SENTENZA N. 148
ANNO 1994
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Prof. Gabriele PESCATORE
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
Avv. Massimo VARI
Dott. Cesare RUPERTO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 20, lettera c), e 22, ultimo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), promosso con ordinanza emessa il 29 maggio 1993 dal Pretore di Mantova, nel procedimento penale a carico di Federici Antonio ed altri, iscritta al n. 602 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1993.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 25 gennaio 1994 il Giudice relatore Massimo Vari.
Ritenuto in fatto
1.- Nel corso di un procedimento penale a carico di alcune persone imputate del reato di lottizzazione abusiva negoziale ai sensi degli artt. 18 e 20, lettera c), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, per avere predisposto, attraverso il frazionamento e la vendita in lotti destinati a scopo edificatorio, una trasformazione edilizia ed urbanistica di alcuni terreni in assenza di autorizzazione, il Pretore di Mantova, con ordinanza del 29 maggio 1993, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art.3 della Costituzione, degli artt. 20, lettera c), e 22, ultimo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, nella parte in cui non prevedono che il rilascio di successiva autorizzazione, per la constatata conformità della lottizzazione stessa alle prescrizioni di legge e agli strumenti urbanistici, estingua il relativo reato contravvenzionale, così come avviene per il reato di esecuzione di opere senza concessione previsto alla lettera b) della medesima norma incriminatrice.
Quanto alla rilevanza della questione, osserva il Pretore che, nel caso di specie, l'autorizzazione non richiesta nè data al momento del frazionamento, era stata invece rilasciata successivamente, nella conformità della lottizzazione stessa agli strumenti urbanistici.
In ordine alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo osserva che l'interesse protetto dalla legge n. 47 del 1985 non è più astratto o formale, ma sostanziale, essendo costituito dalla conformità agli strumenti urbanistici delle opere edilizie. Conseguentemente è mutata anche la natura del reato di cui all'art.20, lettere b) e c), della legge n. 47 del 1985, reato che è divenuto illecito sostanziale, da illecito di natura formale quale era nell'abrogato art. 17, lettera b), della legge n. 10 del 1977, ai sensi del quale aveva rilievo esclusivamente la circostanza che, per le opere, non fosse stata rilasciata la concessione e, per le lottizzazioni, l'autorizzazione, a prescindere dalla conformità agli strumenti urbanistici.
Orbene, il fatto che l'art. 22 della legge n. 47 del 1985 preveda l'estinzione del reato solo a seguito del rilascio di concessione per le opere eseguite crea una ingiustificata ed irrazionale disparità di trattamento, poichè disciplina condotte analoghe, integranti una stessa fattispecie di reato, in modo differente. E la disparità appare tanto più grave considerando che, alla sentenza definitiva, che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva, consegue la confisca obbligatoria dei terreni e delle opere ai sensi dell'art. 19 della legge n. 47 del 1985.
2.- Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.
Considerato in diritto
1.- La Corte è chiamata a decidere della legittimità costituzionale degli artt. 20, lettera c) (rectius: art. 20, primo comma, lettera c) e 22, ultimo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, nella parte in cui non prevedono che, anche per la lottizzazione abusiva negoziale, il rilascio di successiva autorizzazione, nella constatata conformità della lottizzazione stessa alle prescrizioni di legge ed agli strumenti urbanistici, estingua il relativo reato contravvenzionale.
Secondo il giudice a quo, la norma contrasterebbe con l'art. 3 della Costituzione, per l'ingiustificata ed irrazionale disparità di trattamento fra la detta ipotesi e quella della esecuzione di opere senza concessione, poichè condotte analoghe, integranti una medesima fattispecie di reato e che ledono il medesimo interesse giuridico sostanziale, vengono ad essere trattate in modo differente.
2.- La questione non è fondata.
Le due ipotesi contravvenzionali poste a raffronto dal giudice remittente sono previste e sanzionate dal primo comma dell'art. 20 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, che dispone, alla lettera b), l'arresto fino a due anni e l'ammenda da lire 10 milioni a lire 100 milioni, per l'esecuzione di lavori in totale difformità o assenza della concessione o di prosecuzione degli stessi nonostante l'ordine di sospensione; e, alla lettera c), l'arresto fino a due anni nonchè l'ammenda da lire 30 milioni a lire 100 milioni, per le lottizzazioni abusive di terreni a scopo edilizio, come previsto dal primo comma dell'art. 18 della medesima legge.
Dal canto suo, il successivo art. 22 prevede, al terzo comma, che il rilascio in sanatoria delle concessioni estingua i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti.
3.- Tanto premesso, la Corte ritiene che il differente regime penalistico delle due fattispecie poste a raffronto dal giudice a quo, delle quali una soltanto prevede l'ammissibilità della sanatoria, si fonda su peculiarità di fatto in ordine alle situazioni apprezzate dal legislatore che, lungi dall'essere determinate dalle norme denunziate, attengono all'entità degli interessi urbanistici compromessi nei due casi.
Prescindendo dalla fondatezza o meno dei rilievi svolti dall'ordinanza di rimessione circa la natura dei reati di cui trattasi, come pure circa la qualificazione dell'interesse sottostante alle corrispondenti figure criminose, non è dato disconoscere che la lottizzazione abusiva sia una forma di intervento sul territorio ben più incisiva, per ampiezza e vastità, di quanto non sia la costruzione realizzata in difformità o in assenza di concessione, con compromissione molto più grave, nel primo caso, della programmazione edificatoria del territorio stesso.
Si comprende, pertanto, che il legislatore, il quale, come più volte affermato da questa Corte, gode di ampia discrezionalità nello stabilire comportamenti costituenti reato e nel fissare le relative sanzioni, abbia voluto riservare alle due fattispecie un diverso trattamento anche dal punto di vista delle cause di estinzione del reato.
4.- Nè a positivo scrutinio della questione può condurre la considerazione della circostanza che, in casi quale quello all'esame del giudice remittente, la constatata conformità della lottizzazione agli strumenti urbanistici possa mettere capo, in ipotesi, ad una autorizzazione rilasciata successivamente all'avvenuta lottizzazione.
Anche se si volesse prescindere dalle già evidenziate peculiarità delle due situazioni poste a raffronto, vi è, infatti, da considerare che il rilascio della concessione in sanatoria, al quale si è riferita l'ordinanza per evidenziare la denunciata disparità di trattamento, opera nell'ambito di uno schema procedimentale, delineato nell'art. 13 della stessa legge 26 febbraio 1985, n. 47, con previsione di interventi, adempimenti e termini, che appaiono specificamente modellati sulla fattispecie della costruzione priva di concessione.
Di qui l'impossibilità di una mera trasposizione di un siffatto schema procedimentale all'ipotesi della lottizzazione abusiva, per la quale occorrerebbero, pertanto, soluzioni normative che mai potrebbero essere apprestate in questa sede, implicando, fermo quanto dedotto in ordine alla non comparabilità delle situazioni, scelte di modi, condizioni e termini che non spetta alla Corte stabilire.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 20, primo comma, lettera c), e 22, ultimo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Pretore di Mantova, con l'ordinanza di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 aprile 1994.
FRANCESCO Paolo CASAVOLA, Presidente
Massimo VARI, Redattore
Depositata in cancelleria il 21/04/1994.