ORDINANZA N. 389
ANNO 1992
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Aldo CORASANITI, Presidente
- Dott. Francesco GRECO
- Prof. Gabriele PESCATORE
- Avv. Ugo SPAGNOLI
- Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
- Prof. Antonio BALDASSARRE
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 4 agosto 1965, n. 1027 (Ampliamento dell'organico del personale della carriera ausiliaria delle Soprintendenze alle antichità e belle arti), come sostituito dall'art. 78 del d.P.R. 3 dicembre 1975, n. 805, promosso con ordinanza emessa il 17 ottobre 1991 dal Tribunale amministrativo regionale della Liguria sul ricorso proposto da Amoroso Angelo contro il Ministero dei beni culturali ed ambientali ed altro, iscritta al n.152 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 1992.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 17 giugno 1992 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola.
RITENUTO che nel corso di un giudizio per l'annullamento di un provvedimento amministrativo risolutivo del rapporto d'impiego di un soggetto che -- pur avendo svolto attività di custode e guardia notturna nel ruolo del Ministero dei beni culturali e ambientali -- non era stato successivamente riconosciuto, dal Ministero dell'interno, idoneo alla qualifica di agente di P.S., il Tribunale amministrativo regionale della Liguria, con ordinanza del 17 ottobre 1991, ha sollevato, in relazione agli artt. 3, 24, 51 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 4 agosto 1965, n. 1027, come sostituito dall'art. 78 del d.P.R. 3 dicembre 1975, n. 805;
che la norma è impugnata nella parte in cui -- consentendo al personale assunto dal Ministero dei beni culturali la proroga del periodo di prova sino alla comunicazione, da parte del Ministero dell'interno, del riconoscimento della qualifica di agente di P.S. -- espone l'interessato ad incertezza circa il rapporto di lavoro, non predisponendo un termine entro il quale tale riconoscimento dovrebbe essere compiuto;
che, secondo il giudice a quo, l'omessa prefissione di una scadenza per il compimento di tale attività, atteso il carattere risolutivamente condizionante della stessa: a) confliggerebbe con i canoni di efficienza ex art. 97 della Costituzione; b) determinerebbe disparità di trattamento tra impiegati dello Stato, atteso che il T.U. n. 3 del 1957 individua come massimo termine per un eventuale giudizio sfavorevole all'esito della prova il periodo di tre mesi dalla scadenza del secondo semestre di servizio (là dove nella denunciata ipotesi la prova sarebbe prorogabile ad libitum da parte dell'Amministrazione); c) menomerebbe il diritto di agire in giudizio ex art. 24 della Costituzione a tutela del proprio rapporto di lavoro di cui all'art. 51 della Costituzione, senza che ciò sia collegabile ad apprezzabili ragioni di interesse pubblico;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, la quale ha concluso per la declaratoria d'infondatezza, insistendo sulla necessità di accertare il requisito delle qualità morali in relazione ad un'attività di custodia che richiede la piena affidabilità del lavoratore.
CONSIDERATO che il giudice a quo non ha motivato sufficientemente circa la rilevanza della questione, non risultando chiarito quale effetto potrebbe spiegare l'eliminazione della norma impugnata nel giudizio di rinvio, in cui la qualifica di agente di P.S. è già stata negata dal Ministero dell'interno, con la conseguente risoluzione del rapporto, insensibile anche all'invocata decisione di questa Corte;
che neppure è dato conoscere per quale motivo avverso l'asserita inerzia dell'amministrazione non sia stato attivato il procedimento di formazione del silenzio-rifiuto (strumento atto a costituire idonea garanzia, contro i lamentati ritardi, a fortiori grazie alla nuova disciplina ex lege 7 agosto 1990, n. 241, art. 2);
che, pertanto la questione è manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 4 agosto 1965, n. 1027 (Ampliamento dell'organico del personale della carriera ausiliaria delle Soprintendenze alle antichità e belle arti), come sostituito dall'art. 78 del d.P.R. 3 dicembre 1975, n. 805, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 51 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Liguria con l'ordinanza di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21/07/92.
Aldo CORASANITI, Presidente
Francesco Paolo CASAVOLA, Redattore
Depositata in cancelleria il 30/07/92.