SENTENZA N. 312
ANNO 1993
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 112, primo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), promosso con ordinanza emessa l'8 gennaio 1993 dal Tribunale di Firenze nel procedimento civile vertente tra l'I.N.A.I.L. e Bellesi Silvano, iscritta al n. 109 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 1993.
Visti l'atto di costituzione dell'I.N.A.I.L. nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica dell'8 giugno 1993 il Giudice relatore Luigi Mengoni;
uditi l'avv. Nicola d'Angelo per l'I.N.A.I.L. e l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. Nel corso del giudizio di appello proposto dall'INAIL nei confronti di Silvano Bellesi avverso la sentenza 12 maggio 1992, n. 611, del Pretore di Firenze, il Tribunale di Firenze, con ordinanza dell'8 gennaio 1993, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 112, primo comma, del t.u. sull'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, approvato con d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, nella parte in cui assoggetta a prescrizione il diritto alle prestazioni previdenziali previste dal testo unico citato, e non soltanto i ratei maturati anteriormente alla domanda in sede amministrativa.
Nella specie l'assicurato aveva presentato denuncia di malattia professionale (broncopneumopatia) il 24 agosto 1986, ma la malattia aveva raggiunto il grado minimo di indennizzabilità il 7 ottobre 1987 (data successivamente accertata dal consulente tecnico d'ufficio nominato dal giudice di primo grado), sicchè la prescrizione triennale del diritto stabilita dalla norma impugnata aveva iniziato il suo corso quando erano trascorsi più di centocinquanta giorni dalla denuncia di malattia. Sebbene il procedimento amministrativo si sia protratto fino al 19 settembre 1989 (se non nel 1990 con la collegiale medica discorde del 23 maggio) il tribunale, in contrasto con l'interpretazione del pretore, ha escluso l'applicabilità della sospensione prevista dall'art. 111, ritenendo che il periodo massimo di centocinquanta giorni si fosse già consumato prima dell'inizio della prescrizione.
Peraltro, il tribunale dubita della legittimità costituzionale della norma che prevede la prescrizione, considerata nel quadro normativo modificato dalle sentenze di questa Corte che hanno rafforzato la tutela dell'assicurato, da un lato spostando il giorno di decorrenza del termine dalla data di manifestazione della malattia alla data del consolidamento, quando la prima sia anteriore, dall'altro rompendo la rigidità del sistema tabellare. Il dubbio è avanzato con due argomenti. L'uno, riferito agli artt. 3 e 38, secondo comma, Cost., è tratto dal confronto col diverso trattamento del diritto alla pensione di invalidità o di vecchiaia, pacificamente riconosciuto come diritto imprescrittibile, salva soltanto la prescrizione dei singoli ratei della prestazione già maturati. L'altro, riferito ancora all'art. 38 Cost., rileva che la manifestazione della malattia, dalla quale comincia a decorrere la prescrizione, è "un dato oggettivo estrinseco alla psiche dell'assicurato", mentre "la certezza, da parte dell'assicurato, dell'esistenza del diritto azionabile deve sussistere al momento iniziale della decorrenza della prescrizione, e non può essere ricostruita ex post o derivare da un accertamento peritale". Il rimedio dell'esperimento successivo di più cause previdenziali, indicato da questa Corte nella sentenza n. 31 del 1991, avrebbe perduto "una delle sue giustificazioni a seguito della sopravvenuta abolizione della gratuità delle cause previdenziali".
2. Nel giudizio davanti alla Corte si è costituito l'INAIL, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o comunque infondata.
Abbandonando la linea difensiva seguita nei due gradi del giudizio di merito, l'Istituto sostiene, in primo luogo, che il tribunale, in corretta applicazione della disciplina vigente, "avrebbe potuto e dovuto tranquillamente risolvere la controversia nel senso dell'accoglimento della domanda dell'assicurato con la decorrenza indicata dal consulente tecnico d'ufficio", e da questo punto di vista conclude per l'irrilevanza della sollevata questione di costituzionalità.
Sotto un altro profilo l'inammissibilità sarebbe corroborata da un passo della stessa ordinanza di rimessione, dove si finisce col riconoscere che la questione - sollevata con riguardo all'assetto normativo attuale, dal remittente giudicato poco soddisfacente - "non sembra allo stato risolvibile al di fuori di un organico intervento legislativo".
