ORDINANZA N. 276
ANNO 1994
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Gabriele PESCATORE
Giudici
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
Avv. Massimo VARI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 32, terzo comma, del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni), promosso con ordinanza emessa il 16 dicembre 1993 dalla Corte di appello di Cagliari - Sezione per i minorenni - nel procedimento penale a carico di Eriu Enrico, iscritta al n. 98 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.12, prima serie speciale, dell'anno 1994.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio dell'8 giugno 1994 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.
Ritenuto che la Corte di appello di Cagliari - Sezione per i minorenni, dopo aver premesso in fatto che avverso una sentenza di condanna a pena sostituita pronunciata dal giudice della udienza preliminare è stato proposto appello del pubblico ministero, il quale ha fra l'altro lamentato l'illegittima applicazione della diminuente di cui all'art. 442 del codice di procedura penale in quanto non vi era stata alcuna richiesta di giudizio abbreviato da parte dell'imputato, rileva come la dedotta violazione dell'art.442 del codice di rito sarebbe "nella specie del tutto irrilevante", giacchè, afferma il rimettente, se è vero che il giudizio abbreviato non è stato richiesto dall'imputato, il giudice dell'udienza preliminare ben poteva pronunciare sentenza di condanna a norma dell'art. 32, secondo comma, del d.P.R.22 settembre 1988, n. 448;
che il pubblico ministero risulterebbe pertanto privo nel caso di specie di qualsiasi mezzo per impugnare nel merito la sentenza di primo grado, in quanto l'appello, sostiene il giudice a quo, deve ritenersi "escluso nell'ipotesi considerata in via generale, dagli artt.568- 443 1° comma lett. b) c.p.p.";
che alla stregua dei riferiti rilievi il rimettente solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 32, terzo comma, del d.P.R. n. 448 del 1988, come novellato dall'art. 46 del d.lgs. 14 gennaio 1991, n. 12, deducendone il contrasto con l'art. 3, lett. l), della legge-delega 16 febbraio 1987, n. 81, nella parte in cui non prevede la possibilità di proporre opposizione da parte del pubblico ministero;e che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o non fondata;
considerato che il rimettente muove dalla contraddittoria premessa di ritenere, da un lato, che il giudice di primo grado non poteva applicare la pena diminuita a norma dell'art.442 del codice di procedura penale perchè l'imputato non aveva richiesto il rito abbreviato e, quindi, il pubblico ministero non aveva prestato il consenso, e, dall'altro, di considerare paradossalmente operanti per lo stesso pubblico ministero i limiti all'appello sanciti dall'art. 443 dello stesso codice;
che un simile argomentare è frutto di evidente errore, giacchè in tanto possono ritenersi sussistenti i limiti all'appello di cui innanzi si è detto, in quanto il giudice di primo grado abbia ritualmente pronunciato sentenza in sede di giudizio abbreviato, non potendosi certo dubitare che tutte le parti siano legittimate a proporre impugnazione a norma dell'art. 593 del codice di rito per riformare una sentenza di condanna che ha solo "l'apparenza" di una pronuncia adottata all'esito di un rito che le parti non hanno prescelto;
che, d'altra parte, nulla impedisce di ritenere ammissibile il mezzo dell'appello anche nei con fronti delle sentenze di condanna di cui all'art. 32, secondo comma, del d.P.R. n.448 del 1988, che pure il giudice a quo evoca a "modello", giacché il pubblico ministero mantiene inalterato il suo generale potere di impugnazione stabilito dagli artt. 593 e 594 del codice di procedura penale;e che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile, essendo l'istituto della opposizione del tutto inconferente agli effetti della pronuncia che il giudice a quo è chiamato ad adottare.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 32, terzo comma, del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni), sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, dalla Corte di appello di Cagliari - Sezione per i minorenni, con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 giugno 1994.
Gabriele PESCATORE, Presidente
Giuliano VASSALLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 30/06/1994.