SENTENZA N. 233
ANNO 1993
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 21 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 (Disciplina delle agevolazioni tributarie), promosso con ordinanza emessa il 20 maggio 1992 dalla Commissione tributaria di 1° grado di Gorizia sul ricorso proposto dalla Cassa di risparmio di Gorizia contro l'Intendenza di Finanza di Gorizia, iscritta al n. 401 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell'anno 1992.
Visti l'atto di costituzione della Cassa di risparmio di Gorizia, nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 30 marzo 1993 il Giudice relatore Fernando Santosuosso;
udito l'avv. Giuseppe Tinelli per la Cassa di risparmio di Gorizia.
Ritenuto in fatto
1.- Nel corso di un giudizio tributario promosso dalla Cassa di risparmio di Gorizia per ottenere il rimborso di parte di quanto versato per ILOR in riferimento all'esercizio del 1980, la Commissione tributaria di 1° grado di Gorizia ha sollevato d'ufficio la questione di legittimità costituzionale dell'art.21 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 601; norma che, "pur essendo manifestazione del diritto di scelta discrezionale del legislatore in tema di agevolazioni fiscali, deve comunque attenersi a criteri di logicità, criteri non osservati in quanto l'applicazione delle agevolazioni di cui trattasi porta un aggravio per il contribuente anzichè un vantaggio (difetto di razionalità rispetto allo scopo)".
2.- Nella specie, la Cassa di risparmio di Gorizia aveva presentato (il 23 aprile 1981) una prima dichiarazione dei redditi con determinate misure di imponibili; ma, nel termine dei trenta giorni successivi, aveva presentato il 20 maggio 1981 una dichiarazione sostitutiva, correggendo l'entità di detti imponibili, senza tener più conto dell'agevolazione di cui all'art. 21. In relazione a questa diversa dichiarazione, l'istituto contribuente richiedeva, nei termini di legge, il rimborso di quanto versato in eccedenza rispetto al dovuto.
A seguito del rifiuto dell'Intendenza di Finanza a rimborsare quanto richiesto, la Cassa di risparmio adiva la Commissione tributaria di 1° grado di Gorizia. Questa, con l'ordinanza emessa il 20 maggio 1992 sollevava d'ufficio la questione di costituzionalità delle norme da applicare.
3.- La Cassa di risparmio si è costituita in questa sede con atto depositato il 17 luglio 1992, in cui, dopo avere ampiamente esposto le circostanze di fatto ed il fenomeno tributario in questione, nonchè i motivi relativi al legittimo dubbio circa la rinunziabilità dell'agevolazione, ha aderito all'ordinanza di rimessione circa l'incoerenza di una agevolazione tributaria finalizzata ad aggravare la situazione patrimoniale dell'interessato, determinando quindi la violazione sia del principio di eguaglianza, sia del principio che vuole l'imposizione tributaria rapportata all'effettiva capacità economica del contribuente.
4.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, si è costituito con atto depositato il 9 settembre 1992. Le parti hanno presentato memorie.
All'odierna udienza è intervenuto il difensore della Cassa di risparmio, che ha illustrato i motivi per i quali insiste per l'accoglimento dell'eccezione di incostituzionalità sollevata dalla Commissione tributaria.
Considerato in diritto
1.- Con ordinanza emessa il 20 maggio 1992 la Commissione tributaria di 1° grado di Gorizia dubita della legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dell'art. 21 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, nella parte in cui il trattamento agevolativo ivi previsto finisca col determinare un aggravio d'imposta, per difetto di razionalità della norma rispetto allo scopo dichiarato di concedere un beneficio fiscale.
Con atto depositato il 9 settembre 1992 si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato ed ha presentato memorie. Ma tale intervento è inammissibile in quanto risulta tardivamente spiegato oltre il termine di 20 giorni dalla pubblicazione dell'ordinanza nella Gazzetta Ufficiale. Nè è applicabile, al termine perentorio stabilito per la costituzione delle parti nel giudizio davanti questa Corte, la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, secondo la giurisprudenza consolidata (da ultimo sentenza n. 215 del 1986).
La questione incidentale di costituzionalità sollevata d'ufficio dalla Commissione tributaria di 1° grado di Gorizia appare ammissibile, benchè sorretta da una motivazione molto concisa e pur essendo stata la norma in esame abrogata con decreto legge 2 marzo 1993 n. 43 (art.66); abrogazione che non ha effetto retroattivo e che, fino alla data odierna, non è stata definitivamente sanzionata con legge di conversione. Va inoltre precisato che, sebbene l'ordinanza di rimessione dichiari non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del citato art. 21, senza alcuna distinzione, l'impugnativa riguarda in realtà la sola norma destinata ad applicarsi nel giudizio a quo, e cioé il secondo comma di detto articolo, che prevede l'agevolazione tributaria relativamente ai mutui concessi a determinati enti pubblici. Deve quindi passarsi all'esame nel merito della questione.
2.- Sulla base della motivazione dell'ordinanza di rimessione e dell'illustrazione scritta ed orale fattane dalla difesa della Cassa di risparmio costituita, i motivi di incostituzionalità del secondo comma dell'art. 21, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 possono essere così enunciati: a) violazione dell'art. 3 della Costituzione per l'incoerenza di una norma che, rubricata come "agevolazioni relative alle imposte sui redditi", nel quadro della "disciplina delle agevolazioni tributarie" cui è dedicato il d.P.R. 601 del 1973, si traduce -per i combinati meccanismi di calcolo degli imponibili dell'IRPEG e dell'ILOR- in un maggiore onere fiscale; b) violazione dello stesso art. 3 sotto l'ulteriore profilo della disparità di trattamento di soggetti della stessa categoria, a seconda che concedano o meno quel tipo di mutui; c) violazione dell'art. 53 della Costituzione in quanto, applicandosi la norma denunziata, si eleva la misura della pretesa tributaria nei confronti di un soggetto che non ha avuto una corrispondente maggiore capacità contributiva.
3.- La questione, che può essere valutata con un discorso unitario relativamente ai tre profili ora esposti, si appalesa fondata.
L'art. 21, secondo comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 dispone che "Gli interessi derivanti da mutui fatti da aziende e istituti di credito a regioni, province, comuni, enti ospedalieri ed enti pubblici di beneficenza, assistenza e istruzione sono esenti dall'imposta sul reddito delle persone giuridiche per metà del loro ammontare".
Indubbiamente, ai sensi del sistema vigente, può verificarsi il distorto fenomeno fiscale lamentato dal contribuente e che ha indotto la Commissione tributaria a sollevare d'ufficio la questione di costituzionalità. Se, invero, l'agevolazione tributaria prevista da detta norma giova all'istituto di credito riducendo i suoi proventi imponibili ai fini dell'IRPEG, ove però si consideri che l'operatività della norma agevolativa va collegata con le altre norme (in particolare gli artt. 58-61 d.P.R. 597 del 1973), secondo cui i costi detraibili ai fini dell'ILOR si determinano in corrispondenza dei predetti proventi imponibili IRPEG, ne deriva che, riducendo (per la concessa agevolazione) questo imponibile, si riducono proporzionalmente anche i costi detraibili, col risultato di un aumento dell'ILOR in misura tale da superare notevolmente il vantaggio concesso nel calcolo dell'altra imposta.
Il che certo non è ragionevole, in quanto contrario all'intento del legislatore di volere favorire e non aggravare gli istituti di credito che concedono mutui agli enti pubblici sopraindicati.
4.- Le distorte e illogiche conseguenze ora cennate potrebbero essere evitate se l'agevolazione fiscale fosse chiaramente disponibile dall'istituto contribuente, nel senso che essa fosse concessa solo se richiesta o, una volta richiesta o concessa, fosse rinunziabile.
Senonchè la lettera del citato art. 21 ("sono esenti dall'imposta") induce piuttosto a ritenere che la prevista agevolazione, in quanto connessa alla natura di quei determinati mutui, discenda in qualche modo automaticamente dalla dichiarazione fatta dal contribuente. Ed in ogni caso, anche se la norma si interpretasse nel senso di presupporre una domanda, sia pure implicita, da parte dell'istituto contribuente, sarebbe arduo ritenere che tale implicita richiesta possa essere ritrattata in sede di quella dichiarazione integrativa prevista dalla legge (art. 9 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 e successive modificazioni) solo per correggere errori o omissioni, dal momento che queste correzioni vanno riferite ad errori materiali o di calcolo, ovvero ad errori di diritto nella determinazione della base imponibile, e non anche a pentimenti nelle scelte fatte nella dichiarazione di base.
5.- Ad evitare, pertanto, le conseguenze distorte di una norma che determina irrazionalmente l'effetto contrario di quello risultante dall'espresso intento del legislatore, non resta che dichiararla illegittima, in quanto contraria ai principi costituzionali sanciti negli artt. 3 e 53 della Costituzione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara costituzionalmente illegittimo l'art. 21, secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 (Disciplina delle agevolazioni tributarie).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 03/05/93.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Fernando SANTOSUOSSO, Redattore
Depositata in cancelleria il 13/05/93.