Sentenza n. 190 del 1992

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SENTENZA N. 190

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale del d.P.R. 24 aprile 1982, n.340 (Ordinamento del personale e organizzazione degli uffici dell'Amministrazione civile dell'Interno) e della legge di delega 1 aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza), promosso con ordinanza emessa il 6 dicembre 1990 dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sul ricorso proposto da Italo Rosati ed altri contro il Ministero dell'interno iscritta al n. 696 del registro ordinanza 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.47, prima serie speciale, dell'anno 1991;

Visto l'atto di costituzione di Italo Rosati ed altri;

udito nell'udienza pubblica del 3 marzo 1992 il Giudice relatore Gabriele Pescatore;

udito l'avvocato Federico Sorrentino per Italo Rosati ed altri.

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza del 6 dicembre 1990, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 340, nella parte in cui non dispone che nei confronti dei dipendenti civili del Ministero dell'interno provenienti dal soppresso ruolo dei segretari di polizia siano estesi i benefici normativi ed economici previsti dal d.P.R. 1 giugno 1972, n. 319, nonchè della legge di delega 1 aprile 1981, n. 121, nella parte in cui non ha disposto che il legislatore delegato statuisse nel senso indicato.

Il Tribunale amministrativo regionale precisa di essere stato adito da un gruppo di dipendenti del Ministero dell'interno i quali, provenienti dal soppresso ruolo dei segretari di polizia di cui alla l. 20 febbraio 1958, n.98, trasferiti all'Amministrazione civile dell'Interno ai sensi dell'art. 5 della legge 20 dicembre 1966, n. 1116 ed attualmente ivi inquadrati nell'VIII qualifica funzionale, si dolgono della denegata attribuzione, in loro favore, dei benefici normativi ed economici previsti dal d.P.R. 1 giugno 1972, n. 319, sul riordinamento delle ex carriere speciali. A tali benefici essi assumono di avere diritto perchè: a) versano in condizione analoga agli appartenenti alle ex carriere speciali quanto a forma di reclutamento (concorso articolato su tre prove scritte ed una orale) e funzioni conferite ed espletate per tutto il tempo del servizio; b) la loro posizione è equiparabile a quella dei colleghi dell'amministrazione finanziaria, della Ragioneria generale dello Stato e delle Direzioni provinciali del tesoro che in forza di espressa previsione normativa sono stati ammessi ai benefici suddetti (rispettivamente art. 4, comma 14 bis l. 17 febbraio 1985, n. 17, che ha convertito con modificazioni il d.l. 17 dicembre 1984; art. 8, sesto comma, l. 7 agosto 1985, n. 427; art. 3 l. 17 dicembre 1986, n. 890).

Il giudice remittente osserva che in effetti la norma di cui è richiesta l'applicazione conferisce il beneficio ai soli appartenenti alle ex carriere speciali, mentre le disposizioni che tali benefici hanno esteso a categorie assimilabili sono norme speciali, indirizzate ad appartenenti a singole Amministrazioni e come tali non suscettibili di interpretazione estensiva o applicazione analogica.

Orbene - prosegue l'ordinanza - nella coincidenza delle posizioni appare fortemente iniquo e sperequativo che il riconoscimento venga operato nei confronti di talune e non di altre categorie di pubblici dipendenti.

Deve dunque dubitarsi della legittimità costituzionale del d.P.R. 24 aprile 1982, n. 340, e della legge delega n. 121 del 1981, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione.

Seppure spetta al legislatore, a suo insindacabile giudizio, di individuare categorie di soggetti ai quali conferire particolari benefici, la soglia della discrezionalità si arresta per sconfinare nell'arbitrio, allorchè, in presenza di un disegno unitariamente e globalmente rivolto ad individuare, in sede di riordinamento delle Amministrazioni, situazioni equiparabili ad altre, al fine di conferire alle medesime identico trattamento, si trascuri di prenderne in considerazione alcune per le quali ricorrano i medesimi requisiti e presupposti.

2. Si sono costituiti gli interessati che avevano proposto ricorso al Tribunale amministrativo regionale, chiedendo l'accoglimento della questione. Dopo aver fatto la storia della figura del segretario di polizia, essi rilevano che la disparità di trattamento denunciata dal giudice sta nel contrasto tra l'intento perequativo che emerge dalla legislazione del 1985 e 1986 relativamente ai dipendenti della Ragioneria generale, dell'amministrazione finanziaria e delle direzioni provinciali del tesoro, volto a riconoscere a impiegati delle ordinarie carriere di concetto posizioni corrispondenti a quelle delle ex carriere speciali (e quindi i conseguenti benefici del d.P.R. n. 319 del 1972) ed il silenzio serbato dal legislatore del 1981, 1982 e 1986 in ordine alla carriera dei segretari di polizia, i quali si sono visti, proprio in forza del d.P.R. n.319 del 1972, penalizzati rispetto ai loro colleghi della carriera speciale di ragioneria del Ministero dell'interno.

Detta disparità, se poteva inizialmente apparire frutto di una consapevole scelta legislativa, fondata su una riconosciuta diseguaglianza di situazioni (ex carriera speciale e segretari di polizia), diventa irragionevole ed arbitraria nel momento in cui lo stesso legislatore, procedendo a un riordino generale delle carriere, riconosce in omologhe situazioni di impiegati di altre amministrazioni l'identità di ratio rispetto alle carriere speciali e attribuisce loro i benefici a suo tempo attribuiti a queste. Con la conseguenza che la mancata inclusione fra i beneficiari dei segretari di polizia, la cui posizione funzionale ed i cui concorsi di accesso sono, al pari di quelli delle ordinarie carriere di concetto dell'amministrazione finanziaria, della Ragioneria generale e delle direzioni provinciali del tesoro, da assimilarsi a quelli delle ex carriere speciali, determina la violazione insieme del principio di eguaglianza e di quello connesso del buon andamento della pubblica amministrazione.

