comma, lett. b), della legge medesima, i sindaci, in conformità ai criteri stabiliti dalle regioni ai sensi dell'art. 54 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, fissano i limiti giornalieri degli orari di vendita al dettaglio, anche differenziati per settori merceologici, indicando l'ora di apertura antimeridiana non oltre le ore 9 e l'ora di chiusura serale non oltre le ore 20 o, nel periodo dell'anno nel quale è in vigore l'ora legale, non oltre le ore 21. Nel rispetto dei limiti così fissati l'operatore commerciale può scegliere l'orario di apertura e di chiusura con facoltà, inoltre, di posticipare, sempre rispetto ai predetti limiti, di un'ora l'apertura antimeridiana e corrispondentemente la chiusura serale, che comunque non può avvenire oltre le ore 21."; comma 5: "Le disposizioni di cui all'art. 6, secondo comma, della legge 28 luglio 1971, n. 558, sono estese agli esercizi specializzati nella vendita di bevande, libri, dischi, nastri magnetici, musicassette, videocassette, opere d'arte, oggetti d'antiquariato, stampe, cartoline, articoli ricordo e mobili."; iscritto al n. 78 del registro referendum.

Vista l'ordinanza del 30 novembre 1994 con la quale l'Ufficio centrale per il referendum popolare presso la Corte di cassazione ha dichiarato legittima la richiesta;

udito nella camera di consiglio del 9 gennaio 1995 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;

uditi l'avvocato Beniamino Caravita di Toritto per i presentatori Giuseppe Calderisi, Lorenzo Strik Lievers e Elio Vito.

Ritenuto in fatto

1.- Con ordinanza del 30 novembre 1994, l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione ha dichiarato la legittimità della richiesta di referendum abrogativo, relativa all'iniziativa annunciata il 4 novembre 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 260 del 5 novembre 1993, in tema di orari di vendita degli esercizi commerciali.

Il predetto Ufficio, dopo aver ritenuto di accogliere due richieste del Comitato promotore del referendum - l'una diretta all'integrazione del quesito mediante l'indicazione di parte dell'art. 54, lett. d), del D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, al fine di evitare che sopravviva un potere comunale in tema di fissazione degli orari dei negozi, e l'altra per la correzione dell'errore materiale contenuto nel testo del quesito e riferito agli estremi del decreto-legge 1 ottobre 1982 n. 697 e delle sue successive modificazioni ed integrazioni - ha integrato e riformulato il testo del quesito nei seguenti termini:

"Volete voi che sia abrogata la legge 28 luglio 1971, n. 558 recante "Disciplina dell'orario dei negozi e degli esercizi di vendita al dettaglio", limitatamente agli articoli 1, 3, 4, 5, 6, 7 e 8; nonché il D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, limitatamente all'articolo 54, lettera d), limitatamente alle parole "dei negozi", e alle parole "vendita e"; nonché il decreto-legge 1x ottobre 1982, n. 697, recante "Disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto, di regime fiscale delle manifestazioni sportive e cinematografiche e di riordinamento della distribuzione commerciale", convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 1982, n. 887, relativamente all'articolo 8, (nel testo sostituito dall'articolo 1 del decreto-legge 26 gennaio 1987 n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 marzo 1987 n. 121) comma 4: "Fermo rimanendo quanto disposto dalla legge 28 luglio 1971, n. 558, a modificazione dell'articolo 1, secondo comma, lettera b), della legge medesima, i sindaci, in conformità ai criteri stabiliti dalle regioni ai sensi dell'articolo 54 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, fissano i limiti giornalieri degli orari di vendita al dettaglio, anche differenziati per settori merceologici, indicando l'ora di apertura antimeridiana non oltre le ore 9 e l'ora di chiusura serale non oltre le ore 20 o, nel periodo dell'anno nel quale è in vigore l'ora legale, non oltre le ore 21. Nel rispetto dei limiti così fissati l'operatore commerciale può scegliere l'orario di apertura e di chiusura con facoltà, inoltre, di posticipare, sempre rispetto ai predetti limiti, di un'ora l'apertura antimeridiana e corrispondentemente la chiusura serale, che comunque non può avvenire oltre le ore 21"; comma 5: "Le disposizioni di cui all'articolo 6, secondo comma, della legge 28 luglio 1971, n. 558, sono estese agli esercizi specializzati nella vendita di bevande, libri, dischi, nastri magnetici, musicassette, videocassette, opere d'arte, oggetti d'antiquariato, stampe, cartoline, articoli ricordo e mobili. "?".

