Sentenza n. 100 del 1994

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SENTENZA N. 100

ANNO 1994

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente

Prof. Gabriele PESCATORE

Giudici

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 72, lettere b) e f), e 78 della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia 19 novembre 1991, n. 52 (Norme regionali in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica), promossi con due ordinanze del 14 agosto 1992 e del 6 marzo 1993, emesse entrambe dal giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Udine nei procedimenti penali a carico di Mario e Valentino Collini e di Giancarlo Pozzani e Severina Quardi, rispettivamente iscritte ai nn. 686 del registro ordinanze 1992 e 150 del registro ordinanze 1993 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 1992 e n. 15, prima serie speciale, dell'anno 1993.

Udito nella camera di consiglio del 23 febbraio 1994 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

 

Ritenuto in fatto

 

l. - Nel corso di un procedimento penale a carico di Mario e Valentino Collini - sottoposti ad indagini per il reato previsto e punito dagli artt.110, 113 e 41 del codice penale e 20, lettera c), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, in relazione all'art. 7 della legge 25 marzo 1982, n. 94, per aver depositato senza concessione edilizia cumuli di materiale e limi di risulta dalla decantazione delle acque di lavaggio di inerti in area attigua all'alveo del fiume Tagliamento, sottoposta a vincolo paesistico ed ambientale - il giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Udine, con ordinanza emessa il 14 agosto 1992, ha sollevato questione di legittimità costituzionale - in riferimento agli artt. 25, secondo comma, e 3 della Costituzione - degli artt.72, lettera f), e 78 della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia 19 novembre 1991, n. 52 (Norme regionali in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica).

Il giudice rimettente osserva che la legge regionale, per effetto del combinato disposto delle due norme denunciate, assoggetta al rilascio della autorizzazione edilizia le occupazioni di suolo mediante deposito di materiale od esposizione di merci a cielo libero, anche se realizzate in zone sottoposte a vincolo paesistico. In questo caso la legge statale (art. 7 del decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9, convertito in legge, con modificazioni, con la legge 25 marzo 1982, n. 94) prevede invece, ad avviso del giudice rimettente, la necessità della concessione edilizia, con l'effetto che il deposito di materiale effettuato senza concessione integrerebbe gli estremi di una contravvenzione (art. 20, lettera c, della legge n. 47 del 1985). La legge regionale, richiedendo in tutti i casi l'autorizzazione, anche quindi in presenza di vincoli paesistici, sottrarrebbe questo comportamento alla sanzionabilità penale, in contrasto con gli artt. 25, secondo comma, e 3 della Costituzione.

Il giudice rimettente ritiene che la soluzione della questione di legittimità costituzionale sia rilevante, perchè destinata ad incidere sul provvedimento di archiviazione, che, in caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale della più favorevole disciplina regionale, verrebbe adottato per non punibilità degli indagati in mancanza dell'elemento psicologico del reato anzichè per insussistenza di una fattispecie penalmente rilevante.

2. - Nel corso di un altro procedimento penale a carico di Giancarlo Pozzati e Severina Quardi - sottoposti ad indagini per avere realizzato un prefabbricato di modeste dimensioni, qualificato come pertinenza della vicina casa di abitazione, in contrasto con le norme del piano regolatore generale comunale (reato previsto e punito all'art. 20, lettera b, della legge n. 47 del 1985) - il giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Udine, con ordinanza emessa il 6 marzo 1993, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 72, lettera b), e 78 della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia n.52 del 1991, nella parte in cui queste disposizioni prevedono l'autorizzazione, anzichè la concessione edilizia, per la realizzazione di pertinenze, a servizio di edifici già esistenti, non conformi alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.

Ad avviso del giudice rimettente, le disposizioni denunciate contrastano con l'art. 25, secondo comma, della Costituzione. Esse difatti violerebbero il principio della riserva di legge statale in materia penale, rendendo lecita una condotta penalmente sanzionata. Le pertinenze e gli altri tipi di interventi edilizi indicati dall'art.

7 del decreto- legge n. 9 del 1982 sono assoggettati ad autorizzazione gratuita solo se conformi agli strumenti urbanistici vigenti. Altrimenti, per qualsiasi intervento urbanistico, si applica il regime ordinario della concessione edilizia, la cui mancanza comporta l'applicazione della sanzione penale di cui all'art. 20, lettera b), della legge n. 47 del 1985.

L'esecuzione di opere in totale difformità o un assenza dell'autorizzazione non è invece prevista dalla legge come reato.

Viene prospettato anche un contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Chi esegue opere che costituiscono pertinenza di edifici esistenti nel territorio del Friuli-Venezia Giulia sarebbe difatti sottratto alle sanzioni penali, che invece si applicano a chi pone in essere la stessa condotta nel restante territorio nazionale.

Anche in questo caso il giudice rimettente afferma la rilevanza della questione di legittimità costituzionale, dalla cui soluzione dipende l'archiviazione per mancanza dell'elemento psicologico del reato o, in alternativa, per assenza di una fattispecie penalmente rilevante.

3. - Le due ordinanze, ritualmente notificate e comunicate, iscritte nel registro delle ordinanze ai numeri 686 del 1992 e 150 del 1993, sono state pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, prima serie speciale, rispettivamente n. 46 del 4 novembre 1992 e n. 15 del il 7 aprile 1993.

