SENTENZA N. 1
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
- Prof. Gabriele PESCATORE
- Avv. Ugo SPAGNOLI
- Prof. Antonio BALDASSARRE
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di ammissibilità, ai sensi dell'art. 2, primo comma, della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di referendum popolare per l'abrogazione della legge 14 aprile 1975, n. 103, recante "Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva" limitatamente a:
articolo 4, comma 1, limitatamente alle parole: "formula indirizzi generali relativamente ai messaggi pubblicitari, allo scopo di assicurare la tutela del consumatore e la compatibilità delle esigenze delle attività produttive con la finalità di pubblico interesse e le responsabilità del servizio pubblico radiotelevisivo;"
articolo 15, comma 1, limitatamente alle parole: "nonché con i proventi derivanti dalla pubblicità radiofonica e televisiva";
il decreto-legge 6 dicembre 1984, n. 807, recante "Disposizioni urgenti in materia di trasmissioni radiotelevisive", convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 4 febbraio 1985, n. 10, limitatamente a: articolo 3-bis, comma 2: "La commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, contestualmente alla de terminazione del limite massimo degli introiti pubblicitari di cui all'articolo 21 della legge 14 aprile 1975, n. 103, fissa per la concessionaria la quota percentuale massima di messaggi pubblicitari per ciascuna ora di effettiva trasmissione"; la legge 6 agosto 1990, n. 223 recante "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato", limitatamente a:
articolo 8, comma 6: "La trasmissione dei messaggi pubblicitari da parte della concessionaria pubblica non può eccedere il 4 per cento dell'orario setti manale di programmazione ed il 12 per cento di ogni ora; un'eventuale eccedenza, comunque non superiore al 2 per cento nel corso di un'ora, deve essere recuperata nell'ora antecedente o successiva"; comma 10, limitatamente alle parole: "e la concessionaria pubblica"; comma 15, limitatamente alle parole: "sia per la concessionaria pubblica sia"; comma 16: "Entro il 30 giugno di ciascun anno il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni, di con certo con il Ministro delle partecipazioni statali e sentiti il Garante e il Consiglio dei ministri, stabilisce il limite massimo degli introiti pubblicitari quale fonte accessoria di proventi che la concessionaria pubblica potrà conseguire nell'anno successivo. Tale limite viene fissato applicando a quello stabilito per l'anno precedente la variazione percentuale prevista per il gettito pubblicitario radiotelevisivo per l'anno in corso. Ove il gettito pubblicitario previsto si discosti da quel lo effettivo, il limite massimo degli introiti pubblicitari per l'anno successivo terrà conto dell'aumento o della diminuzione verificatasi"; comma 17: "Le disposizioni di cui ai commi 6 e 16 del presente articolo e la normativa di cui alla legge 14 aprile 1975, n. 103, articolo 15, hanno validità sino al 31 dicembre 1992. In tempo utile il Garante propone, nella relazione annuale di cui al comma 13 dell'articolo 6, in relazione alle nuove dimensioni comunitarie e all'andamento del mercato pubblicitario, le necessarie ed opportune modificazioni della suddetta normativa. Il Governo provvede alle conseguenti iniziative legislative";
articolo 15, comma 6, limitatamente alle parole: "con la concessionaria pubblica";
articolo 24, comma 2: "Le imprese concessionarie di pubblicità che si trovino in situazioni di controllo o collegamento con la concessionaria pubblica possono raccogliere pubblicità anche per tre reti radiofoniche della concessionaria stessa";
il decreto-legge 19 ottobre 1992, n. 408 recante "Disposizioni urgenti in materia di pubblicità radiotelevisiva", convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 1992, n. 483, limitatamente a:
articolo 2, comma 1, limitatamente alle parole: "e l'articolo 8, comma 6, della legge 6 agosto 1990, n. 223", iscritto al n. 76 del registro referendum;
Vista l'ordinanza del 30 novembre 1994 con la quale l'Ufficio centrale per il referendum popolare presso la Corte di cassazione ha dichiarato legittima la richiesta e la successiva ordinanza del 9 dicembre 1994 con la quale l'Ufficio Centrale per il referendum ha confermato il quesito predetto;
udito nella camera di consiglio del 9 gennaio 1995 il Giudice relatore Ugo Spagnoli;
udito l'avvocato Claudio Chiola per i presentatori Giuseppe Calderisi, Lorenzo Strik Lievers e Elio Vito.
Ritenuto in fatto
1.- L'Ufficio Centrale per il referendum presso la Corte di cassazione ha esaminato, in applicazione della legge 25 maggio 1970, n. 352, e successive modificazioni, la richiesta di referendum popolare presentata da Calderisi Giuseppe, Bernardini Rita, Lavaggi Ottavio, Stanzani Ghedini Sergio Augusto, Vito Elio, Strik Lievers Lorenzo e Vigevano Paolo, depositata in data 3 febbraio 1994 sul seguente quesito:
"Volete voi che sia abrogata la legge 14 aprile 1975, n. 103, recante "Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva" limitatamente all'articolo 4, comma 1, limitatamente alle parole: "formula indirizzi generali relativamente ai messaggi pubblicitari, allo scopo di assicurare la tu tela del consumatore e la compatibilità delle esigenze delle attività produttive con la finalità di pubblico interesse e le responsabilità del servizio pubblico radiotelevisivo; e all'articolo 15, comma 1, limitatamente alle parole: "nonché con i proventi derivanti dalla pubblicità radiofonica e televisiva"; nonché il decreto-legge 6 dicembre 1984, n. 807, recante "Disposizioni urgenti in materia di trasmissioni radiotelevisive", convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 4 febbraio 1985, n. 10, limitatamente all'articolo 3-bis, comma 2: "La commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, contestualmente alla determinazione del limite massimo degli introiti pubblicitari di cui all'articolo 21 della legge 14 aprile 1975, n. 103, fissa per la concessionaria la quota percentuale massima di messaggi pubblicitari per ciascuna ora di effettiva trasmissione"; la legge 6 agosto 1990, n. 223 recante "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato" limitatamente all'articolo 8, comma 6: "La trasmissione di messaggi pubblicitari da parte della concessionaria pubblica non può eccede re il 4 per cento dell'orario settimanale di programmazione ed il 12 per cento di ogni ora; un'eventuale eccedenza, comunque non superiore al 2 per cento nel corso di un'ora, deve essere recuperata nell'ora antecedente o successiva."; comma 10, limitatamente alle parole: "e la concessionaria pubblica"; comma 15, limitatamente alle parole: "sia per la concessionaria pubblica sia"; comma 16: "Entro il 30 giugno di ciascun anno il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni, di con certo con il Ministro delle partecipazioni statali e sentiti il Garante ed il Consiglio dei ministri, stabilisce il limite massimo degli introiti pubblicitari quale fonte accessoria di proventi che la concessionaria pubblica potrà conseguire nell'anno successivo. Tale limite viene fissato applicando, a quello stabilito per l'anno precedente, la variazione percentuale prevista per il gettito pubblicitario radiotelevisivo per l'anno in corso. Ove il gettito pubblicitario previsto si discosti da quello effettivo, il limite massimo degli introiti pubblicitari per l'anno successivo terrà conto dell'aumento o della diminuzione verificatasi."; comma 17: "Le disposizioni di cui ai commi 6 e 16 del presente articolo e la normativa di cui alla legge 14 aprile 1975, n. 103, articolo 15, hanno validità fino al 31 dicembre 1992. In tempo utile il Garante propone, nella relazione annuale di cui al comma 13 dell'articolo 6, in relazione alle nuove dimensioni comunitarie e all'andamento del mercato pubblicitario, le necessarie ed opportune modificazioni alla suddetta normativa. Il Governo provvede alle conseguenti iniziative legislative." e all'articolo 15, comma 6, limitatamente alle parole: "con la concessionaria pubblica"; nonché il decreto legge 19 ottobre 1992, n. 408, recante "Disposizioni urgenti in materia di pubblicità radio televisiva", convertito il legge, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 1992, n. 483, limitata mente all'articolo 2, comma 1, limitatamente alle parole: "e l'articolo 8, comma 6, della legge 6 agosto 1990, n. 223"?".