2.- Il Comitato promotore della richiesta referendaria, nell'imminenza della camera di consiglio convocata per il giudizio sull'ammissibilità del referendum innanzi detto, ha presentato una memoria nella quale svolge considerazioni in ordine alla chiarezza ed alla non equivocità del quesito, ai fini della sua ammissibilità.

3.- Ricevuta la comunicazione dell'ordinanza dell'Ufficio centrale, il Presidente della Corte costituzionale ha convocato la Corte in camera di consiglio per il giorno 9 gennaio 1995, ai sensi dell'art. 33 della legge 25 maggio 1970, n. 352, per deliberare sull'ammissibilità della richiesta referendaria, secondo quanto previsto dall'art. 2 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1.

4.- Nell'imminenza della camera di consiglio il comitato promotore del referendum ha depositato una memoria, nella quale si sofferma sulla finalità della richiesta referendaria che è quella di pervenire alla liberalizzazione della disciplina degli orari di vendita degli esercizi commerciali nel senso dell'affidamento, alle libere determinazioni imprenditoriali, delle scelte relative. Dopo aver precisato l'ambito del quesito referendario, che ha interessato pi disposizioni legislative, il comitato promotore richiama i principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale in materia di referendum abrogativo e conclude per l'ammissibilità dell'iniziativa in esame.

Considerato in diritto

1.- Questa Corte deve accertare la sussistenza dei requisiti di ammissibilità della richiesta di referendum oggetto di esame. A tal fine deve stabilire se ricorrano i limiti espressamente previsti dall'art. 75, secondo comma, della Costituzione o comunque impliciti nel sistema, relativi alle normative non suscettibili di consultazioni referendarie abrogative ed accertare, altresì, se la struttura del quesito proposto risponda alle esigenze di chiarezza, univocità ed omogeneità, secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale in tema di ammissibilità delle domande referendarie.

2.- Il quesito referendario è diretto alla abrogazione delle norme che disciplinano l'orario dei negozi e degli esercizi di vendita al dettaglio, attribuendo ai sindaci la fissazione dei limiti di detti orari in conformità ai criteri stabiliti dalle regioni. Vengono altresì sottoposte a referendum le successive modifiche delle norme, secondo la formulazione del quesito.

3.- L'iniziativa referendaria è da ritenersi ammissibile sotto tutti i profili. Non si ravvisa, difatti, alcuna delle cause ostative previste espressamente dall'art. 75, secondo comma, della Costituzione o desumibili dalla disciplina costituzionale del referendum abrogativo (cfr. in proposito la sent. n. 16 del 1978). In particolare sussistono i requisiti della chiarezza, univocità ed omogeneità del quesito, in quanto le disposizioni oggetto del referendum, obiettivamente considerate nella loro struttura e finalità, contengono effettivamente quel principio la cui eliminazione o permanenza dipende dalla risposta che il corpo elettorale fornirà.

Va inoltre precisato che, in relazione alla normativa oggetto dell'iniziativa, quella che residua nel medesimo testo di legge non altera la chiarezza, omogeneità ed univocità del quesito, perché assolve ad una autonoma funzione. Infatti, tra le norme della legge 28 luglio 1971, n. 558 non interessate dalla proposta referendaria, (a parte l'art. 2, che è stato gi abrogato dall'art. 7 della legge n. 112 del 1991) l'art. 9 disciplina gli orari di apertura e chiusura e i turni festivi degli impianti stradali di distribuzione di carburante, per i quali si giustifica il permanere della peculiare loro disciplina e, quindi, il non coinvolgimento nella proposta referendaria; l'art. 10 reca le sanzioni amministrative per le contravvenzioni alle disposizioni della legge, ovviamente riferibili - in caso di esito positivo del referendum - soltanto alla disciplina relativa agli impianti di distribuzione di carburanti; l'art. 11 abroga una precedente legge (n. 973 del 1932) sugli orari dei negozi e l'art. 12 fa salve le competenze in materia di commercio delle regioni a statuto speciale.

