ORDINANZA N. 491
ANNO 1992
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 555, terzo comma, e 558, secondo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 24 gennaio 1992 dal Pretore di Brescia, Sezione distaccata di Gardone Val Trompia, nel procedimento penale a carico di Torri Alberto, iscritta al n. 373 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell'anno 1992;
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nella camera di consiglio del 2 dicembre 1992 il Giudice relatore Giuliano Vassalli;
Ritenuto che con ordinanza del 24 gennaio 1992 il Pretore di Brescia, Sezione distaccata di Gardone Val Trompia, dopo aver premesso che, nel corso di un procedimento penale per il delitto di omicidio colposo, le persone offese, depositata una lista testimoniale il 15 gennaio 1992, si sono costituite parti civili all'udienza del 17 gennaio 1992 e che nella medesima udienza il difensore dell'imputato ha eccepito "la tardività dell'istanza istruttoria" a norma dell'art. 79, terzo comma, del codice di procedura penale, ha sollevato questione di legittimità costituzionale:
- a) dell'art. 555, terzo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che alla persona offesa venga notificato il decreto di citazione a giudizio, per violazione dell' 3 della Costituzione, in quanto si determina una irragionevole disparità di trattamento tra la parte offesa citata a giudizio dal giudice per le indagini preliminari, essendo in tal caso prevista la notificazione del decreto di citazione a giudizio, e la parte offesa citata a giudizio dal pubblico ministero che "ha semplicemente diritto ad essere citata ex art. 558/2 c.p.p.";
- b) dell'art. 558, secondo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che alla persona offesa venga notificato il decreto di citazione a giudizio negli stessi termini minimi previsti per l'imputato, per violazione degli 3 e 24 della Costituzione, in quanto "mentre l'imputato ha sostanzialmente 45 gg. di tempo per cercare e trovare prove a discarico, la parte offesa-parte civile, stante il contemporaneo disposto degli artt. 558/2 e 79/3 c.p.p., ne potrebbe avere in astratto solo 5", generandosi in tal modo "una disparità di trattamento in ordine al concreto esercizio del diritto alla prova" lesivo di entrambi gli invocati parametri;
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili e comunque non fondate;
Considerato che, come correttamente osserva l'Avvocatura interveniente, entrambe le disposizioni oggetto di impugnativa hanno già ricevuto integrale applicazione ed esaurito gli effetti che le stesse sono destinate a produrre, essendo ritualmente intervenuta nel procedimento a quo tempestiva costituzione di parte civile ad opera dei soggetti a ciò legittimati ed in virtù della rispettiva citazione davanti al giudice odierno rimettente, sicché, dovendosi quest'ultimo pronunciare su di una eccezione riguardante la tardiva presentazione di una lista testimoniale a norma dell'art. 79, terzo comma, c.p.p., nel delibare la fondatezza di tale eccezione, il medesimo giudice avrebbe dovuto sottoporre a sindacato di costituzionalità non le disposizioni che mirano a consentire ai soggetti danneggiati dal reato di costituirsi parte civile, ma la preclusione che la parte civile rinviene nell'avvalersi della facoltà di presentare le liste dei testimoni, ove la costituzione sia intervenuta, come nella specie, dopo la scadenza del termine previsto dall'art. 468, primo comma, del codice di rito;
e che, pertanto, non potendo più le norme denunciate trovare applicazione nel processo a quo, le questioni, così come proposte, devono essere dichiarate manifestamente inammissibili;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 555, terzo comma, e 558, secondo comma, del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Pretore di Brescia, Sezione distaccata di Gardone Val Trompia, con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1992.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: VASSALLI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 29 dicembre 1992.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA