ORDINANZA N. 422
ANNO 1992
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Aldo CORASANITI, Presidente
- Prof. Giuseppe BORZELLINO
- Dott. Francesco GRECO
- Prof. Gabriele PESCATORE
- Avv. Ugo SPAGNOLI
- Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'articolo 47, primo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni ("Ordinamento penitenziario") promosso con ordinanza emessa il 17 marzo 1992 dal Tribunale di Sorveglianza di Brescia sull'istanza di affidamento in prova al Servizio sociale proposta da Braga Francesco iscritta al n. 290 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1992;
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 7 ottobre 1992 il Giudice relatore Renato Granata;
RITENUTO che, in un procedimento relativo all'affidamento in prova al servizio sociale di un soggetto avente un residuo di pena da espiare inferiore ad anni tre, ma inizialmente condannato ad anni 15 di reclusione, l'adito tribunale di sorveglianza di Brescia con ordinanza del 17 marzo 1992 ha sollevato in riferimento agli artt. 3, comma 1 e 2 e 97, comma 1 Cost., questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 47 comma 1 ord. pen. (l. 1975 n.344/1986 n.663), ove appunto interpretato nel senso che, ai fini della determinazione del limite dei tre anni rilevante agli effetti della concessione del suddetto beneficio, consenta di aver riguardo (in ragione della detraibilità dell'espiato, ammessa dalla precedente sent. 386/89 Corte Cost.) alla sola misura della pena residua anche nei casi in cui al richiedente sia stata originariamente irrogata pena superiore (pur notevolmente) ai tre anni per un unico reato;
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri per contestare la fondatezza della impugnativa.
CONSIDERATO che il punto < < se il beneficio in parola possa concedersi anche a soggetti (cui resti da espiare un residuo di pena inferiore a tre anni, ma) ai quali sia stata inizialmente irrogata una pena superiore al detto limite per un unico reato>>, secondo la sentenza n.17/1992, < < non è stato esaminato dalla ricordata sentenza n. 386/89>> [che ha avuto riguardo a soggetti condannati a pena iniziale superiore ai tre anni per effetto di cumulo di pene ex se non eccedenti detto limite], donde la piena libertà interpretativa in proposito del giudice ordinario;
che successivamente alla citata pronunzia, le Sezioni unite penali della Corte di Cassazione hanno negato che possa essere disposto l'affidamento in prova al servizio sociale quando l'esecuzione in corso riguardi una pena superiore a tre anni inflitta per un unico reato;
che successivamente alla ordinanza di rimessione è entrato in vigore il d.l 8/6/92 n. 306, convertito con legge 7/8/92 n. 356, che all'art. 14 bis, sotto la rubrica < < interpretazione del primo comma dell'art.47 dell'ordinamento penitenziario>> recita < < la disposizione del primo comma dell'art. 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, nella parte in cui indica i limiti che la pena inflitta non deve superare perchè il condannato possa beneficiare dell'affidamento in prova al servizio sociale, va interpretata nel senso che deve trattarsi della pena da espiare in concreto, tenuto conto anche dell'applicazione di eventuali cause estintive>>;
che - nella mancanza pure in tale ultima disposizione di univoci elementi testuali sul punto specifico se la norma così interpretata abbia riguardo anche al caso in cui l'espiazione concerna la pena inflitta per un unico reato - lo ius superveniens propone nuovamente il problema ermeneutico risolto, con riferimento alla situazione normativa previgente, dalla citata sentenza delle Sezioni unite penali;
che pertanto gli atti vanno restituiti al giudice a quo affinchè rinnovi l'esame della questione alla luce del sopravvenuto disposto normativo.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Tribunale di sorveglianza di Brescia.
Così deciso in Roma nelle sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22/10/92.
Aldo CORASANITI, Presidente
Renato GRANATA, Redattore
Depositata in cancelleria il 09/11/92.