4.- Né può ritenersi che il riferimento, contenuto in altre norme non inserite nel quesito, al potere del sindaco di disciplinare gli orari di vendita possa inficiare la chiarezza e l'omogeneità della richiesta, poiché le relative disposizioni (art. 3 della legge n. 112 del 1991 e art. 8 della legge n. 287 del 1991) attengono a forme di distribuzione commerciale diverse da quella ordinaria, e cioè, rispettivamente, al commercio sulle aree pubbliche ed ai pubblici esercizi per la somministrazione di alimenti e bevande. La disciplina per detti settori è stata sempre distinta da quella relativa alla vendita negli esercizi commerciali al dettaglio, diversi essendo gli interessi pubblici sottesi alle differenti discipline e cioè, ad esempio, quelli di igiene e sanità per i mercati rionali e quelli di ordine e sicurezza pubblica per i pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande (cfr. art. 9 legge n. 287 del 1991).

5.- Né infine rileva, sempre ai fini della chiarezza del quesito, la norma (anch'essa non coinvolta nella richiesta referendaria) di cui all'art. 36, comma 3, della legge n. 142 del 1990 sull'ordinamento delle autonomie locali - che attribuisce al sindaco il potere di coordinare gli orari degli esercizi commerciali, dei servizi pubblici nonché gli orari di apertura al pubblico degli uffici periferici delle amministrazioni pubbliche, in vista delle esigenze degli utenti - perché, pur con l'eventuale esito positivo dell'iniziativa referendaria, si giustifica in ogni caso la perdurante vigenza della norma, che disciplina un potere di coordinamento di orari relativi anche ad altre attività sulle quali non interferisce la normativa oggetto del quesito.

6.- Per tutte le ragioni svolte, il quesito appare pienamente comprensibile, essendo chiaro all'elettore che egli viene chiamato ad abrogare le norme che attribuiscono a pubbliche autorità il potere di determinare gli orari dei negozi di vendita al dettaglio, con conseguente liberalizzazione ed affidamento di dette scelte alle determinazioni di coloro che esercitano l'attività secondo questa forma di distribuzione commerciale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione della legge 28 luglio 1971, n. 558 recante "Disciplina dell'orario dei negozi e degli esercizi di vendita al dettaglio", limitatamente agli artt. 1, 3, 4, 5, 6, 7 e 8;

nonché del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, limitatamente all'art. 54, lett. d), limitatamente alle parole "dei negozi," e alle parole "vendita e";

nonché del decreto-legge 1 ottobre 1982 n. 697, recante "Disposizioni in materia di IVA, di regime fiscale delle manifestazioni sportive e cinematografiche e di riordinamento della distribuzione commerciale", convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 1982, n. 887, relativamente all'art. 8 (nel testo sostituito dall'art. 1 del d.l. 26 gennaio 1987 n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 marzo 1987 n. 121), comma 4: "Fermo rimanendo quanto disposto dalla legge 28 luglio 1971, n. 558, a modificazione dell'art. 1, secondo comma, lett. b), della legge medesima, i sindaci, in conformità ai criteri stabiliti dalle regioni ai sensi dell'art. 54 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, fissano i limiti giornalieri degli orari di vendita al dettaglio, anche differenziati per settori merceologici, indicando l'ora di apertura antimeridiana non oltre le ore 9 e l'ora di chiusura serale non oltre le ore 20 o, nel periodo dell'anno nel quale è in vigore l'ora legale, non oltre le ore 21. Nel rispetto dei limiti così fissati l'operatore commerciale può scegliere l'orario di apertura e di chiusura con facoltà, inoltre, di posticipare, sempre rispetto ai predetti limiti, di un'ora l'apertura antimeridiana e corrispondentemente la chiusura serale, che comunque non può avvenire oltre le ore 21."; comma 5: "Le disposizioni di cui all'art. 6, secondo comma, della legge 28 luglio 1971, n. 558, sono estese agli esercizi specializzati nella vendita di bevande, libri, dischi, nastri magnetici, musicassette, videocassette, opere d'arte, oggetti d'antiquariato, stampe, cartoline, articoli ricordo e mobili."; richiesta dichiarata legittima, con ordinanza del 30 novembre 1994, dall'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 gennaio 1995.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Vincenzo CAIANIELLO, Redattore

Depositata in cancelleria il 12 gennaio 1995.