SENTENZA N. 27
ANNO 1994
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
Avv. Massimo VARI
Dott. Cesare RUPERTO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 28, 29 e 36, comma 1, della legge 4 luglio 1967, n. 580 (Disciplina per la lavorazione e commercio dei cereali, degli sfarinati, del pane e delle paste alimentari) promosso con ordinanza emessa il 7 luglio 1993 dal Pretore di Vicenza nei procedimenti civili riuniti vertenti tra la ditta Punto e Pasta ed il Comune di Vicenza iscritta al n. 642 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 1993;
Visto l'atto di costituzione della ditta Punto e Pasta nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica dell'11 gennaio 1994 il Giudice relatore Renato Granata;
udito l'avvocato Luigi Manzi per la ditta Punto e Pasta e l'Avvocato dello Stato Ivo Braguglia per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
l. Con atto di opposizione (ex art. 22 legge n. 689/81), la ditta Punto e Pasta di Carraro Emanuela impugnava l'ordinanza-ingiunzione del Sindaco di Vicenza, con la quale le era stata comminata la sanzione pecuniaria di lire 2.677.000 per la violazione (tra l'altro) degli artt.29 e 36 della legge 4 luglio 1967 n. 580 sul presupposto dell'accertato rinvenimento nei suoi locali di un prodotto che per forma, costituzione, modalità di conservazione corrispondeva ad una pasta alimentare, ma che ad un'analisi chimico-qualitativa presentava ceneri, cellulosa ed acidità superiori ai limiti consentiti per la pasta alimentare dall'art. 29 cit.
Nel corso di tale giudizio l'adito Pretore di Vicenza ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 41, comma 1, Cost., degli artt. 28, 29 e 36, comma 1, legge n.580/67 cit..
In particolare il Pretore rimettente - nel richiamare la sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee del 14 luglio 1988, in causa 90/86, che ha dichiarato che l'estensione ai prodotti importati di un divieto di vendere pasta prodotta con grano tenero o con una miscela di grano tenero e di grano duro, come quello contenuto nella legge italiana sulle paste alimentari, e' incompatibile con gli artt.30 e 36 del Trattato CEE - considera che conseguentemente tale divieto non trova più applicazione nei confronti degli importatori, ai quali e' quindi consentito introdurre e commercializzare sul territorio nazionale paste secche prodotte all'estero con quelle farine, che ai produttori italiani non e' invece concesso utilizzare. Una volta affermata in tal modo la possibilità di importare dall'estero paste confezionate con sfarinati diversi dal grano duro e' venuta meno anche la funzione di protezione del prodotto nazionale, svolta dalla normativa in esame prima dell'intervento della Corte di giustizia delle Comunità Europee.
In questo mutato quadro normativo - osserva il Pretore rimettente - si determina una situazione di disparità di trattamento (art. 3 Cost.) tra i produttori italiani (ai quali e' imposto di produrre e vendere pasta confezionata unicamente con farina di grano duro) e gli importatori italiani (ai quali e' consentito introdurre per la vendita prodotti comunitari realizzati con materie prime diverse), sicche' i primi vengono ad essere penalizzati anche rispetto ai produttori di altri Stati membri della C.E.E., i quali possono liberamente produrre ed esportare in Italia pasta prodotta senza grano duro.
Inoltre risulta in tal modo posto un limite alla libertà d'iniziativa economica dei produttori italiani, il risultato della cui attività viene irragionevolmente compresso (art.41, comma 1, Cost.).
Ad avviso del Pretore rimettente la questione e' rilevante perche', qualora le norme censurate venissero dichiarate costituzionalmente illegittime, si profilerebbe la possibilità di un accoglimento dell'opposizione della società ricorrente con conseguente annullamento dei provvedimenti sanzionatori emessi nei suoi confronti.
2. E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo (anche con una successiva memoria) che la questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, non fondata.
Pregiudizialmente l'Avvocatura rileva che l'addebito mosso alla ricorrente consiste nell'aver prodotto pasta alimentare che risultava presentare ceneri, cellulosa ed acidità superiori ai limiti consentiti per la pasta alimentare dall'art. 29 della legge n. 580/67, e non già nel non aver utilizzato esclusivamente farina di grano duro (peraltro trattandosi nella specie, come risultante dagli atti depositati dalla stessa difesa della società costituita, di pasta prodotta con farina integrale di grano duro). Pertanto non rileva, nel giudizio di opposizione all'ingiunzione del Sindaco, la prescrizione (ancorche' contenuta nel medesimo art. 29) che impone di produrre pasta alimentare soltanto con semola o semolato di grano duro.
Nel merito l'Avvocatura ritiene che non vi sia disparità di trattamento perche' non sono comparabili la posizione dei produttori nazionali e quella degli importatori di pasta alimentare; mentre per altro verso qualsiasi produttore sul territorio nazionale (sia italiano, che comunitario, che estero) e' obbligato ad utilizzare soltanto semola o semolato di grano duro. Ne' vi e' violazione dell'art. 41 Cost.potendo l'iniziativa economica privata essere indirizzata al fine di migliorare la qualità del prodotto.
