SENTENZA N. 40
ANNO 1994
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
Avv. Massimo VARI
Dott. Cesare RUPERTO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi promossi con ricorsi della Regione siciliana notificati il 7 agosto ed il 9 novembre 1993, depositati in Cancelleria il 12 agosto ed il 15 novembre 1993, per conflitti di attribuzione sorti a seguito:
1) della deliberazione della Corte dei conti, Sezione centrale del controllo sugli atti del Governo e delle amministrazioni dello Stato, n. 94 del 3 giugno 1993, con la quale è stato negato il visto e la conseguente registrazione al decreto del Presidente della Regione siciliana 30 dicembre 1992, concernente l'impegno di spesa di Lit.200 milioni ai fini della realizzazione di un convegno di studi;
2) della nota del Presidente della Sezione di controllo della Corte dei conti per la Regione siciliana 10 settembre 1993 n. 111/P, nella quale si sostiene che, nell'ambito della Regione stessa, il sistema dei controlli rimane immutato anche dopo l'emanazione del decreto-legge 17 luglio 1993, n.232, e si invitano le amministrazioni regionali ad ottemperare alla succitata deliberazione della Sezione centrale del controllo n. 94 del 3 giugno 1993, sottoponendo al controllo preventivo i provvedimenti ed i titoli di spesa indicati nel R.D. 12 luglio 1934, n. 1214;
ricorsi iscritti ai nn. 25 e 38 del registro conflitti 1993.
Udito nell'udienza pubblica dell'11 gennaio 1994 il Giudice relatore Enzo Cheli;
uditi gli avvocati Francesco Torre e Laura Ingargiola per la Regione Sicilia.
Ritenuto in fatto
l.- La Regione siciliana, con ricorso notificato il 7 agosto 1993 (Reg.confl. n. 25/93), ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione alla deliberazione della Corte dei conti, Sezione centrale del controllo sugli atti del Governo e delle amministrazioni dello Stato, n. 94 del 3 giugno 1993 con la quale - a seguito di deferimento della questione da parte della Sezione regionale - è stato negato il visto e la conseguente registrazione al decreto del Presidente della Regione siciliana del 30 dicembre 1992, concernente l'impegno di spesa di Lit. 200 milioni per la realizzazione di un convegno di studi promosso dal Consiglio regionale dell'economia e del lavoro.
2.- La ricorrente espone che l'ufficio di controllo della Corte dei conti per la Regione siciliana, con rilievo in data 4 marzo 1993, aveva restituito il decreto del Presidente della Regione sopra richiamato, osservando che la realizzazione di convegni non rientra tra i compiti istituzionali del Consiglio regionale dell'economia e del lavoro. Il consigliere delegato al controllo, a seguito di replica del Presidente della Regione, richiedeva la pronuncia della Sezione regionale del controllo, ma rilevava anche che, essendo intervenuto nel frattempo il decreto-legge 15 maggio 1993, n. 143, recante, all'art. 7, primo comma, nuove norme in materia di controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti, occorreva risolvere preliminarmente la questione dell'applicabilità di dette norme nell'ambito della Regione siciliana. Il Presidente della Sezione regionale, a sua volta, chiedeva che la pronuncia venisse deferita - ai sensi dell'art. 1, secondo comma, della legge 21 marzo 1953, n. 161 - alla Sezione centrale del controllo, rendendosi necessaria la risoluzione di una questione interpretativa di particolare importanza. La Sezione centrale, nell'adunanza del 3 giugno 1993, disattendendo le argomentazione svolte dai rappresentanti della Regione, negava l'immediata applicabilità nell'ambito regionale del nuovo regime del controllo sugli atti, confermando la permanenza del precedente regime, dal momento che "l'assetto del controllo nell'area del Governo e dell'amministrazione della Regione siciliana è quello disegnato e stabilito dallo Statuto e dalle corrispondenti norme di attuazione" e ad esso non potrebbe "farsi deroga se non attraverso i meccanismi che l'ordinamento prevede per la modificazione delle norme costituzionali e di quelle di attuazione dello Statuto".
Risolta in tal senso la questione preliminare, la Sezione - con la delibera n. 94 del 1993 - prendeva in esame il provvedimento regionale sottoposto al suo controllo e, non avendolo ritenuto conforme a legge, ricusava il visto e la conseguente registrazione.
3.- Tale delibera, a giudizio della Regione, in quanto fondata sopra un indebito esercizio dei poteri spettanti alla Corte dei conti, avrebbe determinato una lesione nella sfera delle attribuzioni regionali.
La Regione deduce, a questo riguardo, che l'art. 23, secondo comma, dello Statuto siciliano e le relative norme di attuazione (di cui al D.Lgs. 6 maggio 1948, n. 655) - nel prevedere la presenza a livello regionale di una Sezione della Corte dei conti per il controllo amministrativo e contabile sugli atti del Governo e dell'amministrazione regionale, controllo da esercitare "in conformità delle leggi dello Stato che disciplinano le funzioni della Corte dei conti" - avrebbero operato, per quanto attiene alle modalità del controllo, un rinvio formale (o dinamico) alla disciplina statale. Le modificazioni intervenute in questa disciplina dovrebbero, pertanto, trovare diretta e immediata applicazione anche nell'ambito regionale, senza alcuna necessità di modifica delle norme statutarie e di attuazione.
Di conseguenza, il decreto-legge 15 maggio 1993, n. 143, che ha limitato il controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti agli atti di maggior rilievo, tassativamente elencati alle lettere da a) ad e) dell'art.7, primo comma, avrebbe dovuto trovare applicazione, in quanto vigente alla data di emanazione della delibera impugnata, da parte della Sezione regionale, con l'effetto di escludere dal controllo preventivo di legittimità il provvedimento presidenziale contestato, che non rientrava nella casistica di cui al suddetto art. 7.
Il controllo che la Corte dei conti ha inteso esercitare sull'atto del Presidente della Regione risulterebbe, pertanto, esorbitante dai limiti stabiliti dalla normativa statale e lesivo della sfera delle competenze attribuite alla Regione dallo Statuto e dalle relative norme di attuazione.
Nè tale lesione - sempre ad avviso della ricorrente - potrebbe dirsi venuta meno per effetto della mancata conversione in legge del decreto-legge n. 143 del 1993, dal momento che le disposizioni dell'art.7 di tale decreto sono state reiterate - con modificazioni non influenti nel caso di specie - nel successivo decreto-legge 17 luglio 1993, n. 232.
La Regione rileva altresì che l'art. 10 di questo secondo decreto-legge ha riconosciuto esplicitamente che i principi desumibili dallo stesso decreto costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale che devono trovare applicazione nell'ambito delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome: il che - pur nella estraneità della disciplina dei poteri della Corte dei conti alle materie di competenza regionale - rappresenterebbe una conferma indiretta della applicabilità immediata della nuova normazione statale sul controllo anche nell'ambito della Regione siciliana.
4.- Con un successivo ricorso notificato il 9 novembre 1993 (Reg. confl. n. 38/93), la Regione siciliana ha promosso conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione alla nota del Presidente della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti n. 111/P del 10 settembre 1993, nella quale è stata richiamata la deliberazione della Sezione centrale n. 94 del 3 giugno 1993, oggetto del precedente conflitto, per ribadire la non applicabilità nella Regione siciliana delle disposizioni contenute nel decreto- legge n. 143 del 1993 e reiterate nel successivo decreto-legge n. 232 del 1993. Con la stessa nota le amministrazioni regionali sono state invitate - ai fini del controllo preventivo di legittimità - a trasmettere come in passato agli uffici della Sezione regionale tutti i provvedimenti di cui al R. D.12 luglio 1934, n. 1214, recante il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti. Con riferimento all'art. 10 del decreto-legge n. 232, la nota rileva anche che tale disposizione non sarebbe invocabile a sostegno della tesi dell'immediata applicabilità del nuovo regime dei controlli nell'ambito regionale, in quanto la stessa sarebbe rivolta al legislatore delle norme di attuazione dello Statuto e richiederebbe, pertanto, come pregiudiziale, un intervento modificativo di tali norme.
La Regione, nel suo ricorso, ribadisce i motivi già espressi nel precedente conflitto, contestando, in particolare, che l'art. 10 del decreto-legge n. 232 possa ritenersi orientato verso la modifica delle norme di attuazione, dal momento che il D.Lgs. 6 maggio 1948, n.655 - che ha posto la prima disciplina attuativa del controllo sulla Sezione regionale della Corte dei conti - non necessiterebbe di alcun adattamento, contenendo un rinvio formale alla normativa statale in materia di controllo.
5.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, si è costituito in giudizio soltanto nel primo dei due conflitti (n. 25/93), ma la costituzione è stata successivamente revocata con atto del 4 ottobre 1993.
Considerato in diritto
l.- I due conflitti proposti dalla Regione siciliana, pur traendo origine da provvedimenti distinti, si fondano sopra un identico motivo, che investe l'applicazione nell'ambito regionale della nuova disciplina in tema di controllo preventivo di legittimità da parte della Corte dei conti, introdotta con l'art. 7 del decreto-legge 15 maggio 1993, n.143 e reiterata con l'art. 7 del decreto-legge 17 luglio 1993, n. 232.
