Sentenza n. 110 del 1994

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SENTENZA N. 110

ANNO 1994

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente

Prof. Gabriele PESCATORE

Giudici

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 11, lettera a), della legge regionale del Piemonte 3 aprile 1989, n. 20 (Norme in materia di beni culturali, ambientali e paesistici), promossi con due ordinanze del 5 giugno e del 16 ottobre 1992 emesse dal Pretore di Cuneo nei procedimenti penali a carico di Costantino Ferrero e Pietro Franco e di Lucia Bodino ed altri, rispettivamente iscritte ai nn. 656 del registro ordinanze 1992 e 2 del registro ordinanze 1993 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell'anno 1992 e n. 3, prima serie speciale, dell'anno 1993.

Visti gli atti di intervento della Regione Piemonte;

udito nella camera di consiglio del 23 febbraio 1994 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

 

Ritenuto in fatto

 

l. - Nel corso di un procedimento penale a carico di Costantino Ferrero e Pietro Franco - imputati dei reati previsti e puniti agli artt. 1-sexies del decreto-legge n. 312 del 1985, 20 della legge n. 47 del 1985 e 734 del codice penale in relazione all'art.7 della legge n. 1497 del 1939, per avere costruito un manufatto a distanza di circa 120 metri dalla sponda sinistra idrografica del torrente Gesso, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, senza la prescritta autorizzazione regionale - il Pretore di Cuneo, con ordinanza emessa il 5 giugno 1992, ha sollevato, in riferimento agli artt. 25 e 117 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, lettera a), della legge regionale del Piemonte 3 aprile 1989, n. 20 (Norme in materia di beni culturali, ambientali e paesistici).

Il Pretore osserva che, secondo l'art. 82, quinto comma, lettera c), del d.P.R. 24 luglio 1977, n.616, aggiunto dall'art. 1 del decreto-legge n. 312 del 1985, sono sottoposti al vincolo paesaggistico, previsto dalla legge n. 1497 del 1939, "i fiumi, i torrenti ed i corsi d'acqua iscritti negli elenchi di cui al testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piede degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna", mentre il successivo sesto comma, anch'esso aggiunto dall'art. 1 del decreto-legge n.312 del 1985, stabilisce che il vincolo paesaggistico ex lege non si estende alle zone urbane in senso stretto, anche se astrattamente rientranti nelle previsioni generali del quinto comma. Per zone urbane si devono intendere - oltre ai centri edificati perimetrati e alle zone non ancora edificate, ma destinate ad espansione edilizia, perchè comprese in un piano pluriennale di attuazione del piano regolatore generale - le zone A e B dei piani regolatori generali, la cui tipologia è stata definita con il decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968. In base a tale disposizione, la zona A comprende il centro storico; la zona B le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, purchè rispondenti a requisiti minimi di densità, fissati nello stesso decreto, dovendo la superficie coperta degli edifici esistenti non essere inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e la densità territoriale essere superiore ad 1,5 mc/mq.

Il giudice a quo ritiene che la norma di legge regionale impugnata estenda, in difformità rispetto alla disciplina statale, gli ambiti territoriali non sottoposti al vincolo paesaggistico, essendo ad esso sottratti, oltre alle zone A e B, anche le zone ad esse assimilate, e cioé i centri edificati, i nuclei minori, le aree sia residenziali che produttive a capacità insediativa esaurita o residua e quelle di completamento.

Il Pretore motiva la rilevanza della questione, osservando che la zona nella quale gli imputati hanno realizzato la costruzione è qualificata dal vigente piano regolatore generale come area di completamento, come tale compromessa da insediamenti produttivi già esistenti (in misura pari ad un ottavo della superficie fondiaria della zona), ma ancora suscettibile di nuove edificazioni ad integrazioni degli stessi. Essa, pertanto, in base alla legge regionale che assimila alle zone A e B anche quelle produttive di completamento, non sarebbe soggetta al vincolo paesaggistico, che sussiste invece secondo la legge statale, la quale non comprende le aree destinate all'espansione ed al completamento degli insediamenti produttivi e industriali tra quelle incluse nella zona B del decreto ministeriale 2 aprile 1968.

