Sentenza n.189 del 1994

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SENTENZA N. 189

 

ANNO 1994

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

Avv. Massimo VARI

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 513, primo e secondo comma, del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 23 agosto 1993 dal Pretore di Benevento nel procedimento civile vertente tra Viola Marinella e Muccillo Pasquale ed altro, iscritta al n.648 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1993.

 

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 23 marzo 1994 il Giudice relatore Renato Granata;

 

Ritenuto in fatto

 

In un giudizio di opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c.- promosso per far valere la nullità di un pignoramento eseguito su beni esistenti nella abitazione dell'opponente, ove il debitore era stato "rinvenuto" al momento dell'esecuzione, pur ivi non abitando nè avendo la sua residenza anagrafica - l'adito Pretore di Benevento ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 13 e 14 della Costituzione, ed ha perciò sollevato, con ordinanza del 23 agosto 1993, questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 513, primo e secondo comma, c.p.c. nella parte in cui - a suo avviso - consente che l'ufficiale giudiziario, senza provvedimento autorizzativo del Pretore, ed a sua discrezione, ricerchi le cose da pignorare fuori della residenza anagrafica del debitore, < < anche in luoghi in cui il debitore dimori soltanto temporaneamente ed ove altri ne siano proprietari o esercitino diritti reali o di godimento>>.

 

Secondo il Pretore rimettente, l'esercizio, in alcun modo limitato dalla legge, di siffatto potere di ricerca da parte dell'ufficiale giudiziario comporterebbe violazione della libertà domiciliare del terzo, estraneo al titolo esecutivo.

 

Nel giudizio innanzi a questa Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri per eccepire l'inammissibilità per irrilevanza e l'infondatezza della questione.

 

Considerato in diritto

 

1. Il Pretore di Benevento dubita della legittimità dell'art. 513, primo e secondo comma, c.p.c. < < nella parte in cui consente all'ufficiale giudiziario di ricercare le cose da pignorare anche in luoghi appartenenti a terzi, in cui il debitore non abbia residenza anagrafica ma solo temporanea dimora>>. E ne ipotizza il contrasto con gli artt. 13 e 14 della Costituzione.

 

2. L'Avvocatura ha eccepito l'inammissibilità per irrilevanza e, in subordine, l'infondatezza della questione.

 

3. Preliminarmente osserva la Corte che, come emerge dalla stessa ordinanza di rimessione, il giudizio a quo concerne un pignoramento eseguito dall'ufficiale giudiziario < < non ostante che>> il terzo, dichiaratosi titolare dell'abitazione e proprietario dei beni in essa esistenti, < < avesse dichiarato che (il debitore esecutato), pur ivi rinvenuto, non vi abitasse>>.

 

Il Pretore non ha affatto contestato la rispondenza al vero della circostanza così affermata dall'opponente, particolarmente in ordine al diniego che il debitore < < abitasse>> in quella casa. Deve quindi desumersene che egli abbia ritenuto l'art. 513 applicabile anche nella situazione di fatto come sopra rappresentata.

 

E ciò trova, del resto, conferma nella direzione impressa alla censura di costituzionalità, che investe proprio la presupposta equiparazione tra "temporanea dimora" e "casa del debitore", ai fini individuativi della relazione spaziale che legittima il pignoramento ex art. 513 cit.

 

3. Questi essendo i termini della questione devoluta all'esame della Corte, deve conseguentemente escludersene l'irrilevanza - come eccepita dall'Avvocatura - perchè, nell'interpretazione datane dall'autorità rimettente, la norma denunciata è, in tesi, puntualmente applicabile alla fattispecie sub iudice.

 

4. Peraltro, proprio la palese erroneità ed implausibilità di quella interpretazione conduce ad escludere la fondatezza della questione stessa.

 

Ed invero sulla nozione di "casa del debitore", dopo il superamento dell'iniziale e risalente indirizzo che intendeva come tale solo quella che formasse oggetto di un diretto reale o personale di godimento dell'esecutato, si è - con consolidata giurisprudenza condivisa da conforme dottrina - reiteratamente affermato che pur se l'ufficiale giudiziario può ricercare le cose da pignorare anche nella casa in cui abita l'esecutato che non sia proprietario o locatario dell'immobile, tuttavia a tal fine sempre comunque si richiede un connotato di "abitualità e di tendenziale stabilità" della così valorizzata relazione fattuale tra il debitore ed il luogo di ubicazione delle cose da pignorare.

 

Per cui è insufficiente, per l'identificazione del luogo materiale in cui l'ufficiale giudiziario può legittimamente procedere alla apprensione esecutiva, un rapporto meramente precario, come quello appunto che nasce da una semplice relazione di temporanea dimora, per ragioni di ospitalità od altre analoghe.

 

Questa interpretazione dell'art. 513 c.p.c. che individua, sul punto, senza incertezze il diritto vivente non viene del resto neppure indirettamente criticata dal giudice a quo, che si limita semplicemente ad ignorarla.

 

La questione sollevata si innesta così su una premessa esegetica assolutamente arbitraria che la vizia in radice: e ciò ne impone la declaratoria di non fondatezza.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 513, primo e secondo comma, del codice di procedura civile sollevata, in riferimento agli artt. 13 e 14 della Costituzione, dal Pretore di Benevento con l'ordinanza in epigrafe.

 

Così deciso in Roma nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 maggio 1994.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Renato GRANATA, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 19/05/1994.