 

Considerato in diritto

 

l. - Le questioni di legittimità costituzionale sottoposte all'esame della Corte riguardano la legge regionale del Friuli-Venezia Giulia 19 novembre 1991, n. 52, concernente la pianificazione territoriale ed urbanistica. L'art. 72, lettere b) ed f), di tale legge indica tra gli interventi che non hanno rilevanza urbanistica le pertinenze di edifici esistenti e l'occupazione del suolo mediante deposito di materiale o esposizione di merci a cielo libero.

Per questi interventi è richiesta l'autorizzazione, e non la concessione edilizia, anche quando essi siano realizzati in zone sottoposte ai vincoli previsti dalla legge 29 giugno 1939, n.1497 (o dalla legge 1° giugno 1939, n. 1089), o non siano conformi alle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti.

Le due ordinanze di rinvio muovono dalla premessa che le disposizioni poste dalla legge statale in materia edilizia (art. 7 del decreto-legge 23 gennaio 1982, n.9) richiedano in questi casi la concessione edilizia, e non la semplice autorizzazione.

Con la conseguenza che le opere realizzate in difformità o in assenza della con cessione integrano gli estremi della contravvenzione prevista dall'art. 20 della legge 28 febbraio 1985, n. 47.

2. - I due giudizi, che hanno ad oggetto le stesse disposizioni legislative e pongono questioni identiche, vanno riuniti per essere decisi con unica sentenza.

3. - Le questioni non sono fondate.

La premessa dalla quale muovono le ordinanze di rimessione, per affermare che la disciplina regionale sottoposta a giudizio di legittimità costituzionale contrasta con i principi fissati dalla legge statale, non trova riscontro in un'adeguata interpretazione dell'art. 7 del decreto- legge n. 9 del 1982.

Questa disposizione stabilisce anzitutto, al primo comma, che sono soggetti ad autorizzazione i lavori di recupero abitativo di edifici preesistenti che comportano interventi di manutenzione straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo (previsti dall'art. 31, lettere b e c, della legge n. 457 del 1978), i quali consentono la realizzazione (o l'integrazione) dei servizi igienico- sanitari e tecnologici e l'inserimento di elementi accessori e di impianti. La domanda di autorizzazione si intende accolta se il sindaco non si pronuncia nel termine previsto dall'art. 48 della legge n. 457 del 1978. Per gli interventi su edifici sottoposti ai vincoli previsti dalle leggi n. 1089 del 1939 e n.1497 del 1939 non muta il regime, quanto al tipo di provvedimento cui i lavori sono assoggettati, ma è necessaria l'adozione di un apposito ed esplicito provvedimento, non trovando applicazione la disciplina del silenzio-assenso.

In questo contesto normativo si inserisce il secondo comma del medesimo art. 7 del decreto-legge n. 9 del 1982, che precisa ed estende l'ambito degli interventi soggetti ad autorizzazione, comprendendo tra essi anche "le opere costituenti pertinenze od impianti tecnologici al servizio di edifici già esistenti" (lettera a) e "le occupazioni di suolo mediante deposito di materiali o esposizione di merci a cielo libero" (lettera b). Si tratta di interventi eterogenei, non sempre di tipo edilizio, di varia consistenza, ma accomunati dalla loro limitata rilevanza sul piano urbanistico: in questo senso assimilabili a quelli indicati nel primo comma, ai quali si è già fatto riferimento.

L'art. 7, secondo comma, del decreto-legge n. 9 del 1982 enuncia il presupposto che le opere siano conformi agli strumenti urbanistici, esprimendo un principio che trova applicazione anche con riferimento all'adozione di un provvedimento di concessione. Viene inoltre mantenuta, per le opere che insistono in aree sottoposte a vincoli paesistici o d'interesse storico, l'esclusione del silenzio- assenso, così come prevede, mediante il rinvio all'art. 48 della legge n. 457 del 1978, il primo comma della stessa disposizione per lavori non meno rilevanti. La necessità di autorizzazione, comune a tutte le opere che hanno identiche caratteristiche edilizie o urbanistiche, è correlata alla qualificazione oggettiva dell'intervento, senza che muti il tipo di provvedimento e venga richiesta la concessione anzichè l'autorizzazione quando vi sia la presenza di vincoli particolari. L'esigenza di accertare che gli interessi protetti da tali vincoli siano stati valutati nella sede per essi competente è soddisfatta dalla previsione di un esplicito provvedimento di autorizzazione edilizia per l'esecuzione dei lavori. Rimangono inoltre, in ogni caso, salvi gli strumenti di protezione e le sanzioni che il legislatore prevede in modo specifico per la tutela degli interessi, paesaggistici e ambientali, eventualmente coinvolti.

Non si dà dunque quella diversità di disciplina tra le norme regionali denunciate ed i principi della legislazione statale che le ordinanze di rimessione desumono dall'art. 7, secondo comma, del decreto-legge n. 9 del 1982. Mancano quindi le premesse da cui muovono i prospettati dubbi di legittimità costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi, dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 72, lettere b) ed f), e 78 della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia 19 novembre 1991, n. 52 (Norme regionali in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica), sollevate, in riferimento agli art. 25, secondo comma, e 3 della Costituzione, dal giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Udine con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Cesare MIRABELLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 24/03/1994.