ORDINANZA N. 270
ANNO 1992
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Aldo CORASANITI, Presidente
- Prof. Giuseppe BORZELLINO
- Dott. Francesco GRECO
- Prof. Gabriele PESCATORE
- Avv. Ugo SPAGNOLI
- Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
- Prof. Antonio BALDASSARRE
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Cesare MIRABELLI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 414 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 28 ottobre 1991 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Verona nel procedimento penale a carico di Bettoni Franco ed altro, iscritta al n. 5 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell'anno 1992.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 15 aprile 1992 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.
RITENUTO che il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Verona ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 97 e 112 della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 414 del codice di procedura penale, nella parte in cui non consente al giudice per le indagini preliminari di ordinare al pubblico ministero la riapertura delle indagini, per esercitare il potere di cui all'art. 554, secondo comma, del codice di procedura penale, quale risultante dopo la sentenza di questa Corte n. 445 del 1990, una volta decorsi i termini di cui agli artt. 405, 406 e 407 dello stesso codice;
e che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e comunque non fondata;
CONSIDERATO che questa Corte ha già avuto modo di affermare (v. ordinanza n. 436 del 1991) che "una volta formulate le richieste, la disciplina dei termini stabilita dagli artt. 405, 406 e 407 del codice di procedura penale non ha più modo di operare, risultando tale disciplina in funzione dell'attività di indagine compiuta d'iniziativa dal pubblico ministero, assoggettata al controllo del giudice quanto all'osservanza dei termini stabiliti dalla legge o prorogati", sicchè, sostituendosi "al rigoroso meccanismo legale che determina la durata delle indagini preliminari... una <<flessibile>> delibazione giurisdizionale" in ordine al termine entro il quale compiere le ulteriori indagini che lo stesso giudice è chiamato ad indicare, "nessuna interferenza può stabilirsi tra la durata complessiva delle indagini svolte prima della richiesta di archiviazione e il <<termine>> fissato dal giudice";
che, alla luce delle considerazioni svolte nella richiamata pronuncia di questa Corte, può dunque ritenersi integralmente soddisfatto il petitum perseguito dal giudice a quo;
e che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 414 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 97 e 112 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Verona con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 03/06/92.
Aldo CORASANITI, Presidente
Giuliano VASSALLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 12/06/92.