SENTENZA N. 340
ANNO 1994
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA Presidente
Prof. Gabriele PESCATORE
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
Avv. Massimo VARI
Dott. Cesare RUPERTO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 23, primo e secondo comma, della legge 31 maggio 1975, n. 191 (Nuove norme per il servi zio di leva), promosso con ordinanza emessa il 21 settembre 1993 dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia - sezione staccata di Brescia - sul ricorso proposto da Domenico Corbelli contro il Ministero della difesa ed altri, iscritta al n.723 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.51, prima serie speciale, dell'anno 1993.
Udito nella camera di consiglio del 27 aprile 1994 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.
Ritenuto in fatto
1. - Nel corso del giudizio promosso da Domenico Corbelli contro il Ministero della difesa, il Distretto militare di Brescia ed il Consiglio di leva di Brescia per ottenere l'annullamento del provvedimento con cui il Consiglio di leva aveva rigettato la sua istanza di dispensa dal servizio militare, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia - sezione staccata di Brescia - con ordinanza emessa il 21 settembre 1993 ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale dell'art. 23, primo comma, della legge 31 maggio 1975, n.191 (Nuove norme per il servizio di leva), denunciandone il contrasto con gli artt. 97, 3, 23, 52 e 31, primo comma, della Costituzione; ovvero, in via alternativa, dell'art. 23, secondo comma, della stessa legge, per violazione dei medesimi parametri costituzionali, nella parte in cui non menziona, tra le ipotesi in cui non è applicabile la disposizione del primo comma, anche quella di cui al numero 6) del primo comma dell'art.22, nel testo risultante dalla sostituzione operata dall'art. 3 della legge 11 agosto 1991, n. 269.
Il nuovo testo dell'art. 22, primo comma, numero 6), della legge n.191 del 1975 stabilisce che, in tempo di pace, hanno titolo per conseguire la dispensa dal servizio militare coloro che appartengono a famiglia di cui altri due figli abbiano prestato o prestino servizio militare. L'art. 23 della stessa legge dispone, al primo comma, che l'ammissione alla dispensa dalla ferma di leva, ai sensi dell'articolo precedente, è consentita solo quando nessun fratello vivente dell'iscritto, di età inferiore a quaranta anni, abbia fruito di riduzione o dispensa della ferma di leva; il secondo comma dell'art. 23 prevede come uniche eccezioni a questa restrizione della possibilità di dispensa i casi indicati ai numeri 7) e 8) del primo comma dell'art. 22.
Il giudice rimettente osserva che nella fattispecie sottoposta al suo esame l'istanza del ricorrente era stata respinta perchè, sebbene altri tre fratelli avessero prestato servizio militare, un quarto, di età inferiore a quaranta anni, aveva fruito di dispensa dalla ferma di leva. Ricorda inoltre che il nuovo testo dell'art. 22, primo comma, numero 6), non considera più rilevanti le necessità economiche della famiglia e prevede quale presupposto per ottenere la dispensa esclusivamente la circostanza di appartenere a famiglia di cui altri due figli abbiano prestato o prestino servizio militare. Secondo il Tribunale amministrativo sarebbe quindi radicalmente mutata l'ispirazione della legge, in quanto ora assumerebbe rilievo, agli effetti del conseguimento del beneficio, solo l'insieme delle prestazioni personali per servizio militare di leva dei membri di una famiglia. Sarebbe così venuta meno ogni giustificazione della permanenza nell'ordinamento della deroga alla concessione del beneficio dell'esonero contenuta nel primo comma dell'art. 23 della legge n. 191 del 1975, in correlazione con la nuova formulazione dell'art. 22, primo comma, numero 6), della stessa legge. Non sarebbe difatti rispondente al principio di ragionevolezza che una prestazione di servizio militare, ritenuta dallo stesso legislatore quantitativamente considerevole per una famiglia, possa essere vanificata nei suoi effetti per il solo fatto che un altro fratello vivente abbia già goduto dello stesso o di minore beneficio.
