SENTENZA N. 487
ANNO 1992
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 2 della legge 29 febbraio 1984, n. 18 (Disciplina della proroga dei termini di vigenza delle leggi e proroga di taluni termini in scadenza al 31 dicembre 1983); 6, n. 30, della legge 29 febbraio 1988, n. 48 (Fiscalizzazione degli oneri sociali, proroga degli sgravi contributivi nel Mezzogiorno, interventi per settori in crisi e norme in materia di organizzazione dell'INPS); 7, n. 5, della legge 7 dicembre 1989, n. 389 (Disposizioni urgenti in materia di evasione contributiva, di fiscalizzazione degli oneri sociali, di sgravi contributivi nel Mezzogiorno e di finanziamenti dei patronati); promosso con ordinanza emessa il 21 novembre 1991 dal Tribunale di Genova nel procedimento civile vertente tra Allegranza Cesarina, ed altre, e l'ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza delle Ostetriche (E.N.P.A.O.), iscritta al n. 305 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell'anno 1992;
Visto l'atto di costituzione di Allegranza Cesarina, ed altre, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nell'udienza pubblica del 18 novembre 1992 il Giudice relatore Luigi Mengoni;
Uditi gli avvocati Franco Agostini e Manfredi Caniglia per Allegranza Cesarina, ed altre, e l'Avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri;
Ritenuto in fatto
- - Nel corso di un giudizio promosso da Giuseppina Allegranza ed altre nei confronti dell'ente nazionale di previdenza ed assistenza delle ostetriche (ENPAO) in liquidazione, al fine di ottenere il trattamento pensionistico di vecchiaia in misura non inferiore a quello minimo erogato ai lavoratori autonomi delle gestioni speciali INPS, il Tribunale di Genova, con ordinanza del 21 novembre 1991, pervenuta alla Corte costituzionale il 20 maggio 1992, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, Cost., questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 4, del d.l. 29 dicembre 1983, n. 747, convertito nella legge 27 febbraio 1984, n. 18, 6, comma 30, del d.l. 30 dicembre 1987, n. 536, convertito nella legge 29 febbraio 1988, n. 48, e 7, comma 5, del d.l. 9 ottobre 1989, n. 338, convertito nella legge 7 dicembre 1989, n. 389.
In primo luogo, il giudice remittente censura le norme denunciate - che hanno via via prorogato al 30 giugno 1990 il termine per lo scioglimento dell'ENPAO, originariamente previsto dall'art. 1, secondo comma, della legge n. 127 del 1980 alla scadenza del regime transitorio triennale di cui al primo comma, ossia alla data del 27 aprile 1983 - perché non hanno provveduto ad adeguare, senza altri indugi, il trattamento pensionistico delle ostetriche iscritte all'ENPAO a quello assicurato ai lavoratori autonomi delle gestioni INPS, in attuazione della direttiva espressa nell'art. 4, ultimo comma, della stessa legge n. 127. In subordine, lamenta che i citati decreti di proroga non abbiano almeno provveduto ad adeguare alle variazioni del costo della vita i minimi di pensione determinati dall'art. 4 della legge n. 127 del 1980, considerato che il Ministro del lavoro non ha mai esercitato il potere discrezionale di adeguamento anno per anno attribuitogli dall'art. 5.
- - Nel giudizio davanti alla Corte si sono costituite le ricorrenti aderendo alle argomentazioni dell'ordinanza di rimessione e concludendo per una dichiarazione di fondatezza della questione.
In un'ampia memoria aggiunta esse sostengono la possibilità - avvalorata dall'abrogazione del quarto comma dell'art. 4 della legge del 1980, disposta dall'art. 4 della legge 7 agosto 1990, n. 249 - di interpretare le norme in esame nel senso che fin dalla scadenza del triennio indicato nell'art. 1 della legge n. 127 del 1980 è già sorto in capo alle titolari di pensioni corriposte dall'ENPAO il diritto a un trattamento minimo di ammontare pari a quello spettante ai lavoratori autonomi delle gestioni INPS.
Se non si accedesse a questa interpretazione, la censura di incostituzionalità non potrebbe essere evitata. Risulterebbero violati sia il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost., perché le ostetriche titolari di pensione a carico dell'ENPAO sarebbero discriminate rispetto alle ostetriche collocate in pensione dopo il 30 giugno 1990 a carico dell'INPS, sia l'art. 38, secondo comma, Cost., perché il trattamento pensionistico minimo garantito ai lavoratori autonomi dalle gestioni INPS deve ritenersi la misura minima di adeguatezza alle esigenze di vita del lavoratore pensionato, il che si argomenterebbe dall'art. 7 della legge 15 aprile 1985, n. 140.
- - È intervenuto il Presidente del consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, in subordine, infondata.
La legge n. 127 del 1980 già aveva previsto, alla scadenza del regime transitorio triennale, la parificazione del trattamento pensionistico minimo delle ostetriche al minimo garantito ai lavoratori autonomi dalle gestioni INPS, nonché un meccanismo di adeguamento delle prestazioni dell'ENPAO durante il regime transitorio alle variazioni del costo della vita. Le norme impugnate si sono limitate a prorogare il termine per lo scioglimento dell'ENPAO, probabilmente per ragioni connesse ai dissesti finanziari dell'ente, e quindi nulla avrebbero potuto aggiungere alla legge del 1980 in ordine all'adeguamento dei trattamenti pensionistici delle istanti.
Considerato in diritto
- - L'art. 1, secondo comma, della legge 2 aprile 1980, n. 127, aveva disposto lo scioglimento dell'ente nazionale di previdenza e assistenza delle ostetriche (ENPAO) alla scadenza del termine triennale di cui al primo comma, decorrente dalla data di entrata in vigore della legge medesima (27 aprile 1980). Stabiliva inoltre che "con decorrenza immediatamente successiva alla data di scioglimento dell'ENPAO (27 aprile 1983) i trattamenti mensili di pensione dovranno comunque garantire un trattamento minimo pensionistico pari a quello previsto per i lavoratori autonomi delle gestioni dell'INPS" (art. 4, quarto comma), mentre per la durata del regime transitorio l'art. 5 attribuiva al Ministro del lavoro il potere di aumentare annualmente le pensioni erogate dall'ente in misura percentuale correlata alle variazioni dell'indice del costo della vita.
Per ragioni connesse al dissesto finanziario dell'ENPAO (in soccorso del quale dovette intervenire lo Stato con un contributo straordinario di quindici miliardi di lire: art. 8 della legge 15 aprile 1985, n. 140), la data di scioglimento dell'ente è stata via via prorogata dall'art. 4, comma 8, del d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito nella legge 11 novembre 1983, n. 638 (al 31 dicembre 1983), dall'art. 2, comma 4, del d.l. 29 dicembre 1983, n. 747, convertito nella legge 27 febbraio 1984, n. 18 (al 31 marzo 1984), dall'art. 6, comma 30, del d.l. 30 dicembre 1987, n. 536, convertito nella legge 29 febbraio 1988, n. 48 (al 31 dicembre 1987), dall'art. 7, comma 5, del d.l. 9 ottobre 1989, n. 338, convertito nella legge 7 dicembre 1989, n. 389 (al 30 giugno 1990). Corrispondentemente la proroga ha determinato lo spostamento del termine iniziale di efficacia del diritto attribuito alle istanti dall'art. 4, quarto comma, della legge del 1980: in capo alle ostetriche già titolari di pensione ENPAO alla data del 30 giugno 1990 il diritto a un trattamento minimo pari a quello garantito ai lavoratori autonomi delle gestioni INPS è sorto - nei confronti dello stesso INPS (gestione degli interventi assistenziali e di sostegno delle gestioni previdenziali) subentrato al disciolto ente ai sensi dell'art. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 249 - con decorrenza dal 1° luglio 1990.
- - Le norme di proroga contenute nel secondo, nel terzo e nel quarto dei decreti-legge citati nel numero precedente sono impugnate dal Tribunale di Genova "nella parte in cui prorogando il termine per lo scioglimento dell'ENPAO stabilito dall'art. 1 della legge n. 127 del 1980, non hanno previsto alcun meccanismo di adeguamento dei valori monetari relativi ai minimi di pensione di vecchiaia delle ostetriche, fissati dall'art. 4 della medesima legge, quanto meno alle variazioni del costo della vita".
