SENTENZA N. 269
ANNO 1994
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Gabriele PESCATORE
Giudici
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
Avv. Massimo VARI
Dott. Cesare RUPERTO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, secondo comma, della legge della Regione Liguria 5 marzo 1992, n. 7 (Inquadramento del personale regionale), promosso con ordinanza emessa il 28 gennaio 1993 dal Tribunale amministrativo regionale della Liguria sul ricorso proposto da Lodi Andrea ed altri contro la Regione Liguria, iscritta al n. 50 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 1994.
Visto l'atto di costituzione della Regione Liguria;
udito nell'udienza pubblica del 10 maggio 1994 il Giudice relatore Francesco Guizzi;
udito l'avv. Giovanni Bormioli per la Regione Liguria.
Ritenuto in fatto
Nel corso di un giudizio di ottemperanza, il Tribunale amministrativo regionale della Liguria ha sollevato, per contrasto con i principi contenuti negli articoli 24, 25, 97 e 113 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 2, della legge regionale n. 7 del 1992.
Il TAR della Liguria, pronunciandosi sul ricorso avanzato da alcuni dipendenti, aveva annullato, con la sent. 436 del 1987, la delibera della Giunta regionale recante l'approvazione della graduatoria del concorso svoltosi ai sensi dell'art. 27, comma 6, della legge regionale n. 44 del 1984 e, conseguentemente, l'inquadramento nella seconda qualifica dirigenziale dei primi cinquantuno dipendenti della predetta graduatoria. Gravata innanzi al Consiglio di Stato dai controinteressati e dalla Regione, la decisione era confermata dalla quarta sezione con sent. 1108 del 1990.
Lungi dal riesaminare la posizione dei dipendenti e dal predisporre diversi criteri per l'attribuzione del punteggio, con la nomina di una nuova commissione, la Regione dapprima confermava quanto in precedenza disposto con una nuova delibera (annullata dal Comitato regionale di controllo nel marzo 1992) e, poi, approvava la già citata legge n. 7 del 1992, ove, all'art. 1, comma 2, si stabiliva che < a seguito di provvedimenti giurisdizionali> a coloro i quali < abbiano perduto la titolarità> di un posto superiore veniva attribuita la qualifica corrispondente, anche in soprannumero, dalla data di inizio delle funzioni.
In applicazione di tale normativa, la Regione faceva sostanzialmente rivivere la deliberazione di cui alla legge regionale n.44 del 1984; ma in seguito a tale atto i ricorrenti notificavano formale diffida ad adempiere la sentenza, senza tuttavia ottenere alcuna risposta. Di qui, il successivo ricorso che ha dato origine al presente giudizio, volto a ottenere la nomina di un commissario ad acta per l'adempimento di entrambe le pronunce; e, di qui, la questione al nostro esame in riferimento ai già citati articoli della Costituzione per aver eluso la Regione (o addirittura violato) il precedente giudicato, così vanificando l'annullamento giurisdizionale degli atti compiuti dalla Regione. La previsione normativa avrebbe infatti dispiegato effetti paralizzanti rispetto alla sentenza n. 436 del 1987, tali da far venir meno, ope legis, ogni possibilità di adempimento.
La delibera applicativa della legge regionale n. 7 priverebbe i ricorrenti della facoltà d'un ulteriore sindacato di legittimità sull'atto di amministrazione attiva. Nel caso di specie, poi, il legislatore regionale si sarebbe appropriato illegittimamente di un potere sostanzialmente amministrativo, sottraendolo all'esecutivo dell'Ente ed esercitandolo con un atto formalmente legislativo e, quindi, non soggetto al sindacato giurisdizionale di legittimità riservato ai provvedimenti amministrativi.
E illegittimamente avrebbe privato i ricorrenti della possibilità d'un controllo giurisdizionale sugli atti (ove lesivi) conseguenti al giudicato.
Si è costituita in giudizio la Regione Liguria, eccependo l'inammissibilità con l'esplicito richiamo - trattandosi di questione analoga - alla sent. n. 371 del 1992 di questa Corte, la quale - valutando la legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge Regione Lazio n. 13 del 1991 - avrebbe chiarito che la posizione giuridica dei ricorrenti non sarebbe stata < incisa dalla norma impugnata>, in quanto questa si sarebbe < limitata a consolidare situazioni derivanti dalla procedura selettiva in contestazione, senza che ne derivi impedimento alcuno all'attività giurisdizionale in corso e senza precludere l'eventuale rinnovamento della graduatoria>.
In subordine la Regione Liguria ne ha sostenuto l'infondatezza, giacchè nessuna norma precluderebbe alle Regioni di prevedere il reinquadramento in qualifiche superiori nè di procedere a un ulteriore inquadramento con riguardo all'esercizio (di fatto) delle mansioni proprie della qualifica superiore già riconosciuta con atto formale.
E non avendo il giudice a quo dedotto la violazione dell'art. 117 della Costituzione ne risulterebbe, inoltre, una ulteriore inammissibilità, poichè la Corte non può ingerirsi nelle valutazioni di merito del legislatore regionale.
In prossimità dell'udienza, la difesa della Regione ha depositato una memoria, insistendo nella declaratoria di inammissibilità: vi sarebbe infatti identità piena con la sent. 371 del 1992, anche nelle considerazioni dei giudici a quibus (TAR del Lazio e TAR della Liguria). Di conseguenza, identico dovrebbe essere il giudizio di inammissibilità, poichè l'art. 1, comma 2, della legge in esame non inciderebbe sulla posizione giuridica dei ricorrenti, potendo essere utilmente collocati (anche in soprannumero) i cinquantuno dipendenti dichiarati soccombenti con la sentenza n. 436 del TAR della Liguria e la sentenza, confermativa, n. 1108 del Consiglio di Stato.
Considerato in diritto
Viene all'esame della Corte, per contrasto con i principi costituzionali contenuti negli artt. 24, 25, 97 e 113 della Costituzione, la questione di costituzionalità dell'art. 1, comma 2, della legge Regione Liguria 5 marzo 1992, n. 7 (Inquadramento del personale regionale), che ha previsto l'attribuzione della corrispondente qualifica a decorrere dalla data di inizio delle funzioni per quei dipendenti regionali risultati vincitori o idonei nella procedura selettiva per il conferimento della qualifica superiore, ma che a seguito di provvedimenti giudiziari ne abbiano perduto la titolarità.
2. Con la sentenza n. 371 del 1992, questa Corte ha già dichiarato inammissibile altra, sostanzialmente identica, questione di costituzionalità relativa alla norma contenuta nell'art. 25 della legge Regione Lazio dell'11 gennaio 1985, n. 6, la quale si è limitata a < consolidare> alcune situazioni derivanti da una < procedura selettiva>, i cui esiti erano stati contestati in sede giudiziaria.
In tal caso, infatti, la Corte ha precisato che la norma denunziata non rendeva intangibile la graduatoria conclusiva della selezione (ben potendo quella essere < annullata dal giudice amministrativo e rinnovata, in sede di ottemperanza, dall'amministrazione>).
3. Nella specie, l'ordine logico-giuridico insito nel sottolineato thema decidendum non differisce affatto da quello già chiarito con la detta sentenza n. 371 del 1992: unica variante del caso è la definitività dell'annullamento operato dal giudice amministrativo e l'attualizzazione della vertenza nell'ambito del giudizio di ottemperanza (non avendo l'amministrazione provveduto alla nuova selezione imposta dalla decisione, definitiva, dei giudici amministrativi). Nè la ratio decidendi può essere diversa, fondandosi del pari sulla < estraneità della norma sospettata rispetto al giudizio principale>: il che renderebbe la pronuncia di merito sulla sua costituzionalità inutiliter data rispetto al giudizio in essere avanti il giudice rimettente.
Tale estraneità della norma - va precisato - deriva non soltanto dalla sua non incidenza sulla graduatoria, ma anche dall'impossibilità che la stessa possa recare un qualsivoglia pregiudizio ai vincitori della nuova selezione compiuta, in via di spontaneo adempimento o in via di ottemperanza, dall'amministrazione regionale. A tal fine il meccanismo adottato dal comma 1 dell'articolo impugnato (collocamento anche soprannumerario dei dipendenti già selezionati con la procedura annullata) sterilizza ogni effetto ulteriore della norma di inquadramento, che è del tutto eccezionale.
Coloro che saranno ricollocati nella nuova graduatoria prenderanno, infatti, la nuova posizione, mentre coloro che erano invece rimasti esclusi potranno eventualmente occupare una posizione prioritaria rispetto ai non confermati (ma riconfermati per effetto della norma impugnata).
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 2, della legge Regione Liguria 5 marzo 1992, n. 7 (Inquadramento del personale regionale), sollevata, in relazione agli artt.24, 25, 97 e 113 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Liguria con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22/06/94.
Gabriele PESCATORE, Presidente
Francesco GUIZZI, Redattore
Depositata in cancelleria il 30/06/94.