Sentenza n. 114 del 1993

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SENTENZA N. 114

 

ANNO 1993

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Giuseppe BORZELLINO

 

Giudici

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162 (Riordinamento delle scuole dirette a fini speciali, delle scuole di specializzazione e dei corsi di perfezionamento) e dell'art. 12, ultimo comma, della legge 21 febbraio 1980, n. 28 (Delega al Governo per il riordinamento della docenza universitaria e relativa fascia di formazione, e per la sperimentazione organizzativa e didattica) promosso con ordinanza emessa l'11 giugno 1990 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sui ricorsi riuniti proposti dall'Ente siciliano di servizio sociale (E.S.I.S.) ed altri, e dall'Ente italiano di servizio sociale (E.I.S.S.) ed altri, contro il Presidente del Consiglio dei ministri ed altri, iscritta al n. 269 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell'anno 1992.

 

Visti gli atti di costituzione di Paola Buzzola e dell'Ente italiano di servizio sociale (E.I.S.S.), nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell'udienza pubblica del 3 novembre 1992 il Giudice relatore Cesare Mirabelli;

 

uditi l'avvocato Michele Scozia per l'Ente italiano di servizio sociale (E.I.S.S.) e l'avvocato dello Stato Giuseppe Orazio Russo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel corso del giudizio sui ricorsi riuniti proposti dall'Ente siciliano di servizio sociale (E.S.I.S.) ed altri, e dall'Ente italiano di servizio sociale (E.I.S.S.) ed altri, per l'annullamento del decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1987, n. 14, concernente il valore abilitante del diploma di assistente sociale rilasciato dalle scuole universitarie dirette a fini speciali, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con ordinanza emessa l'11 giugno 1990 (pervenuta il 2 maggio 1992), ha sollevato, in riferimento agli artt.76 e 77 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n.162 (Riordinamento delle scuole dirette a fini speciali, delle scuole di specializzazione e dei corsi di perfezionamento) e dell'art. 12, ultimo comma, della legge 21 febbraio 1980, n. 28 (Delega al Governo per il riordinamento della docenza universitaria e relativa fascia di formazione, e per la sperimentazione organizzativa e didattica).

 

Il decreto presidenziale n. 14 del 1987, impugnato dinanzi al Tribunale amministrativo regionale, disciplina il valore abilitante del diploma di assistente sociale e stabilisce che il diploma stesso costituisce l'unico titolo per l'esercizio della professione di assistente sociale (art.1), della quale contestualmente definisce il contenuto (art. 2).

 

Questa disciplina intende dare attuazione all'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162, che, provvedendo al riordinamento delle scuole universitarie dirette a fini speciali, consente di determinare con appositi decreti presidenziali i diplomi rilasciati dalle scuole stesse, che hanno valore abilitante per l'esercizio delle corrispondenti professioni o costituiscono titolo per l'accesso a determinati livelli funzionali del pubblico impiego.

 

La disposizione legislativa sopra indicata sarebbe stata emanata, ad avviso del giudice rimettente, in assenza di apposita delega da parte delle Camere; in violazione, quindi, dell'art. 77 della Costituzione, in quanto la delega attribuita con la legge 21 febbraio 1980, n. 28, per la revisione degli ordinamenti delle scuole dirette a fini speciali, non comprenderebbe il potere di incidere sulla libertà di esercizio di una determinata attività, rendendo necessario per essa un titolo di studio in precedenza non richiesto.

 

Se poi si ritenesse che la delega concessa dall'art. 12, ultimo comma, della legge n. 28 del 1980 comprenda la disciplina della professione di assistente sociale, la stessa legge di delega sarebbe in contrasto, ad avviso del giudice rimettente, con l'art. 76 della Costituzione, in quanto priva della necessaria determinazione di principi e criteri direttivi.

 

La questione di legittimità' costituzionale è stata ritenuta rilevante dal Tribunale amministrativo, perchè la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle disposizioni denunciate priverebbe di base legale il decreto del Presidente della Repubblica n. 14 del 1987, oggetto del giudizio dinanzi al giudice rimettente.

 

2. - Si è costituita Paola Buzzola, ricorrente nel giudizio a quo, per aderire alle argomentazioni contenute nell'ordinanza di rimessione e per chiedere, in via subordinata, che la Corte sollevi d'ufficio questione di legittimità costituzionale delle disposizioni denunciate, per contrasto con gli artt.76 e 77, primo comma, della Costituzione, sotto profili diversi da quelli enunciati nell'ordinanza di rinvio, e per contrasto con gli artt.33, 3 e 97 della Costituzione.

 

3. - Si è costituito anche l'Ente italiano di servizio sociale, che ha concluso per l'accoglimento della questione di legittimità costituzionale, svolgendo argomentazioni analoghe a quelle contenute nella memoria dell'altra parte privata costituita.

 

4. - É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

 

Secondo l'Avvocatura il termine "ordinamento" delle scuole dirette a fini speciali, usato nella delega legislativa (art. 12, ultimo comma, della legge n. 28 del 1980), indica la struttura di itinerari formativi e comprende i titoli finali, con i quali il corso di studi si conclude.

 

L'ordinamento delle scuole dirette a fini speciali deve essere riferito anche ai contenuti che i titoli di studio rilasciati certificano, con riferimento alle conoscenze ed alle abilità acquisite.

 

L'Avvocatura ricorda che, nel contesto della legislazione scolastica, l'analoga dizione "ordinamento" degli istituti tecnici comprende non solo l'articolazione del corso di studi relativo a ciascun indirizzo, ma anche la tipologia dei titoli finali di studio (alcuni dei quali abilitanti) e delle corrispondenti figure professionali (ragionieri, programmatori, geometri, periti industriali, periti agrari).

 

L'Avvocatura segnala inoltre che la legge 19 novembre 1990, n. 341, di riforma degli ordinamenti didattici universitari, emanata successivamente all'ordinanza di rimessione, sopprime le scuole dirette a fini speciali e le trasforma in corsi di diploma. La disciplina legislativa sopravvenuta potrebbe far ritenere al giudice rimettente, al quale gli atti andrebbero restituiti, che la questione di legittimità costituzionale non sia più rilevante.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio dubita della legittimità costituzionale della disposizione normativa che, provvedendo al riordinamento delle scuole dirette a fini speciali - in forza dei poteri attribuiti al Governo nel contesto della più ampia delega per il riordinamento della docenza universitaria e per la sperimentazione organizzativa e didattica (art. 12 della legge n.28 del 1980) -, ha stabilito che con decreto del Presidente della Repubblica "possono essere determinati i diplomi delle scuole dirette a fini speciali che, in relazione a specifici profili professionali, hanno valore abilitante per l'esercizio delle corrispondenti professioni ovvero di titolo per l'accesso a determinati livelli funzionali del pubblico impiego per i quali non sia previsto il diploma di laurea" (art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162).

 

Il giudice rimettente ritiene che questa disposizione legislativa contrasti con l'art. 77 della Costituzione, eccedendo la delega attribuita dalle Camere al Governo per la revisione degli ordinamenti delle scuole dirette a fini speciali;

 

delega che non consentirebbe di emanare una norma ritenuta idonea ad incidere sul libero esercizio della professione di assistente sociale.

 

D'altra parte se la legge di delega comprendesse questo potere, ad avviso del giudice rimettente essa stessa contrasterebbe con l'art. 76 della Costituzione, giacchè nell'art. 12, ultimo comma, della legge n.28 del 1980 non sarebbero indicati i principi ed i criteri direttivi, necessari per limitare l'ambito della delega ed orientarne l'esercizio.

 

2. - La questione di legittimità costituzionale deve essere esaminata esclusivamente nei limiti fissati dall'ordinanza di rimessione. Non possono, difatti, essere prese in considerazione, se non siano pregiudiziali rispetto allo stesso giudizio di legittimità costituzionale, ulteriori questioni prospettate dalle parti private nel giudizio dinanzi alla Corte.

 

Non può inoltre essere accolta la richiesta dell'Avvocatura dello Stato di restituzione degli atti al giudice che ha sollevato la questione, perchè possa valutarne nuovamente la rilevanza alla luce della sopravvenuta legge 19 novembre 1990, n. 341. La riforma degli ordinamenti didattici universitari dettata da questa legge innova la disciplina delle scuole dirette a fini speciali, prevedendo la trasformazione dei corsi che facevano capo ad esse in corsi di diploma universitario (titolo accademico, questo, di nuova introduzione e di livello inferiore rispetto alla laurea), ma non concerne l'attribuzione di valore abilitante ai titoli di studio. Si tratta inoltre di una nuova disciplina che non riguarda le situazioni fondate sulla legislazione anteriore, sotto posta al giudizio di legittimità costituzionale.

 

3. - L'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162, consentendo di determinare i diplomi delle scuole dirette a fini speciali che hanno valore abilitante per l'esercizio delle corrispondenti professioni e per l'accesso a determinati livelli funzionali del pubblico impiego, implica e presuppone una distinta disciplina delle professioni e dei profili professionali considerati, per i quali sia richiesta una specifica abilitazione, in ordine alla quale il titolo di studio rilasciato dalla scuola diretta a fini speciali assume valore immediatamente idoneativo.

 

La disposizione denunciata non disciplina le professioni, nè i requisiti richiesti per l'accesso a particolari qualifiche e funzioni del pubblico impiego. Non attribuisce inoltre il potere di dettare questa disciplina ai previsti atti di normazione secondaria, che determinano i singoli piani didattici, i titoli di studio cui i corsi danno luogo e che assumono validità di abilitazione.

 

Correttamente interpretata, la disposizione denunciata non eccede, per i profili segnalati, i poteri delegati al Governo con l'art. 12 della legge 21 febbraio 1980, n. 28, che consente di rivedere "gli ordinamenti" delle scuole dirette a fini speciali, e quindi anche di determinare i corsi e i titoli di studio che esse rilasciano. Nè sussiste l'eccesso dai limiti della delegazione o la mancata enunciazione dei principi e criteri direttivi nella legge di delega, rimanendo estranea tanto alla delega quanto all'esercizio di essa la definizione e la disciplina delle professioni e dei profili professionali, nell'ambito della pubblica amministrazione, cui i titoli di studio abilitano o danno accesso.

 

La definizione della professione di assistente sociale, come consistente "nell'operare, in rapporto di lavoro subordinato od autonomo, con i principi, le conoscenze, i metodi specifici del servizio sociale e nell'ambito del sistema organizzato dalle risorse sociali, in favore di persone singole, di gruppi e di comunità, per prevenire e risolvere situazioni di bisogno", come pure la indicazione del diploma rilasciato dalle scuole dirette a fini speciali come "unico" titolo abilitante per l'esercizio di una professione, così definita, e necessario per l'accesso a funzioni caratterizzate dalle corrispondenti mansioni nel pubblico impiego, sono contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1987, n. 14, del quale è stato chiesto l'annullamento al Tribunale amministrativo regionale del Lazio. Si tratta di un atto non avente forza di legge, in ordine al quale correttamente non è stata sollevata questione di legittimità costituzionale e che in nessun caso potrebbe formare oggetto di un giudizio rimesso alla Corte costituzionale.

 

Pertanto la questione di legittimità costituzionale, nei termini nei quali è stata prospettata dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, non è fondata.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162 (Riordinamento delle scuole dirette a fini speciali, delle scuole di specializzazione e dei corsi di perfezionamento) e dell'art. 12, ultimo comma, della legge 21 febbraio 1980, n. 28 (Delega al Governo per il riordinamento della docenza universitaria e relativa fascia di formazione, e per la sperimentazione organizzativa e didattica), sollevata, in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio con ordinanza emessa l'11 giugno 1990.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24/03/93.

 

Giuseppe BORZELLINO Presidente

 

Cesare MIRABELLI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 26/03/93.