Ordinanza n.332 del 1994

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ORDINANZA N. 332

ANNO 1994

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA Presidente

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 41 bis, secondo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 e successive modificazioni (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esercizio delle misure privative e limitative della libertà), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 16 marzo 1993 dal Tribunale di sorveglianza di Lecce sui reclami riuniti proposti da Donatiello Giovanni ed altri, iscritta al n. 415 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.35, prima serie speciale, dell'anno 1993;

2) ordinanza emessa il 19 maggio 1993 dal Tribunale di sorveglianza di Milano sul reclamo proposto da Mellone Ferdinando, iscritta al n. 437 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell'anno 1993.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 gennaio 1994 il Giudice relatore Mauro Ferri.

Ritenuto che il Tribunale di sorveglianza di Lecce ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art.41 bis, secondo comma, della legge 26 luglio 1975 n. 354, e successive modificazioni, "nella parte in cui non prevede il controllo dell'autorità giudiziaria sui provvedimenti del Ministro di grazia e giustizia e dei suoi delegati che impongono restrizioni della libertà personale";

che ad avviso del giudice a quo, poichè la norma impugnata comporta un provvedimento di sospensione del normale trattamento penitenziario ad opera della pubblica amministrazione (Ministro di grazia e giustizia), e non prevede alcuna forma di reclamo o impugnazione in via giurisdizionale, detta disciplina contrasterebbe con le garanzie sancite dagli artt. 13 e 111 della Costituzione sulla riserva di giurisdizione in ordine alla restrizione della libertà personale e sulla possibilità di sindacato giurisdizionale sui detti provvedimenti;

che anche il Tribunale di sorveglianza di Milano dubita della legittimità della medesima norma in riferimento agli artt.3, 24, primo comma, e 113, primo e secondo comma, della Costituzione; e quindi, in sintesi: per la mancata previsione di tutela giurisdizionale avverso i provvedimenti di sospensione del trattamento penitenziario ordinario (in riferimento all'art.24 Cost.), per la ingiustificata disparità di trattamento in raffronto alla possibilità del reclamo giurisdizionale riconosciuta avverso i provvedimenti ministeriali che dispongono il regime di sorveglianza particolare, ai sensi dell'art. 14 ter dell'Ordinamento penitenziario (art. 3 Cost.), e, infine, per la mancanza di tutela giurisdizionale avverso provvedimenti della pubblica amministrazione (art.113 Cost.);

Considerato che i provvedimenti di rimessione investono la medesima norma di legge, e che pertanto i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi congiuntamente;

che questione sostanzialmente identica a quella sollevata dal Tribunale di sorveglianza di Milano è già stata esaminata e decisa con sentenza n.410 del 1993 di non fondatezza nei sensi di cui in motivazione;

che anche per quanto riguarda la questione sollevata dal Tribunale di sorveglianza di Lecce questa Corte, sia con la citata sentenza n. 410, sia con la precedente n. 349 del 1993, ha già avuto modo di esaminare la legittimità della norma sotto profili analoghi a quelli ora sollevati concludendo per la non fondatezza della questione sulla base di un'interpretazione aderente al dettato costituzionale;

che, in particolare, nella sentenza da ultimo citata questa Corte ha affermato che una corretta lettura della norma non consente l'adozione di provvedimenti suscettibili di incidere sul grado di libertà personale del detenuto, ma soltanto di adottare delle misure che già nella sostanza appartengono alla competenza di ciascuna amministrazione penitenziaria, e che, pur potendo comportare un maggiore o minore contenuto afflittivo per chi ad esse è assoggettato, non esulano dall'ambito delle modalità di esecuzione di un titolo di detenzione già adottato con le previste garanzie costituzionali;

che, inoltre, anche la possibilità di ottenere un sindacato giurisdizionale sulla legittimità di detti provvedimenti è stata esplicitamente affermata, in entrambe le citate decisioni, come "costituzionalmente necessaria ai sensi dell'art. 24 della Costituzione", con riconoscimento della competenza in capo alla medesima autorità giurisdizionale ordinaria cui è demandato il controllo sull'applicazione del regime di sorveglianza particolare disciplinato dagli artt. 14 bis e segg. dell'Ordinamento penitenziario (v. sent. n. 410 del 1993);

che le suddette argomentazioni valgono pienamente ad escludere ogni contrasto della norma, così interpretata, anche con l'art. 111 della Costituzione invocato dal Tribunale di sorveglianza di Lecce;

che pertanto entrambe le questioni devono essere dichiarate manifestamente infondate;

Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi, dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 41 bis, secondo comma, della legge 26 luglio 1975 n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esercizio delle misure privative e limitative della libertà) sollevata, con le ordinanze in epigrafe, dal Tribunale di sorveglianza di Lecce in riferimento agli artt. 13 e 111 della Costituzione, e dal Tribunale di sorveglianza di Milano in riferimento agli artt. 3, 24, primo comma, e 113, primo e secondo comma, della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 07/07/94.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Mauro FERRI, Redattore

Depositata in cancelleria il 22 Luglio 1994.