Ordinanza n. 72 del 1994

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ORDINANZA N. 72

 

ANNO 1994

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Prof. Gabriele PESCATORE giudice

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

Avv. Massimo VARI

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 7, primo comma, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416 (Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1990, n. 39, promossi con le seguenti ordinanze: 1) n. 2 ordinanze emesse il 13 maggio 1992 dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia sui ricorsi proposti da Mongui Castellanos Maria Herminda e Villanueva Villanueva Dagoberto contro il Prefetto ed il questore di Milano, iscritte ai nn. 787 e 788 del registro ordinanze 1992 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 54, prima serie speciale, dell'anno 1992; 2) ordinanza emessa l'8 aprile 1993 dal Tribunale amministrativo regionale della Liguria sul ricorso proposto da De Oliveira Vera Lucia contro il Ministero dell'Interno, iscritta al n. 584 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1993.

 

Visti gli atti di costituzione di Mongui Castellanos Maria Herminda e Villanueva Villanueva Dagoberto nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell'udienza pubblica del 30 novembre 1993 il Giudice relatore Francesco Guizzi;

 

uditi l'avvocato Mario Loria per Mongui Castellanos Maria Herminda e Villanueva Villanueva Dagoberto e l'Avvocato dello Stato Stefano Onufrio per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto che alcuni cittadini extracomunitari (i colombiani Mongui Castellanos Maria Herminda e Villanueva Villanueva Dagoberto e la brasiliana De Oliveira Vera Lucia), espulsi dal territorio dello Stato italiano, impugnavano i rispettivi decreti prefettizi con ricorsi diretti, rispettivamente, al Tribunale amministrativo regionale della Lombardia e a quello della Liguria, i quali, con ordinanze in data 13 maggio 1992 e 8 aprile 1993, sollevavano, in relazione agli artt.3, 24, 25, 35 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n.416 (Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1990, n. 39;

 

che, ad avviso dei rimettenti, sarebbe errato assimilare il potere di espulsione attribuito al prefetto a quello conferito al giudice penale, configurante una misura di sicurezza che assicurerebbe al giudice il potere discrezionale di valuta re il persistere della pericolosità sociale in capo al condannato, fino al punto di revocare il provvedimento di espulsione (come nella specie sarebbe avvenuto), misura diversa dalla prima, in quanto amministrativa, attribuita al prefetto dal citato decreto- legge n. 416 del 1989, convertito nella legge n. 39 del 1990, allo scopo di espellere obbligatoriamente lo straniero condannato con sentenza passata in giudicato per uno dei delitti di cui all'art. 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale;

 

che nei confronti dei ricorrenti, condannati per delitti riguardanti il traffico di droga ai sensi della legge 22 dicembre 1975, n. 685, era stata applicata la misura di sicurezza dell'espulsione dal territorio nazionale prevista come obbligatoria dall'art. 81 della predetta legge n.685 per quel tipo di reato, successivamente revocata dal magistrato di sorveglianza previo accertamento della cessata pericolosità sociale dei condannati;

 

che, secondo i rimettenti, mentre le misure di sicurezza, anche se obbligatorie, come l'ordine di espulsione, sarebbero sempre revocabili (una volta accertato il venire meno della pericolosità sociale del condannato), le misure < di polizia> sarebbero automatiche e perciò manifestamente irragionevoli, in questo caso, perchè l'aver subito una condanna, sia pure per un grave reato, non comporterebbe necessariamente la persistenza della pericolosità sociale del reo; e sarebbero altresì contraddittorie, perchè in contrasto con il principio costituzionale della finalità rieducativa della pena, di cui all'art. 25 ( recte: art. 27) della Costituzione;

 

che l'esclusione, in capo all'autorità amministrativa competente a disporre l'espulsione, a norma dell'art. 7, comma 1, del decreto-legge n.416 del 1989 (convertito nella legge n. 39 del 1990), di una qualsiasi valutazione circa la necessità di essa, sarebbe in contrasto con i principi di ragionevolezza, ricavabile dall'art. 3 della Costituzione, e di buon andamento della pubblica amministrazione, stabilito dall'art.97, come dimostrerebbe la giurisprudenza costituzionale, la quale si sarebbe orientata, ripetutamente, verso l'esclusione di sanzioni rigide e prive di adeguatezza e proporzionalità al caso concreto, sia nel campo penale sia in quello amministrativo (sent. n. 971 del 1988)

 

che, inoltre, essendosi privata la facoltà di espulsione di adeguata ponderazione in riferimento al caso concreto, la norma si porrebbe in contrasto insanabile con l'art 24 della Costituzione, sia perchè verrebbe a sottrarre di ogni controllo il giudizio di legittimità del giudice amministrativo sia perchè essa rivelerebbe una disarmonia rispetto all'art. 35 della Costituzione, impedendo agli interessati l'esercizio di una attività lavorativa svolta sul territorio italiano;

 

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la inammissibilità o infondatezza della questione.

 

Considerato che i giudizi sono stati riuniti per l'identità della questione sollevata;

 

che il decreto-legge 14 giugno 1993, n. 187 (Nuove misure in materia di trattamento penitenziario, nonchè sull'espulsione dei cittadini stranieri) convertito, con modificazioni, nella legge 12 agosto 1993, n. 296, ha integrato il testo originario dell'art. 7 del decreto-legge n.416 del 1989, come convertito nella citata legge n. 39 del 1990, inserendovi i commi dal 12-bis al 12-sexies;

 

che tali integrazioni, pur non riguardando il comma 1 dell'art. 7 citato, possono rilevare ai fini dell'interpretazione della disposizione in esame, che si apre, significativamente, con una clausola di salvezza (< fermo restando>), riferibile a tutte le disposizioni già vigenti in materia di espulsione e, in particolare, in materia di espulsione < misura di sicurezza> di competenza del giudice;

 

che il problema del raccordo tra la misura giurisdizionale e la misura amministrativa è stato affrontato e risolto, di recente, dalla Corte di cassazione proprio con riguardo alla materia degli stupefacenti, così come disciplinata dall'art.86 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nel senso che, mentre il provvedimento di cui ai primi due commi del citato art. 86 è di competenza dell'autorità giudiziaria, < l'espulsione immediata> di cui al terzo comma avrebbe natura di provvedimento amministrativo;

 

che le nuove disposizioni recate dal decreto-legge n. 187 del 1993, convertito nella legge n. 296 del 1993, si palesano come una nuova e ulteriore forma di coordinamento tra la decisione giurisdizionale e quella amministrativa;

 

che gli atti vanno quindi restituiti ai giudici a quibus per un nuovo esame della rilevanza alla luce del mutato quadro normativo.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Ordina la restituzione degli atti ai Tribunali amministrativi regionali della Lombardia e della Liguria.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21/02/94.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Francesco GUIZZI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 03/03/94.