SENTENZA N. 154
ANNO 1994
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Avv. Massimo VARI
Dott. Cesare RUPERTO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, lettera a), 8, secondo comma, e 21, secondo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319 (Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento), promosso con ordinanza emessa il 16 aprile 1992 dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria sul ricorso proposto dal Comune di Genova contro la Provincia di Genova ed altra, iscritta al n. 579 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1993.
Visto l'atto di costituzione del Comune di Genova;
udito nell'udienza pubblica del 22 febbraio 1994 il Giudice relatore Massimo Vari;
udito l'avvocato Pasquale Germani per il Comune di Genova.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza del 16 aprile 1992, il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, lettera a); 8, secondo comma, e 21, secondo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319.
Secondo il Giudice remittente le dette norme, prevedendo, in materia di tutela delle acque dall'inquinamento, una stessa disciplina tanto per i privati che per i comuni che assumono la titolarità di scarichi, quali le pubbliche fognature, costituenti un servizio pubblico che non può essere interrotto, si porrebbero in contrasto, per la loro irragionevolezza, con l'art. 3 della Costituzione, e, per la loro inidoneità ad assicurare l'ordinato esplicarsi dell'operato della pubblica amministrazione, con l'art. 97 della Costituzione.
2.- Nel giudizio di fronte alla Corte si è costituito il Comune di Genova, sostenendo la fondatezza della questione come prospettata nell'ordinanza di rimessione.
3.- In prossimità dell'udienza la difesa del Comune di Genova ha presentato una ulteriore memoria nella quale, nel ribadire le argomentazioni già svolte, si rileva, tra l'altro, che, ove la Corte dovesse ritenere fondata la questione di legittimità costituzionale, si renderebbe inapplicabile, per evidente contrasto con i principi che hanno dato luogo al presente giudizio di legittimità costituzionale, anche la legge regionale 1° settembre 1982, n. 38, là dove prevede un termine per il completamento dei lavori di adeguamento degli scarichi fognari.
Ove la Corte dovesse, invece, ravvisare nella legge n.319 del 1976 una disciplina diversificata, in funzione delle diverse fattispecie obiettive, non si sottrarrebbe alla censura di incostituzionalità la normativa regionale, là dove impone l'osservanza di un termine perentorio per l'adeguamento degli scarichi.
Considerato in diritto
1.- La Corte è chiamata a decidere della legittimità costituzionale degli artt. 1, lettera a); 8, secondo comma, e 21, secondo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319, con la quale, per tutelare le acque dall'inquinamento, sono stati disciplinati gli scarichi pubblici e privati nelle acque stesse.
Secondo il giudice remittente, le norme in parola, prevedendo una stessa disciplina per l'adeguamento degli scarichi esistenti, tanto per i privati che per i comuni, relativamente alle pubbliche fognature, costituenti un pubblico servizio che non può essere interrotto, contrasterebbero con l'art. 3 della Costituzione, perchè disciplinano allo stesso modo situazioni nettamente diverse, nonchè con l'art. 97 della Costituzione, perchè non assicurano adeguatamente "l'ordinato esplicarsi dell'operato della pubblica amministrazione e lo stesso conseguimento dei fini propri della legge".
Vengono perciò denunciati: - l'art. 1, lettera a), della legge n. 319 del 1976, che include in un'unica disciplina gli scarichi privati e pubblici;
- l'art. 8, secondo comma, che prevede un termine massimo entro il quale debbono attuarsi i fini dei piani regionali di risanamento delle acque;
- l'art. 21, secondo comma, che comporta l'applicazione di sanzioni penali in misura non diversificata al soggetto pubblico come al privato.
2.- La questione è inammissibile.
Occorre, infatti, considerare che la Regione Liguria ha provveduto a dare applicazione ai principi della menzionata normativa statale, con legge regionale 1° settembre 1982, n. 38 (contenente la disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e degli insediamenti civili che non recapitano nelle pubbliche fognature) e successive modificazioni di cui alle leggi regionali 8 novembre 1983, n. 36 e 3 novembre 1986, n. 30.
In particolare, per gli scarichi delle pubbliche fognature e degli insediamenti esistenti, l'art. 23 della predetta legge regionale n. 38 del 1982 ha previsto l'adeguamento alle disposizioni di legge, sulla base di programmi da attuarsi previa autorizzazione dell'autorità competente al controllo, individuata, ai sensi dell'art. 6 della legge regionale, nell'Amministrazione provinciale, per quanto attiene agli scarichi delle pubbliche fognature con recapito in corsi d'acqua superficiali, nelle acque di transizione e nel mare territoriale.
Il quarto comma dell'art. 23 ha imposto l'attuazione dei programmi di adeguamento degli scarichi entro il termine del 31 maggio 1986 (poi prorogato dalla legge regionale n. 30 del 1986, al 31 maggio 1987).
Tanto premesso, occorre osservare che, come risulta dall'ordinanza di rimessione, innanzi al Tribunale amministrativo regionale della Liguria è in discussione la legittimità della delibera con la quale l'Amministrazione provinciale, preso atto che il programma di adeguamento degli scarichi delle pubbliche fognature esistenti nel Comune di Genova non è stato autorizzato prima della scadenza del regime transitorio stabilito dall'art. 23 della legge regionale n. 38 del 1982 e successive modificazioni, ha diffidato il Comune stesso a presentare istanza di autorizzazione per i singoli scarichi ai sensi dell'art. 4 della medesima legge.
Poichè le norme di quest'ultima non sono fra quelle delle quali l'ordinanza del giudice a quo richiede che venga vagliata la conformità a Costituzione, ne consegue che una pronunzia di questa Corte, anche se, in ipotesi, caducatoria della normativa statale, non investirebbe, facendola venir meno, la normativa regionale contenuta nella legge n.38 del 1982, ai sensi della quale risulta assunto il provvedimento amministrativo oggetto del giudizio stesso. Donde, conclusivamente, l'inammissibilità, per irrilevanza ai fini del decidere, della questione così come prospettata nell'ordinanza di rimessione. A ciò va aggiunto un ulteriore motivo di irrilevanza, e quindi di inammissibilità relativamente ad una delle norme denunciate e cioè l'art. 21, secondo comma, della legge n. 319 del 1976, che, essendo norma incriminatrice volta a sanzionare penalmente comportamenti in contrasto con la legge, non rientra, comunque, fra quelle che il giudice amministrativo remittente si trova a dover applicare nella fattispecie portata al suo esame.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, lettera a); 8, secondo comma, e 21, secondo comma, della legge 10 maggio 1976, n.319 (Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Liguria, con l'ordinanza di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/04/94.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Massimo VARI, Redattore
Depositata in cancelleria il 21/04/94.