Ordinanza n. 365 del 1993

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ORDINANZA N. 365

 

ANNO 1993

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 21, terzo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319 (Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento), promosso con ordinanza emessa il 12 novembre 1992 dalla Corte di Appello di Trento nel procedimento penale a carico di Berlincioni Silvano, iscritta al n. 103 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1993.

 

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 23 giugno 1993 il Giudice relatore Francesco Greco.

 

Ritenuto che la Corte di Appello di Trento, nella causa penale contro Berlincioni Silvano, nella qualità di legale rappresentante della conceria Val d'Adige s.r.l., imputato del reato di cui all'art. 21, terzo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319, per avere effettuato nel torrente Leno scarichi eccedenti i limiti di accettabilità di cui al n. 32 della tabella "A" annessa alla detta legge, con ordinanza del 12 novembre 1992 (R.O. n.103 del 1993) ha sollevato questione di legittimità costituzionale della suddetta norma;

 

che, a parere della Corte remittente sarebbero violati gli artt. 4 e 41 della Costituzione, in quanto non sarebbe possibile l'installazione di impianti di depurazione e, comunque, detto limite per l'evoluzione della tecnica del settore non sarebbe più razionale e idoneo a soddisfare l'interesse generale della tutela delle acque dall'inquinamento, onde la lesione dei principi di libertà di iniziativa economica e di libertà di lavoro;

 

che nel giudizio è intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, che ha concluso per l'infondatezza della questione osservando che la norma impugnata risponde a esigenze reali di tutela dell'ambiente le quali prevalgono sulla stessa iniziativa economica.

 

Considerato che, a parte il carattere meramente programmatico del precetto di cui all'art. 4 della Costituzione, la concreta disciplina del diritto al lavoro rientra nella discrezionalità del legislatore il quale può dettare limiti a tutela di interessi pubblici e di valori primari quale è la tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini, beni anche essi garantiti dalla Costituzione (artt.9 e 32 Cost.);

 

che parimenti non può ritenersi in contrasto con il principio della libertà di iniziativa economica l'obbligo dell'imprenditore di osservare la disciplina amministrativa e penale che trova fondamento nella tutela di beni costituzionalmente rilevanti (sentt. nn. 184 del 1983  e 127 del 1990);

 

che pertanto la questione sollevata è manifestamente infondata.

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 21, terzo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319 (Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento), in riferimento agli artt.4 e 41 della Costituzione, sollevata dalla Corte di Appello di Trento con l'ordinanza in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26/07/93.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Francesco GRECO, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 30/07/93.