3. Si e' costituita la parte privata aderendo, anche con successive memorie, alla motivazione dell'ordinanza di rimessione.
Considerato in diritto
l. E' stata sollevata questione incidentale di legittimità costituzionale - in riferimento agli artt. 3 e 41, comma 1, Cost. - degli artt. 28, 29 e 36, comma 1, legge 4 luglio 1967 n.580 (recante la disciplina per la lavorazione e commercio dei cereali, degli sfarinati, del pane e delle paste alimentari) nella parte in cui prescrivono che per la produzione industriale di paste alimentari secche debba essere usato esclusivamente grano duro e conseguentemente vietano di vendere, o di detenere per vendere, pasta secca, prodotta industrialmente, non avente tale caratteristica, per sospetta violazione sia del principio di eguaglianza (per disparità di trattamento tra i produttori italiani, ai quali e' imposto di produrre e vendere pasta confezionata unicamente con farina di grano duro, e gli importatori italiani, ai quali e' consentito introdurre per la vendita prodotti comunitari realizzati con materie prime diverse), sia del diritto di iniziativa economica (perche' risulta ingiustificatamente compressa l'attività dei produttori italiani).
2. Va accolta in via pregiudiziale l'eccezione (sollevata dall'Avvocatura di Stato) di inammissibilità della questione di costituzionalità per difetto di rilevanza per l'assorbente ragione che nel giudizio a quo la normativa censurata si assume violata (non già nella parte in cui impone di produrre pasta alimentare soltanto con semola o semolato di grano duro , bensì) nella parte in cui stabilisce il tenore massimo delle ceneri, della cellulosa e dell'acidità.
Va premesso che - mentre l'art. 33 legge n.580/67 cit.autorizza l'uso di grano tenero per la produzione artigianale di paste fresche destinata al consumo immediato - l'art.29 censurato stabilisce che per la produzione (industriale) di paste alimentari secche deve essere utilizzata esclusivamente semola (o semolato) di grano duro; disposizione questa che si salda con quella del successivo art. 36, primo comma, che vieta di vendere o di detenere per la vendita pasta avente caratteristiche diverse da quelle previste dalla legge stessa.
L'art. 29 reca poi un'ulteriore prescrizione di tipo qualitativo tabellando valori massimi di umidità, ceneri, cellulosa, sostanze azotate ed acidità, prescrizione che - al pari di quella relativa alla materia prima utilizzabile - deve essere osservata dai produttori di pasta alimentare.
Orbene l'ordinanza del giudice rimettente - che pur premette in fatto che alla società opponente e' stata contestata la violazione di questa seconda prescrizione (superamento dei limiti tabellati) e non già della prima (utilizzo di farine diverse dalla semola o semolato di grano duro) - omette del tutto di motivare in ordine ad un (neppure ipotizzato) nesso tra le due prescrizioni tale che l'eventuale caducazione della prima autorizzerebbe anche la produzione di pasta alimentare che, per il solo fatto di non essere prodotta esclusiva mente con semola di grano duro, potrebbe anche non essere rispettosa dei suddetti limiti tabellati; di questi non viene viceversa verificata la possibile valenza di carattere generale, che invece potrebbe pur desumersi dalla previsione (di natura derogatoria) di specifiche caratteristiche particolari per taluni tipi di pasta (quali quelle di cui agli artt. 31, 33 e 51), con la conseguente perdurante vigenza dei limiti medesimi anche nel caso (auspicato dal giudice rimettente per i produttori insediati sul territorio nazionale e già operante per i produttori insediati in altri paesi della CEE) di ampliamento delle materie prime utilizzabili per la produzione della pasta alimentare secca. Ne' il giudice rimettente - che neppure indica se nella specie si tratta di pasta prodotta in Italia ovvero importata da altri paesi della CEE - considera l'ambito dell'incidenza, nell'ordinamento nazionale, della citata pronuncia della Corte di giustizia CE, il cui dispositivo, in ragione del suo inequivocabile tenore letterale, e' circoscritto all'ipotesi di pasta prodotta con grano tenero o con miscela di grano duro e tenero, mentre nella specie si tratta - come indicato in narrativa - di pasta alimentare prodotta con farina integrale di grano duro, sicche' la censura della normativa nazionale avrebbe richiesto (ed invece e' del tutto mancata) la previa ricognizione del prescritto divieto di produzione di tal genere di pasta come misura di effetto equivalente a restrizione quantitativa all'importazione ex art. 30 del Trattato istitutivo della Comunità economica europea.
La questione di costituzionalità va quindi dichiarata inammissibile.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 28, 29 e 36, comma 1, legge 4 luglio 1967 n.580 (Disciplina per la lavorazione e commercio dei cereali, degli sfarinati, del pane e delle paste alimentari) sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 41, comma 1, della Costituzione, dal Pretore di Vicenza con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26/01/94.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Renato GRANATA, Redattore
Depositata in cancelleria il 10/02/94.