ORDINANZA N. 193
ANNO 1992
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Aldo CORASANITI, Presidente
- Prof. Giuseppe BORZELLINO
- Dott. Francesco GRECO
- Prof. Gabriele PESCATORE
- Avv. Ugo SPAGNOLI
- Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
- Prof. Antonio BALDASSARRE
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge 28 febbraio 1990, n.37 (recte: decreto-legge 27 dicembre 1989, n. 413, recante "Disposizioni urgenti in materia di trattamento economico dei dirigenti dello Stato e delle categorie ed essi equiparate, nonchè in materia di pubblico impiego", convertito, con modificazioni, in legge 28 febbraio 1990, n. 37), e della legge 19 febbraio 1991, n. 50 (Disposizioni sul collocamento a riposo del personale medico dipendente), promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 21 marzo 1991 dal Tribunale amministrativo regionale della Calabria - Sezione di Catanzaro - sul ricorso proposto da Pallone Mario contro U.S.L. n. 18 di Catanzaro, iscritta al n. 697 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.47, prima serie speciale, dell'anno 1991; 2) ordinanza emessa il 15 maggio 1991 dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia - Sezione di Lecce - sul ricorso proposto da Patera Ettore contro U.S.L. TA/4 ed altra, iscritta al n. 705 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.48, prima serie speciale, dell'anno 1991.
Visto l'atto di costituzione di Patera Ettore nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 4 marzo 1992 il Giudice relatore Francesco Greco.
Ritenuto che il Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria - Catanzaro - sul ricorso presentato da Pallone Mario nei confronti della U.S.L. n. 18 di Catanzaro per l'annullamento della delibera di rigetto della sua istanza di mantenimento in servizio, in qualità di dirigente sanitario, oltre il sessantacinquesimo anno di età, al fine di conseguire il massimo della pensione, ha sollevato, con ordinanza del 21 marzo 1991 (R.O. n. 697 del 1991), questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 3 della legge 19 febbraio 1991, n. 50, nella parte in cui non estendono anche al restante personale medico dirigente la facoltà, attribuita ai primari ospedalieri, di fruire della detta protrazione del rapporto di impiego;
che identica questione è stata sollevata, dal T.A.R. per la Puglia - Sezione di Lecce- nel procedimento promosso da Patera Ettore nei confronti della U.S.L. Ta/4, con ordinanza del 15 maggio 1991 (R.O. n.705 del 1991) che denuncia, in particolare, la mancata estensione della ripetuta facoltà al personale con qualifica di dirigente veterinario ed estende la censura al decreto- legge 27 dicembre 1989, n. 413, convertito, con modificazioni, in legge 28 febbraio 1990, n. 37, istitutivo del medesimo beneficio per i dirigenti dello Stato;
che, ad avviso dei giudici remittenti, risulterebbero violati gli artt. 3, 4, 38, secondo comma, 51, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, per la disparità di trattamento sussistente fra varie categorie di pubblici dirigenti, per l'ingiustificata limitazione del diritto al lavoro in danno di taluni di questi, di conseguenza privati di un adeguato trattamento previdenziale, per la compressione della piena libertà di accesso ai pubblici uffici e per il danno prodotto all'andamento dell'azione amministrativa, privata di apporti di ancora utile collaborazione;
che l'Avvocatura dello Stato, intervenuta in entrambi i giudizi in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, ha concluso per l'inammissibilità o, comunque, per l'infondatezza della questione, mentre considerazioni di opposto tenore ha rassegnato la difesa della parte privata costituitasi nel giudizio promosso con l'ordinanza n. 705 del 1991.
Considerato che questa Corte, con sentenza n. 440 del 1991, ha già dichiarato non fondata analoga questione, in base al principio per cui, nel vigente quadro di riferimento normativo, non è configurabile una regola generale, per tutti i pubblici dipendenti, di collocamento a riposo oltre il limite del sessantacinquesimo anno per il conseguimento del massimo trattamento pensionistico, ma solo la sussistenza di deroghe a favore di determinate categorie, disposte dal legislatore in virtù di discrezionale apprezzamento delle ragioni varie e diverse che di volta in volta si presentano per ciascuna di esse (v. anche ord. n. 98 del 1992);
che, in difetto di argomenti o motivi diversi da quelli già confutati nella suddetta occasione, l'esposto principio va ancora ribadito con conseguente declaratoria della manifesta infondatezza della riproposta questione.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 3 della legge 19 febbraio 1991, n.50 (Disposizioni sul collocamento a riposo del personale medico dipendente) e del decreto-legge 27 dicembre 1989, n. 413 (Disposizioni urgenti in materia di trattamento economico dei dirigenti dello Stato e delle categorie ad essi equiparate, nonchè in materia di pubblico impiego), convertito, con modificazioni, in legge 28 febbraio 1990, n. 37, in riferimento agli artt.3, 4, 38, secondo comma, 51, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, sollevate dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria -Catanzaro- e dal Tribunale Amministrativo della Puglia - Sezione di Lecce - con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13/04/92.
Aldo CORASANITI, Presidente
Francesco GRECO, Redattore
Depositata in cancelleria il 22/04/92.