Poichè in base all'art. 2 della legge di conversione n. 431 del 1985 le disposizioni contenute nell'art. 1 del decreto-legge n. 312 del 1985 costituiscono norme fondamentali di riforma economico- sociale della Repubblica, l'art. 11, lettera a), della legge regionale del Piemonte n. 20 del 1989 sarebbe in contrasto con l'art. 117 della Costituzione, in quanto ridefinisce, restringendolo, il campo di applicazione del vincolo paesaggistico disposto dalla legge statale.

La disposizione denunciata violerebbe anche, ad avviso del Pretore di Cuneo, l'art. 25, secondo comma, della Costituzione, incidendo sul precetto penale contenuto nell'art. 1-sexies del decreto-legge n. 312 del 1985, in quanto considera lecita un'attività penalmente sanzionata dalla normativa statale.

2. - Identica questione è stata sollevata dal Pretore di Cuneo con ordinanza emessa il 16 ottobre 1992, nel corso di un procedimento penale a carico di Lucia Bodino ed altri, imputati dei reati di cui agli artt. 113 del codice penale e 1- sexies del decreto-legge n. 312 del 1985 e 734 del codice penale.

Anche in questo caso il manufatto era stato edificato ad una distanza inferiore a 150 metri dalla sponda idrografica di un corso d'acqua, iscritto negli elenchi delle acque pubbliche, ma in una zona denominata nel piano regolatore generale del Comune di Vernante "antico nucleo abitativo", quindi sottratta, secondo l'art. 11, lettera a), della legge regionale Piemonte n. 20 del 1989, ma non secondo l'art. 82, sesto comma, del d.P.R. n. 616 del 1977, al vincolo paesaggistico.

3. - Nei due giudizi è intervenuto il Presidente della Giunta della Regione Piemonte, che ha concluso per l'infondatezza della questione, ritenendo la disposizione denunciata conforme alla normativa statale ed ai precetti costituzionali.

La Regione Piemonte ha successivamente depositato una memoria, osservando che l'impianto complessivo della legge regionale n.20 del 1989 è volto a salvaguardare e promuovere la valorizzazione dei beni culturali e paesistici, nell'esercizio delle funzioni trasferite e delegate dallo Stato.

In particolare l'art. 11, lettera a), della legge regionale n. 20 del 1989 tenderebbe a raccordare le previsioni della legge statale alle situazioni determinate in Piemonte dalla legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56, sulla tutela e sull'uso del suolo, che aveva dato alle aree da inserire nei piani regolatori definizioni non corrispondenti a quelle delineate nel decreto ministeriale 2 aprile 1968, sicchè rimanevano incluse nelle categorie sottoposte al vincolo paesaggistico zone che di fatto possedevano caratteristiche analoghe a quelle delle zone A e B, come individuate dallo stesso decreto ministeriale.

La Regione ritiene inoltre che la disposizione sottoposta a giudizio di legittimità costituzionale terrebbe conto delle specifiche condizioni delle tradizioni insediative piemontesi, considerando, accanto alle zone residenziali, anche quelle produttive a capacità insediativa esaurita o residua, che fanno parte del tessuto urbano.

 

Considerato in diritto

 

l. - Le questioni di legittimità costituzionale sottoposte all'esame della Corte concernono la determinazione degli ambiti territoriali non sottoposti a vincolo paesaggistico, secondo la disciplina dell'art. 11, lettera a), della legge della Regione Piemonte 3 aprile 1989, n. 20, che detta norme in materia di beni culturali, ambientali e paesistici.