Con ordinanza 30 novembre 1994, depositata il 1° dicembre dello stesso anno, l'Ufficio Centrale per il referendum, verificata la regolarità delle sottoscrizioni delle richieste referendarie nonché il raggiungimento ed il superamento del richiesto numero minimo di 500.000 firme valide, ha dichiarato - a norma dell'ultimo comma dell'art. 32 della legge n. 352 del 1970 - la legittimità di detta richiesta. Peraltro, l'Ufficio Centrale ha accolto la richiesta dei promotori di integrare la formulazione del quesito con l'inserimento dell'art. 24, comma 2, della legge n. 223 del 1990, omesso nella formulazione originaria per semplice dimenticanza; la richiesta di rimediare a detta omissione è stata fatta al fine di rendere coincidente la chiara volontà referendaria con la formulazione espressa dal quesito abrogativo. L'Ufficio Centrale ha motivato l'integrazione, affermando che l'omissione configura una "mera irregolarità formale", da intendersi poi sanata con la memoria presentata dai promotori, in cui si riformula all'uopo il quesito.
Pertanto il quesito sulla cui ammissibilità deve ora pronunciarsi la Corte è il seguente:
"Volete voi che sia abrogata la legge 14 aprile 1975, n. 103, recante "Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva" limitatamente a:
articolo 4, comma 1, limitatamente alle parole: "formula indirizzi generali relativamente ai messaggi pubblicitari, allo scopo di assicurare la tu tela del consumatore e la compatibilità delle esigenze delle attività produttive con la finalità di pubblico interesse e le responsabilità del servizio pubblico radiotelevisivo;"
articolo 15, comma 1, limitatamente alle parole: "nonché con i proventi derivanti dalla pubblicità radiofonica e televisiva";
il decreto-legge 6 dicembre 1984, n. 807, recante "Disposizioni urgenti in materia di trasmissioni radiotelevisive", convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 4 febbraio 1985, n. 10, limitatamente a:
articolo 3-bis, comma 2: "La commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, contestualmente alla determinazione del limite massimo degli introiti pubblicitari di cui all'articolo 21 della legge 14 aprile 1975, n. 103, fissa per la concessionaria la quota percentuale massima di messaggi pubblicitari per ciascuna ora di effettiva trasmissione";
la legge 6 agosto 1990, n. 223 recante "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato", limitatamente a:
articolo 8, comma 6: "La trasmissione dei messaggi pubblicitari da parte della concessionaria pubblica non può eccedere il 4 per cento dell'orario setti manale di programmazione ed il 12 per cento di ogni ora; un'eventuale eccedenza, comunque non superiore al 2 per cento nel corso di un'ora, deve essere recuperata nell'ora antecedente o successiva"; comma 10, limitatamente alle parole: "e la concessionaria pubblica"; comma 15, limitatamente alle parole: "sia per la concessionaria pubblica sia"; comma 16: "Entro il 30 giugno di ciascun anno il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni, di con certo con il Ministro delle partecipazioni statali e sentiti il Garante e il Consiglio dei ministri, stabilisce il limite massimo degli introiti pubblicitari quale fonte accessoria di proventi che la concessionaria pubblica potrà conseguire nell'anno successivo. Tale limite viene fissato applicando a quello stabilito per l'anno precedente la variazione percentuale prevista per il gettito pubblicitario radiotelevisivo per l'anno in corso. Ove il gettito pubblicitario previsto si discosti da quel lo effettivo, il limite massimo degli introiti pubblicitari per l'anno successivo terrà conto dell'aumento o della diminuzione verificatasi"; comma 17: "Le disposizioni di cui ai commi 6 e 16 del presente articolo e la normativa di cui alla legge 14 aprile 1975, n. 103, articolo 15, hanno validità sino al 31 dicembre 1992. In tempo utile il Garante propone, nella relazione annuale di cui al comma 13 dell'articolo 6, in relazione alle nuove dimensioni comunitarie e all'andamento del mercato pubblicitario, le necessarie ed opportune modificazioni della suddetta normativa. Il Governo provvede alle conseguenti iniziative legislative";
articolo 15, comma 6, limitatamente alle parole: "con la concessionaria pubblica";
articolo 24, comma 2: "Le imprese concessionarie di pubblicità che si trovino in situazioni di controllo o collegamento con la concessionaria pubblica possono raccogliere pubblicità anche per tre reti radiofoniche della concessionaria stessa";
il decreto-legge 19 ottobre 1992, n. 408 recante "Disposizioni urgenti in materia di pubblicità radiotelevisiva", convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 1992, n. 483, limitatamente a:
articolo 2, comma 1, limitatamente alle parole: "e l'articolo 8, comma 6, della legge 6 agosto 1990, n. 223"?".
2.- L'Ufficio Centrale per il referendum ha, invece, respinto - con l'ordinanza sopra citata e con una successiva del 9 dicembre 1994 - la richiesta dei promotori di estendere il quesito all'art. 10, terzo comma, del decreto-legge 28 ottobre 1994, n. 602, sopravvenuto alla presentazione del quesito stesso. L'Ufficio Centrale ha ribadito, in proposi to, la propria giurisprudenza in base alla quale non può tenere conto di decreti-legge non ancora convertiti, stante il loro carattere di "provvedi menti provvisori" a norma dell'art. 77 Cost. e stante la possibilità di una loro mancata conversione in legge.
3.- Ricevuta la comunicazione dell'ordinanza dell'Ufficio Centrale, il Presidente di questa Corte ha fissato il giorno 9 gennaio 1995 per la con seguente deliberazione, dandone regolare comunicazione.
4.- In data 31 dicembre 1994, i promotori del referendum, rappresentati e difesi dall'Avv. Claudio Chiola hanno presentato memoria nel giudizio di ammissibilità del referendum.
In primo luogo, i promotori sottolineano che lo scopo della proposta abrogativa è quello di "eliminare la pubblicità televisiva e radiofonica dalle reti della concessionaria pubblica al fine di ricondurre il servizio pubblico radiotelevisivo nel suo alveo naturale depurandolo da ogni condiziona mento derivante dalla pubblicità commerciale".
In secondo luogo, la memoria si sofferma sulla "assoluta omogeneità-completezza" del quesito, rilevando che tutte le disposizioni in tema di pubblicità sulle reti della concessionaria pubblica sono state coinvolte per evitare ogni censura di incompletezza-incoerenza.
L'obiettivo referendario di eliminare la pubblicità quale fonte di finanziamento delle concessionarie pubbliche sarebbe desumibile, particolarmente, dall'art. 15 della legge n. 103 del 1975 che disciplina il fabbisogno finanziario per la gestione del servizio pubblico, affermando che questo è coperto, con i proventi della pubblicità commerciale, oltre che con i canoni di abbonamento e con altre entrate previste dalla legge.
L'amputazione" nell'art. 15 dell'entrata derivante dalla pubblicità costituirebbe il "principio abrogativo", lo scopo perseguito dal referendum.
La memoria si sofferma, quindi, sulla vigenza dell'art. 15 della legge n. 103 del 1975, che, in virtù di altre disposizioni, assoggettate anche esse al quesito referendario (artt. 8, diciassettesimo comma, legge n. 223 del 1990 e 2, decreto-legge n. 408 del 1992, convertito in legge n. 483 del 1992) è stata mantenuta sino alla data del 31 dicembre 1993.
In proposito, si rileva che la disposizione di cui al citato art. 15 era in vigore ed efficace al momento del deposito del quesito e che la dichiarazione temporale di efficacia non assoluta, in quanto l'art. 8, comma 17, legge n. 223 del 1990, pone in relazione la decadenza della vecchia disciplina della pubblicità sulle reti pubbliche con la entrata in vigore della nuova.
Nonostante lo scadere del termine temporale di efficacia dell'art. 15, i promotori hanno ritenuto opportuno e necessario che il quesito coinvolgesse la parte di tale articolo che fa riferimento ai "proventi finanziari derivanti dalla pubblicità radiofonica e televisiva", poiché dall'abrogazione di questa frase si ritiene che derivi la preclusione di una reviviscenza dell'utilizzazione della pubblicità commerciale come fonte di finanziamento per la concessionaria pubblica.
I promotori negano, poi, che nell'interpretare il quesito si possa ritenere che dall'abrogazione di norme che contengono limiti alla pubblicità derivi l'effetto di una liberalizzazione "pubblicitaria" dell'emittente pubblica.
Secondo i promotori, la concessionaria pubblica necessita di una previa, specifica autorizzazione da parte del concedente o direttamente dal legislatore. La veste formale di S.p.A. non costituisce titolo sufficiente per attribuire alla RAI il godi mento di poteri imprenditoriali e più latamente di iniziativa economica ex art. 41 Cost., che sono in vece prerogative inalienabili delle società commerciali di diritto comune. Ci sarebbe dimostrato, da un lato, dal fatto che dalla peculiare posizione che ha la RAI nell'ordinamento dipende l'impossibilità di privatizzarla, a differenza delle altre società in partecipazione dell'IRI. Dall'altro che, in base alla convenzione con lo Stato (art. 5, d.P.R. 28 marzo 1994), l'assunzione di attività commerciali ed industriali non può essere effettuata dalla RAI senza l'autorizzazione del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni di concerto con il Ministro del tesoro.