I giudizi relativi vanno, pertanto, riuniti al fine di addivenire ad un'unica pronuncia.
2.- Il primo conflitto (n. 25/93) è stato sol levato con riferimento alla delibera n. 94 del 1993 della Sezione centrale del controllo della Corte dei conti che - muovendo dal presupposto della non applicabilità alla Regione siciliana della nuova disciplina posta dall'art. 7, primo comma, del decreto-legge n. 143 del 1993 - ha sottoposto al controllo preventivo di legittimità il decreto del Presidente della Regione 30 dicembre 1992, negando allo stesso il visto e la conseguente registrazione.
Il secondo conflitto (n. 38/93) ha tratto, invece, la sua occasione dalla nota che il Presidente della Sezione di controllo della Corte dei conti per la Regione siciliana ha indirizzato, il 10 settembre 1993, al Presidente ed all'Assessore regionale per il bilancio di tale Regione, al fine di richiedere la sottoposizione al controllo preventivo di legittimità della Sezione di tutti i provvedimenti e titoli di spesa indicati nel testo unico delle leggi sulla Corte dei conti approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214: e questo sempre sul presupposto - già fatto valere nella richiamata delibera n. 94/93 della Sezione centrale - della non applicabilità all'ordinamento regionale siciliano della nuova disciplina in materia posta con il decreto- legge n. 143 del 1993 e reiterata con il decreto-legge n. 232 del 1993.
La Regione siciliana ritiene tali atti lesivi della propria sfera di attribuzioni, in quanto in contrasto con l'art. 23, secondo comma, dello Statuto speciale e con le norme di attuazione di cui al D.Lgs. 6 maggio 1948, n. 655, che hanno istituito e disciplinato le funzioni delle Sezioni della Corte dei conti per la Regione siciliana. Da tali norme - ad avviso della ricorrente - andrebbe desunta, infatti, l'applicabilità immediata all'ordinamento siciliano della nuova disciplina del controllo della Corte dei conti adottata con il decreto-legge n. 143 del 1993 e reiterata con il decreto-legge n. 232 del 1993, disciplina che ha ridotto le categorie degli atti sottoponibili al controllo preventivo di legittimità, non comprendendo in tali categorie provvedimenti di spesa quali quello adottato dal Presidente della Regione il 30 dicembre 1992, nei cui confronti la Sezione centrale di controllo ha, invece, esercitato il proprio esame.
3.- I ricorsi sono fondati.
Il decreto legislativo 6 maggio 1948, n. 655 - recante le norme di attuazione dello Statuto speciale in tema di istituzione delle Sezioni della Corte dei conti per gli affari concernenti la Regione siciliana - ha elencato, al primo comma dell'art. 2, le competenze della Sezione regionale del controllo, competenze da esercitare "in conformità delle leggi dello Stato che disciplinano le funzioni della Corte dei conti".
La formula adottata con questa disposizione - ove collegata al carattere unitario delle funzioni di controllo attribuite, in base all'art. 100, secondo comma, della Costituzione, alla Corte dei conti - non può non essere interpretata come richiamo ad una forma di rinvio "dinamico" alla legislazione statale in tema di funzioni della Corte dei conti e, conseguentemente, anche di forme e di limiti del controllo ad essa spettante: legislazione statale che, nei suoi svolgimenti, proprio in virtù del richiamo operato attraverso la norma di attuazione, è destinata, dunque, a espandere direttamente la propria efficacia anche nei confronti dell'ordinamento regionale siciliano.
Non può essere, pertanto, condivisa la tesi - affermata nella delibera n.94/93 della Sezione centrale di controllo - secondo cui la disciplina del controllo sugli atti del Governo e dell'amministrazione della Regione siciliana dovrebbe essere, ancor oggi, quella che risultava fissata nella legislazione statale alla data dell'approvazione dello Statuto speciale e delle relative norme di attuazione (e cioé la disciplina di cui al testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il R.D. 12 luglio 1934, n. 1214), dal momento che l'assetto del controllo nella Regione siciliana sarebbe "quello disegnato e stabilito dallo Statuto e dalle corrispondenti norme di attuazione" e che a tale assetto non potrebbe "farsi deroga se non attraverso i meccanismi che l'ordinamento prevede per la modificazione delle norme costituzionali e di quelle di attuazione dello Statuto". Tale interpretazione - che assume a suo presupposto il carattere materiale del rinvio alla legislazione statale operato dall'art. 2 del decreto legislativo n. 655 del 1948 - oltre a contrastare con l'esperienza storica (che ha fatto registrare l'immediata operatività nella Regione siciliana delle modifiche successivamente apportate al testo unico del 1934, quale, ad esempio, quella di cui all'art. 1 della legge 21 marzo 1953, n. 161), verrebbe, infatti, a introdurre, nel controllo preventivo di legittimità affidato alla Corte dei conti per la Regione siciliana, un fattore di rigidità che non può trovare giustificazione nella disciplina adottata sia con lo Statuto speciale (art. 23, secondo comma) che con le relative norme di attuazione, dove si prevedono l'istituzione e le competenze fondamentali della Sezione regionale di controllo, senza nulla specificare (salvo il rinvio operato alla legislazione statale) in ordine alle forme ed ai limiti del controllo alla stessa Sezione affidato.