Nel merito l'INAIL, premesso che, per dottrina e giurisprudenza pacifiche, la prescrizione può toccare anche diritti costituzionalmente garantiti, contesta il confronto, istituito nell'ordinanza di rimessione, tra la rendita per infortunio o malattia professionale e il diritto alla pensione di invalidità o di vecchiaia, attesa la radicale differenza di presupposti e di funzione delle prestazioni dell'INAIL rispetto alle prestazioni dell'INPS, queste avendo funzione di retribuzione differita, quelle, invece, funzione risarcitoria.
L'assoggettamento a prescrizione del diritto alla rendita INAIL si giustifica per l'esigenza di acquisizione delle prove e di accertamento nel più breve tempo possibile, nell'interesse non solo dell'Istituto, ma dello stesso assicurato, del danno derivato dall'infortunio o dalla malattia professionale.
3. É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata con argomenti analoghi a quelli svolti dall'INAIL.
Considerato in diritto
1. Il Tribunale di Firenze sospetta di illegittimità costituzionale l'art.112, primo comma, del testo unico sull'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali (d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124), nella parte in cui assoggetta a prescrizione lo stesso diritto alle prestazioni di cui al titolo I del citato testo unico, e non soltanto il diritto ai ratei maturati anteriormente alla domanda in sede amministrativa.
2. La questione è inammissibile per difetto di rilevanza.
Ad avviso del giudice remittente, opposto alla sentenza di primo grado, qualora la prescrizione del diritto alla rendita decorra dal giorno del consolidamento della malattia al grado minimo di indennizzabilità (per ipotesi posteriore alla data della denuncia da parte dell'assicurato), e tra le due date siano trascorsi più di centocinquanta giorni, non è applicabile la sospensione prevista dall'art. 111, secondo comma.
Conseguentemente, nel caso di specie, il diritto dell'assicurato dovrebbe essere dichiarato estinto per prescrizione sopravvenuta prima della proposizione della domanda giudiziale.
Questa interpretazione, su cui il giudice a quo fonda il giudizio di rilevanza della sollevata questione di legittimità costituzionale, non può essere condivisa. Essa non coglie esattamente la portata della sentenza n.116 del 1969, poi precisata dalle sentenze nn. 544 del 1990 e 31 del 1991: la modificazione del dies a quo della prescrizione nell'ipotesi di consolidamento della malattia successivo alla manifestazione non può non coinvolgere anche la disciplina della sospensione.
All'interpretazione adottata dal giudice remittente è sottesa l'idea che le sentenze citate, avendo colpito soltanto l'art. 112, primo comma, non abbiano modificato il termine iniziale del periodo di centocinquanta giorni previsto dall'art. 111, terzo comma, con la conseguenza che, ove il consolidamento della malattia e, con esso, il dies a quo della prescrizione del diritto sopravvengano dopo centocinquanta giorni dalla denuncia della malattia, il detto periodo non potrebbe più qualificarsi come periodo di sospensione della prescrizione. In realtà si finisce così con l'attribuire alla giurisprudenza di questa Corte un effetto distorsivo dell'art. 111, che priva l'assicurato del beneficio della sospensione, riducendo nel caso in esame il termine della prescrizione da tre anni e centocinquanta giorni a soli tre anni.
É un'interpretazione che rompe arbitrariamente il nesso sintattico e logico del terzo col secondo comma dell'art. 111, il quale esclude che il periodo di centocinquanta giorni possa venire in considerazione altrimenti che come limite massimo di durata dell'effetto sospensivo della prescrizione collegato alla pendenza, nel momento di inizio della prescrizione, del procedimento per la liquidazione in via amministrativa dell'indennizzo.
Poichè la sospensione è una modalità temporale della prescrizione, lo spostamento del termine di decorrenza di questa dal giorno della denuncia della malattia al giorno del consolidamento comporta necessariamente un corrispondente spostamento del termine di computo del periodo previsto dal terzo comma dell'art. 111. Sempre che sussista il presupposto indicato nel secondo comma, la sospensione si applica quale che sia l'intervallo di tempo trascorso dalla manifestazione della malattia al raggiungimento del grado minimo indennizzabile.
Dall'ordinanza di rimessione risulta che il procedimento amministrativo si è esaurito il 19 settembre 1989, e dunque si è protratto ben oltre la data del consolidamento della malattia (7 ottobre 1987). Perciò il tribunale avrebbe dovuto determinare il dies ad quem della prescrizione conteggiando dal 7 ottobre 1987 il periodo di sospensione stabilito dall'art. 111, in ragione del quale la domanda giudiziale dell'assicurato risulta proposta tempestivamente, con conseguente irrilevanza della proposta questione di legittimità costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art.112, primo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Firenze con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 11/06/93.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Luigi MENGONI, Redattore
Depositata in cancelleria il 09/07/93.