5.- Ad integrazione della difesa scritta, nella camera di consiglio del 9 gennaio 1995 è stato udito, per i promotori del referendum, l'avv. Claudio Chiola che ha insistito per l'ammissibilità del referendum.
Considerato in diritto
1.- Deve essere esaminata la sussistenza dei requisiti per l'ammissibilità della richiesta del referendum abrogativo in oggetto, dichiarata legittima dall'Ufficio Centrale per il referendum presso la Corte di cassazione, con ordinanza del 30 novembre (1° dicembre) 1994. A tal fine, questa Corte deve verificare se la richiesta stessa non incontri i limiti previsti dall'art. 75, secondo comma, Cost. o quelli desumibili da un esame logico-sistematico della Costituzione stessa, secondo la propria costante giurisprudenza a far corso dalla sentenza n. 16 del 1978.
La richiesta in esame investe varie disposizioni legislative che, nel tempo, hanno concorso a disciplinare i messaggi pubblicitari sulle reti radiofoniche e televisive della concessionaria pubblica.
In particolare, nel quesito, come dichiarato legittimo dall'Ufficio Centrale per il referendum, sono ricomprese le disposizioni concernenti:
1) la funzione dei proventi pubblicitari di concorrere al fabbisogno finanziario per una efficiente ed economica gestione del servizio pubblico (art. 15, legge 14 aprile 1975, n. 103);
2) le funzioni di indirizzo della Commissione par lamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, in ordine ai messaggi pubblicitari (art. 4, primo comma, legge n. 103 del 1975);
3) le limitazioni orarie delle trasmissioni dei messaggi pubblicitari (art. 3 bis, secondo comma, decreto-legge 6 dicembre 1984, n. 807, convertito con modificazioni dalla legge 4 febbraio 1985, n. 10, art. 8, sesto comma, legge 6 agosto 1990, n. 223);
4) le modalità di trasmissione dei messaggi pubblicitari (art. 8, decimo comma, legge n. 223 del 1990);
5) i poteri del garante in ordine alla regolamentazione delle sponsorizzazioni (art. 8, quindicesimo comma, legge n. 223 del 1990);
6) il limite massimo degli introiti pubblicitari (art. 8, sedicesimo comma, legge n. 223 del 1990);
7) la vigenza delle disposizioni di cui ai citati artt. 15, primo comma, della legge n. 103 del 1975 e 8, sesto comma della legge n. 223 del 1990 (art. 8, diciassettesimo comma, della legge n. 223 del 1990; art. 2, primo comma, decreto-legge 19 ottobre 1992, n. 408, convertito con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 1992, n. 483);
8) gli oneri delle imprese concessionarie di pubblicità (art. 15, sesto comma, legge n. 223 del 1990);
9) la raccolta pubblicitaria per le reti radiofoniche (art. 24, secondo comma, legge n. 223 del 1990).
2.- La richiesta pone non pochi problemi circa il perdurare della vigenza di alcune norme che ne so no oggetto. Problemi che, come esposto in narrati va, sono segnalati dalla stessa memoria dei presentatori del referendum, ma che non sono stati presi in esame nelle citate ordinanze dell'Ufficio Centrale per il referendum.
D'altro canto, va rilevato che è stata effettuata l'estensione del quesito ad una disposizione non sottoposta a sottoscrizione da parte degli elettori ai sensi dell'art. 75 Cost. (l'art. 24, secondo comma, della legge 6 agosto 1990, n. 223) con l'espresso fine di rendere pi chiara la richiesta referendaria. Tale valutazione dell'Ufficio Centra le non può considerarsi - ai fini del giudizio sulla chiarezza del quesito - una indicazione vincolante per questa Corte, alla quale, in forza del disposto di cui all'art. 2, primo comma, della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, spetta, in via esclusiva, la funzione di giudicare sulla ammissibilità delle richieste di referendum abrogativo, e, pertanto, di valutare se dette richieste posseggano i requisiti imposti dal dettato costituzionale e quindi, come nella specie, possano considerarsi "chiare" ai fini della loro ammissibilità.
3.- La richiesta di referendum abrogativo è inammissibile, in quanto non appare univocamente diretta al fine, propugnato dai promotori, di impedire che le reti della concessionaria pubblica trasmettano messaggi pubblicitari.
Invero, deve essere disattesa l'interpretazione - prospettata dai promotori - che configura l'art. 15 della legge n. 103 del 1975 come espressivo della norma che costituisce il fondamento della possibilità di raccolta e di trasmissione di pubblicità commerciale.
Al contrario, tale disposizione si limita ad individuare la finalità dei proventi pubblicitari che è quella di concorrere al fabbisogno finanziario del la concessionaria pubblica, assieme ai canoni di abbonamento ed alle altre entrate previste dalla legge.
L'intento, sotteso alla iniziativa referendaria, ha un carattere propositivo, volto ad introdurre un divieto assoluto di trasmissioni pubblicitarie: finalità che non può essere raggiunta con la pura e semplice ablazione dall'ordinamento della disposizione di cui all'art. 15 della legge n. 103 del 1975.
Nè a un tale intento può ritenersi utilmente finalizzata l'abrogazione delle altre disposizioni coinvolte dalla richiesta, che attengono alle modalità e ai limiti di trasmissione di messaggi pubblicitari nonché alla raccolta pubblicitaria: siffatta abrogazione potrebbe d'altronde essere intesa come provvedimento di liberalizzazione delle trasmissioni pubblicitarie, in contrasto con il programmato intento di impedire la pubblicità sulle reti della concessionaria pubblica.
D'altro canto, non assumono pregio le valutazioni dei promotori circa le peculiarità della natura giuridica della RAI, che vertono sull'integrale partecipazione pubblica al suo azionariato e sui poteri autorizzatori che, in base alla vigente convenzione con lo Stato (art. 5, d.P.R. 28 marzo 1994), sono imputati al Ministro delle poste e delle telecomunicazioni.
Da un lato, non appare sufficiente a far venire meno i poteri imprenditoriali e più latamente d'iniziativa economica ex art. 41 Cost. - ai quali la giurisprudenza di questa Corte ha riconnesso la pubblicità commerciale (sentenza n. 231 del 1985) - l'attuale proprietà pubblica delle azioni RAI e ciò, particolarmente, alla luce dell'attuale configurazione del ruolo e della natura giuridica della concessionaria pubblica. Peraltro, la proprietà pubblica delle azioni della RAI non costituisce un dato immodificabile, come è dimostrato anche dalla ammissibilità (dichiarata con sentenza emessa in pari data) del referendum abrogativo delle disposizioni che tale proprietà pubblica prevedono.
D'altro canto, ritenere che l'autorizzazione del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni a svolgere attività commerciali ed industriali sia costitutiva di poteri imprenditoriali configura una inaccettabile ricostruzione della funzione autorizzatoria, la quale invece non può che farsi rientrare, nel caso, fra le limitazioni che il terzo comma dell'art. 41 Cost. consente al fine di indirizzare e coordinare a fini sociali l'attività economica pubblica.
La discrasia fra il significato che assume la cancellazione delle disposizioni ricomprese nel quesito referendario ed i fini concretamente perseguiti dai promotori denota l'assoluta ambiguità della richiesta referendaria, che non consentirebbe all'elettorato di approvare o respingere con la dovuta consapevolezza la proposta di abrogazione (cfr., da ultimo, sentenze nn. 29, 34 e 36 del 1993). Pertanto, la richiesta di referendum abrogativo va dichiarata inammissibile.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione, nelle parti indicate in epigrafe, degli artt. 4, primo comma, e 15, primo comma, della legge 14 aprile 1975, n. 103 (Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva), 3 bis, secondo comma, decreto-legge 6 dicembre 1984, n. 807 (Disposizioni urgenti in mate ria di trasmissioni radiotelevisive), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 febbraio 1985, n. 10, 8, sesto, decimo, quindicesimo, sedicesimo e diciassettesimo comma, 15, sesto comma, e 24, secondo comma, della legge 6 agosto 1990, n. 223 (Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato), 2, primo comma, decreto-legge 19 ottobre 1992, n. 408 (Disposizioni urgenti in materia di pubblicità radiotelevisiva), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 1992, n. 483, richiesta dichiarata legittima con ordinanza del 30 novembre 1994 dall'Ufficio Centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11/01/95.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Ugo SPAGNOLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 12/01/95.