- - L'Avvocatura dello Stato ha eccepito l'inammissibilità della questione, sul rilievo che l'impugnazione di costituzionalità non appare proponibile nei confronti delle norme denunciate, le quali si sono limitate a prorogare il termine per lo scioglimento dell'ENPAO, e quindi nulla avrebbero potuto aggiungere alla legge del 1980 in ordine all'adeguamento dei trattamenti minimi pensionistici delle istanti.
L'eccezione è fondata.
La difesa delle istanti replica che il giudice a quo muove da una valutazione di non incostituzionalità dell'art. 4, quarto comma, della legge del 1980, nella parte in cui ritardava di tre anni l'adeguamento dei minimi di pensione delle ostetriche, purché la durata del regime transitorio restasse contenuta entro questo termine o al massimo non si spingesse oltre la prima proroga, di pochi mesi, disposta dal d.l. n. 536 del 1983 (non impugnato). La violazione degli artt. 3 e 38 Cost. è sopravvenuta col d.l. n. 747 del 1983 e i due successivi che, con efficacia dal 1° gennaio 1984, hanno prorogato di sette anni il termine originario. Correttamente, quindi, il giudice remittente ha censurato soltanto questi decreti perché non hanno provveduto a sganciare l'adeguamento dei trattamenti pensionistici minimi erogati dall'ENPAO dalla condizione dello scioglimento dell'ente.
Va obiettato che, alla stregua della detta valutazione, i decreti di proroga avrebbero dovuto essere impugnati congiuntamente con l'art. 4, quarto comma, della legge del 1980, atteso che da tale disposizione, in quanto modificata dalle proroghe della data di scioglimento dell'ente, è derivato l'ostacolo - fino al 30 giugno 1990 - all'adeguamento del trattamento minimo di pensione delle istanti. Senza l'impugnativa dell'art. 4, quarto comma, manca la norma sulla quale dovrebbe eventualmente innestarsi il provvedimento additivo chiesto al giudice delle leggi.
- - Inammissibile è pure la questione subordinata di legittimità costituzionale delle norme denunciate, nella parte in cui, prorogando il regime transitorio della legge del 1980, non hanno previsto almeno un meccanismo di adeguamento delle pensioni erogate dall'ENPAO agli aumenti del costo della vita.
A tal fine un meccanismo, suscettibile di operare anche per i periodi di proroga del regime transitorio, era già congegnato dall'art. 5 della legge del 1980, né questa norma potrebbe essere censurata per la mancanza di carattere autoapplicativo, essendo rimesso al potere discrezionale del Ministro del lavoro l'adeguamento anno per anno degli importi delle pensioni alle variazioni dell'indice ISTAT: l'art. 38 Cost. lascia al legislatore libertà di scelta tra l'uno o l'altro tipo di meccanismo (cfr. sentt. nn. 337 del 1992, 497 del 1988). L'art. 5 legittimava le istanti a reagire all'inerzia del Ministro del lavoro con una domanda di emissione del decreto ivi previsto e a impugnare l'eventuale silenzio-rifiuto davanti al giudice amministrativo.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 4, del d.l. 29 dicembre 1983, n. 747 (Disciplina della proroga dei termini di vigenza delle leggi e proroga di taluni termini in scadenza al 31 dicembre 1983), convertito nella legge 27 febbraio 1984, n. 18; 6, comma 30, del d.l. 30 dicembre 1987, n. 536 (Fiscalizzazione degli oneri sociali, proroga degli sgravi contributivi nel Mezzogiorno, interventi per settori in crisi e norme in materia di organizzazione dell'INPS), convertito nella legge 29 febbraio 1988, n. 48, e 7, comma 5, del d.l. 9 ottobre 1989, n. 338 (Disposizioni urgenti in materia di evasione contributiva, di fiscalizzazione degli oneri sociali, di sgravi contributivi nel Mezzogiorno e di finanziamenti dei patronati), convertito nella legge 7 dicembre 1989, n. 389, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, dal Tribunale di Genova con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1992.
Il presidente: CASAVOLA
Il redattore: MENGONI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 29 dicembre 1992.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA