ORDINANZA N. 174
ANNO 1994
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
Avv. Massimo VARI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 102, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), promosso con ordinanza emessa il 7 settembre 1993 dal Magistrato di sorveglianza presso il Tribunale di Nuoro nel procedimento di sorveglianza nei confronti di Garzon Castaneda Libardo, iscritta al n. 681 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell'anno 1993.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 23 marzo 1994 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.
Ritenuto che il Magistrato di sorveglianza presso il Tribunale di Nuoro, chiamato a decidere, a norma dell'art. 102, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, relativamente alla conversione della pena pecuniaria della multa di lire 24 milioni ad un cittadino extra comunitario, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, questione di legittimità di detta disposizione della legge n. 689 del 1981 "nella parte in cui prevede un'unica modalità di conversione delle pene pecuniarie non eseguite per insolvibilità del condannato a prescindere dalla sussistenza o meno del presupposto della residenza in Italia";
che, in punto di rilevanza, il giudice a quo osserva che, nel caso concreto, l'interessato dovrà espiare la sola pena detentiva - per giunta, probabilmente, non nella sua totalità, risultando dagli atti la sua volontà di essere espulso dal territorio dello Stato a norma dell'art. 7 commi 12-bis, ter e quater, quinquies, e sexies, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, introdotti dal decreto-legge 14 giugno 1993, n.187, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 agosto 1993, n. 296 - non rendendosi materialmente possibile l'applicazione della libertà controllata, per l'espulsione all'atto della scarcerazione ovvero perchè, "trattandosi di persona senza fissa dimora nei confronti della quale non si può individuare un legame territoriale", non possono essere applicate nei suoi confronti le prescrizioni inerenti alla libertà controllata;
che, in punto di non manifesta infondatezza, il Magistrato di sorveglianza ravvisa una disparità di trattamento fra il condannato residente in Italia, nei cui confronti è comunque applicabile la sanzione sostitutiva derivante dalla conversione, e il condannato che non ha legami territoriali con l'Italia, il quale, in relazione a un identico reato, non espierà una parte di pena prevista dalla legge;
che, sempre quanto alla non manifesta infondatezza, il Magistrato di sorveglianza ravvisa anche una lesione dell'art. 27 della Costituzione, sotto il profilo della "fuga dalla sanzione penale", con conseguente impossibilità della pena di adempiere la sua funzione rieducativa, anche sul piano sostanziale, impedendosi al legislatore di prevedere già in partenza le tipologie sanzionatorie adatte ad agevolare una esecuzione personalizzata che consenta il raggiungimento delle finalità di prevenzione generale e speciale";
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o, comunque, infondata;
considerato che le censure sono state proposte in via del tutto astratta ed ipotetica sul presupposto della espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, provvedimento non ancora adottato dal giudice dell'esecuzione a norma dell'art. 7, comma 12-ter, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, introdotto dall'art. 8 del decreto-legge 14 giugno 1993, n. 187, convertito dalla legge 12 agosto, 1993, n.296;
che, inoltre, anche una volta che sia stata disposta, l'espulsione produce, per effetto dell'art. 7, comma 12-quater, del citato decreto-legge, la sospensione della pena, e dunque anche della pena pecuniaria convertita à sensi di legge;
che, dunque, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile per l'assenza del necessario requisito della rilevanza.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 102, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, dal Magistrato di sorveglianza presso il Tribunale di Nuoro con ordinanza del 7 settembre 1993.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Giuliano VASSALLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 05/05/1994.