Ad avviso del giudice rimettente l'art. 23, primo comma, della legge n.191 del 1975 violerebbe diverse disposizioni della Costituzione: l'art.97, sotto il profilo della imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione, perchè pone una disciplina arbitraria in rapporto al fine che intende perseguire; l'art. 3, per la ingiustificata disparità di trattamento tra soggetti che, altrimenti, avrebbero titolo a richiedere la dispensa; l'art. 23, perchè il riferimento all'età del fratello già dispensato condurrebbe a discriminazioni non rispondenti al principio di ragionevolezza; l'art. 52, per la presenza di immotivate ed illogiche differenziazioni tra soggetti chiamati alla prestazione del servizio militare; infine, l'art. 31, primo comma, che impone la concessione di provvidenze a favore delle famiglie numerose.
Per gli stessi motivi e con riferimento ai medesimi parametri sarebbe incostituzionale, in via alternativa, l'art. 23, secondo comma, della legge n. 191 del 1975, nella parte in cui non comprende, tra i casi in cui non trova applicazione il primo comma della stessa disposizione, anche quello previsto dal numero 6) dell'art.22, primo comma, così come sostituito dall'art. 3 della legge n. 269 del 1991.
Considerato in diritto
1. Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia dubita della legittimità costituzionale delle norme concernenti il servizio di leva dettate dalla legge 31 maggio 1975, n. 191, che - essendo consentito in tempo di pace conseguire la dispensa dalla ferma ai giovani arruolati i quali appartengono a famiglia di cui altri due figli abbiano prestato o prestino servizio militare (art. 22, primo comma, n. 6) - escludono il beneficio quando un fratello vivente dell'iscritto, di età inferiore a quaranta anni, abbia fruito di riduzione o dispensa della ferma di leva, mentre il beneficio stesso permane senza questa limitazione in altri casi.
La questione viene prospettata per l'art. 23, primo comma, che stabilisce appunto come requisito per ottenere la dispensa anche il mancato godimento di analogo beneficio da parte di un fratello, e per l'art. 23, secondo comma, che, nell'escludere in alcuni casi l'applicazione della disposizione enunciata nel primo comma, non comprende tra essi anche quello considerato dal giudice rimettente.
Questa disciplina, ad avviso del Tribunale amministrativo, presenta profili di irrazionalità. L'esclusione dal beneficio quando un fratello dell'iscritto alle liste di leva abbia fruito di riduzione o dispensa della ferma si inseriva, nell'originaria formulazione dell'art. 22 della legge n. 191 del 1975, in un contesto che richiedeva, quale ulteriore requisito per godere della dispensa, che con la partenza alle armi dell'arruolato la famiglia venisse a perdere i mezzi di sussistenza. Essendo stato abrogato questo collegamento della dispensa con le necessità economiche della famiglia dall'art. 3 della legge 11 agosto 1991, n. 269, non si giustificherebbe più l'esclusione della dispensa quando un fratello abbia già goduto del beneficio.
Il giudice rimettente ritiene che la disciplina ora vigente sia in contrasto con la Costituzione e segnatamente: con l'art. 97, per la immotivata discriminazione tra soggetti astrattamente ammessi alla fruizione di un beneficio; con l'art. 3, oltre che per la già dedotta irrazionalità, per la disparità di trattamento tra coloro che avrebbero titolo per richiedere la dispensa; con gli artt. 23 e 52, per la immotivata ed illogica differenziazione tra soggetti chiamati ad una prestazione personale nell'interesse collettivo; con l'art. 31, primo comma, per la mancata considerazione delle esigenze delle famiglie numerose.
2.- Il quesito di legittimità costituzionale, enunciato formulando due questioni apparentemente prospettate come alternative, le quali coinvolgono il primo o il secondo comma dell'art. 23 della legge n. 191 del 1975, è in realtà sostanzialmente unico. La disciplina normativa della dispensa dalla ferma di leva richiede due requisiti: uno positivo, consistente nell'appartenere a famiglia di cui altri due figli abbiano adempiuto all'obbligo della leva; l'altro negativo, consistente nel non avere un fratello vivente, di età inferiore a quaranta anni, già goduto del beneficio. Il giudice rimettente pone in discussione quest'ultimo requisito e, mettendone in dubbio la legittimità costituzionale, chiede anzitutto una decisione più ampia, di caducazione della disposizione che lo prevede, nella sua portata generale, comprensiva di ogni caso di dispensa (art. 23, primo comma). Lo stesso giudice prospetta inoltre una soluzione più circoscritta e ristretta, che riguarda l'illegittimità del requisito negativo nel solo caso in cui il titolo per godere della dispensa sia l'avere due fratelli adempiuto all'obbligo di leva; propone quindi di limitare la portata dell'art. 23, primo comma, mediante l'inserimento anche di questo caso nella previsione dell'art. 23, secondo comma, che già esclude in altri casi l'applicazione della disposizione enunciata nel primo comma.
3.- La questione è fondata.
La legge n. 191 del 1975, nel suo testo originario, collegava il godimento del beneficio della dispensa alle immediate necessità economiche della famiglia che, con la partenza alle armi dell'arruolato, avrebbe perduto i mezzi di sussistenza. Era del tutto coerente con questo disegno prevedere che la dispensa fosse esclusa quando un fratello dell'iscritto alle liste di leva, vivente e di età inferiore a quaranta anni, avesse goduto del beneficio in modo da potere e dovere provvedere ai bisogni familiari.
Successivamente è stato abrogato, nel caso considerato, il riferimento alla necessità di assicurare i mezzi di sussistenza alla famiglia. La legge n. 269 del 1991, che amplia i casi di dispensa anche in considerazione delle sopravvenute minori esigenze quantitative della leva, ha limitato, con l'art. 3, le condizioni per ottenere la dispensa al solo requisito positivo dell'avere due fratelli già prestato servizio militare. La norma valuta quindi, oramai, esclusivamente il contributo che la comunità familiare, unitariamente considerata quale autonoma realtà sociale e giuridica, ha dato alla leva militare con le prestazioni personali dei suoi componenti. Ne risulta valorizzata la funzione che la dispensa assolve quale provvidenza che, in coerenza con un valore, un precetto ed un programma costituzionali, agevola le famiglie numerose (art. 31 della Costituzione).
In questa prospettiva - nuova e diversa, anche per i parametri di scrutinio, rispetto a quella esaminata in precedenza dalla Corte in altra questione, con riferimento allo stesso art. 23 della legge (ordinanza n. 423 del 1992) - è palesemente irrazionale che la dispensa, nel mutato contesto normativo, sia esclusa proprio quando più numerosa è la famiglia.
Difatti il titolo per conseguire la dispensa, avendo altri due fratelli prestato servizio militare, verrebbe meno se un altro fratello ha goduto del beneficio, quindi per il quarto figlio e per i successivi.
Tale esito, del tutto incoerente con il valore costituzionale tutelato, in ragione del sostegno da assicurare alle famiglie numerose, viene superato con il più ristretto degli interventi prospettati dal giudice rimettente, che comprende ed esaurisce la questione di legittimità costituzionale legata alla fattispecie sottoposta al suo esame.
L'esclusione, nel caso considerato, dell'applicabilità dell'art. 23, primo comma, viene ottenuta inserendo anche il richiamo del numero 6) dell'art. 22, primo comma, nel secondo comma dell'art.23, che indica i casi in cui non si applica la prima disposizione.
Ogni altro profilo rimane così assorbito.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 23, secondo comma, della legge 31 maggio 1975, n.191 (Nuove norme per il servizio di leva), nella parte in cui non prevede il numero 6) dell'art. 22, primo comma, tra le ipotesi in cui non è applicabile il primo comma dell'art.23 della stessa legge.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 luglio 1994.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Cesare MIRABELLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 22 Luglio 1994.