La norma denunciata prevede che il vincolo disposto per le categorie di beni indicati dall'art. 82, quinto comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, aggiunto dall'art. 1 del decreto- legge n. 312 del 1985 (tra i quali le sponde dei corsi d'acqua per una fascia di 150 metri ciascuna), non si applica, in conformità a quanto prevede la legge statale, nelle zone territoriali interessate da agglomerati urbani storici o che siano già parzialmente edificate (zone A e B previste dall'art. 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444), nonchè - limitatamente alle parti comprese nei piani pluriennali di attuazione - nelle altre zone, come delimitate negli strumenti urbanistici, e, nei comuni sprovvisti di tali strumenti, nel perimetro del centro abitato. La stessa disposizione prevede inoltre che il vincolo non si applica anche "nelle zone assimilate alle zone "A" e "B" del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 e cioè nei centri edificati, nei nuclei minori, nelle aree sia residuali che produttive a capacità insediativa esaurita o residua e in quelle di completamento così definite nei Piani Regolatori approvati ai sensi del titolo 9 della legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 e successive modifiche ed integrazioni".

Ad avviso del Pretore di Cuneo l'estensione della sottrazione al vincolo paesistico, disposta dalla norma regionale denunciata, contrasterebbe con gli artt. 117 e 25 della Costituzione, perchè comporta una disciplina difforme dai principi fondamentali della legislazione statale, che munisce le zone sottoposte a vincolo di una particolare tutela anche penale (artt. 1-sexies del decreto-legge n. 312 del 1985 e 20, lettera c, della legge n. 47 del 1985).

2. - I due giudizi, avendo ad oggetto la stessa disposizione legislativa e prospettando identiche questioni, vanno riuniti per essere decisi con unica sentenza.

3. - Le questioni sono fondate.

L'art. 11, lettera a), della legge della Regione Piemonte n.20 del 1989, adottata nell'esercizio delle funzioni trasferite dallo Stato con il d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 e di quelle delegate dall'art. 82 del d.P.R. n. 616 del 1977, muta sostanzialmente, estendendolo, l'ambito territoriale delle zone di particolare interesse ambientale sottratte al vincolo paesaggistico previsto dalla legge n.1497 del 1939, delimitato dall'art.82, sesto comma, del d.P.R. n. 616 del 1977. Difatti la disposizione censurata, nella parte in cui assimila alle zone territoriali sottratte al vincolo in conformità alla definizione del legislatore statale altre a diverse zone che non presentano necessariamente le medesime caratteristiche o che sono poste al di fuori dei centri edificati perimetrati, limita la tutela paesistica ed ambientale disposta dal legislatore statale con norme dotate di particolare forza vincolante nei confronti della legislazione regionale, in quanto qualificate come norme fondamentali di riforma economico-sociale (art.

2 della legge n. 431 del 1985), ed alle quali è da riconoscere tale natura. La diversa determinazione operata dal legislatore regionale si pone quindi in contrasto con l'art.117 della Costituzione.

Deve essere pertanto dichiarata, con riferimento a tale parametro di giudizio, rimanendo assorbito ogni altro profilo, l'illegittimità costituzionale dell'art. 11, lettera a), della legge regionale del Piemonte n. 20 del 1989, nella parte in cui prevede che non si applica il vincolo posto dall'art. 1 della legge 8 agosto 1985, n. 431 "nelle zone assimilate alle zone "A" e "B" del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 e cioé nei centri edificati, nei nuclei minori, nelle aree sia residenziali che produttive a capacità insediativa esaurita o residua e in quelle di completamento così definiti nei Piani Regolatori approvati ai sensi del titolo III della legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 e successive modificazioni ed integrazioni".

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi, dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art.11, lettera a), della legge regionale del Piemonte 3 aprile 1989, n. 20 (Norme in materia di beni culturali, ambientali e paesistici), limitatamente all'inciso: "nelle zone assimilate alle zone "A" e "B" del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 e cioé nei centri edificati, nei nuclei minori, nelle aree sia residenziali che produttive a capacità insediativa esaurita o residua e in quelle di completamento così definiti nei Piani Regolatori approvati ai sensi del titolo III della legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 e successive modificazioni ed integrazioni".

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Cesare MIRABELLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 31/03/1994.