Fattore di rigidità che verrebbe, tra l'altro, a incrinare - in presenza di una riforma particolarmente innovativa quale quella che ha dato luogo ai conflitti in esame - l'esigenza di unitarietà sottesa alla funzione di controllo spettante alla Corte dei conti.
Ma non va neppure trascurato il profilo - messo in luce dalla difesa regionale - relativo all'art. 10 del decreto- legge n. 232 del 1993, dove ai principi desumibili dalla disciplina posta nello stesso decreto viene riconosciuta la natura di norme fondamentali di riforma economico-sociale, suscettibili di vincolare le Regioni a statuto speciale e le Province autonome. Nonostante che questa disposizione (che ricompare in tutte le successive reiterazioni del decreto- legge n.232 e, infine, nell'art. 6 della legge 14 gennaio 1994, n. 20) non sia suscettibile di incidere direttamente nella materia del controllo della Corte dei conti, riservata alla legge statale, essa risulta pur sempre espressiva di una volontà del legislatore diretta a estendere immediatamente l'operatività della nuova disciplina anche alla sfera delle Regioni a statuto speciale.
L'insieme di queste ragioni concorre, dunque, a dimostrare la necessità di riferire immediatamente anche alla Regione siciliana le limitazioni apportate alla sfera del controllo preventivo di legittimità con l'art.7, primo comma, del decreto-legge n. 143 del 1993, limitazioni poi reiterate, con alcune varianti, nell'art. 7, primo comma, del decreto-legge n. 232 del 1993.
La vigenza della nuova disciplina anche nell'ambito della Regione siciliana doveva, dunque, condurre a escludere la possibilità di esercitare il controllo preventivo di legittimità negli stessi termini prima operanti ai sensi della disciplina posta con il R.D. n. 1214 del 1934, con la conseguenza di sottrarre all'esame della Sezione centrale il decreto adottato dal Presidente della Regione siciliana il 30 dicembre 1992.
Dal che la fondatezza delle domande avanzate con i ricorsi in esame.
4.- Occorre, infine, rilevare che i due decreti-legge (nn. 143 e 232 del 1993), sulla cui vigenza i due ricorsi sono fondati, non sono stati convertiti in legge ed hanno, pertanto, perso la loro efficacia, ai sensi dell'art. 77, terzo comma, della Costituzione, fin dalla data della loro emanazione. Questo elemento non assume, peraltro, rilievo ai fini della pronuncia da adottare, dal momento che la legge 14 gennaio 1994, n. 20 - nel formulare, dopo i vari decreti-legge non convertiti, la disciplina definitiva della materia - ha espressamente fatto salvi, all'art. 8, "gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti" sulla base dei decreti-legge nn. 143 e 232 del 1993. Conserva, pertanto, la propria efficacia, ai fini della soluzione dei conflitti in esame, il richiamo operato nei ricorsi della Regione alla disciplina posta con tali decreti, in vigore alla data di adozione degli atti che hanno determinato la proposizione degli stessi conflitti.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi;
dichiara:
a) con riferimento al ricorso n. 25 del 1993, che non spettava allo Stato sottoporre al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti il decreto del Presidente della Regione siciliana 30 dicembre 1992 e, conseguentemente, annulla la delibera adottata dalla Sezione centrale del controllo il 3 giugno 1993 con il n. 94;
b) con riferimento al ricorso n. 38 del 1993, che non spettava allo Stato richiedere il controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti sugli atti della Regione diversi da quelli adottati nell'art. 7, primo comma, del decreto-legge 17 luglio 1993, n. 232 e conseguentemente, annulla la nota inviata il 10 settembre 1993 dal Presidente della Sezione di controllo per la Regione siciliana al Presidente ed all'Assessore per il bilancio e le finanze della Regione siciliana.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 07/02/94.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Enzo CHELI, Redattore
Depositata in cancelleria il 17/02/94.