Considerato in diritto

1. La Corteè chiamata a decidere se contrastino con gli artt. 3 e 97 della Costituzione: a) il d.P.R. 24 aprile 1982, n. 340, nella parte in cui non ha disposto che, nei confronti dei dipendenti civili del Ministero dell'interno provenienti dal soppresso ruolo dei segretari di polizia, immessi nel ruolo stesso a seguito di concorso con almeno tre prove scritte e che abbiano svolto mansioni analoghe a quelle degli impiegati civili delle carriere speciali, siano estesi i benefici normativi ed economici previsti dal d.P.R. 1 giugno 1972, n. 319;b) la legge di delega 1 aprile 1981, n. 121, nella parte in cui non ha disposto che il legislatore delegato statuisse nel senso indicato sub a).

Le questioni sono state sollevate dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, il quale fonda le eccezioni di legittimità sulla assunta identità della posizione degli ex segretari di polizia rispetto alle seguenti categorie di pubblici dipendenti che hanno ottenuto con apposite leggi l'estensione dei benefici previsti dal d.P.R. n. 319 del 1972: a) il personale di concetto delle soppresse carriere ordinarie dell'amministrazione finanziaria (art. 4, comma 14-bis l. 17 febbraio 1985, n. 17);b) il personale della soppressa carriera ordinaria di concetto della Ragioneria generale dello Stato (art. 8, sesto comma l. 7 agosto 1985, n.427);c) il personale della soppressa carriera ordinaria di concetto delle direzioni provinciali del tesoro (art. 3, l. 17 dicembre 1986, n.890).

2. Le questioni devono dichiararsi infondate.

Le c.d. carriere speciali trovarono definizione normativa nell'art.195 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, che intese dare un assetto più razionale all'ordinamento del personale degli uffici periferici per il quale erano stabiliti, in relazione alle medesime funzioni, ruoli degli allora esistenti gruppi A e B. Unificati i due ruoli nei medesimi quadri organici, la legge distinse all'interno di ciascuno di essi qualifiche appartenenti alla carriera direttiva e qualifiche appartenenti alla carriera di concetto.

Il successivo art. 196 stabilì poi che l'accesso a ciascuna delle carriere direttive istituite a norma dell'art. 195 fosse riservato agli impiegati appartenenti alle carriere di concetto degli stessi uffici e si conseguisse mediante concorso per esami, ai quali erano ammessi gli impiegati con almeno nove anni di effettivo servizio ed in possesso di diploma di laurea o titolo equipollente.

Allo schema ordinamentale definito dagli artt. 195 - 198 del richiamato testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato si fece ripetutamente ricorso in seguito. Il legislatore infatti con appositi provvedimenti legislativi istituì altre carriere speciali, che pur nella peculiarità delle rispettive situazioni, si conformavano, nelle linee generali, al preesistente modello.

Quando però, con d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077, si provvide al riordinamento delle carriere degli impiegati civili dello Stato, l'art. 147 soppresse le carriere speciali: sia quelle disciplinate nella parte seconda, titolo V, del d.P.R. n. 3 del 1957, sia quelle disciplinate con successivi provvedimenti. In sostituzione dei ruoli organici delle carriere direttive speciali vennero istituiti ruoli organici di carriere direttive ordinarie, mentre una corrispondente operazione veniva disposta per i ruoli di concetto, sia pure in via transitoria. Difatti il quinto comma dello stesso art. 147 stabiliva che si dovesse successivamente procedere ad un'analisi globale del livello delle funzioni di ciascuna carriera speciale, per stabilire se i tronconi di concetto dovessero essere inseriti nelle corrispondenti carriere direttive.

Peraltro l'art. 4 del successivo d.P.R. 1 giugno 1972, n. 319, dispose che gli assunti nei tronconi di concetto di tutte le ex carriere speciali conseguissero, a certe condizioni, l'inquadramento e la nomina nella qualifica iniziale dei corrispondenti ruoli delle carriere direttive ex speciali.

Le linee generali di questa evoluzione legislativa sono determinanti nella valutazione che deve farsi dei provvedimenti normativi richiamati dal giudice remittente, quali termini di raffronto rispetto alla posizione degli ex segretari di polizia.

3. L'art. 4, comma 14-bis della legge 17 febbraio 1985, n. 17, l'art.8, sesto comma della legge 7 agosto 1985, n. 427 e l'art. 3 della legge 17 dicembre 1986, n. 890 hanno esteso i benefici normativi previsti dal d.P.R.1 giugno 1972, n. 319 al personale di concetto delle soppresse carriere ordinarie rispettivamente dell'amministrazione finanziaria, della Ragioneria generale dello Stato e delle direzioni provinciali del tesoro.

In modo equipollente nei tre casi, i presupposti della estensione vengono indicati nell'aver sostenuto concorsi di accesso alla carriera articolati su tre prove scritte e nell'aver svolto mansioni analoghe o identiche a quelle degli impiegati delle carriere speciali.

Con queste disposizioni, i provvedimenti hanno attuato una estensione non da poco, perchè hanno attribuito ad appartenenti a carriere ordinarie i rilevanti benefici concessi dal d.P.R. agli appartenenti alle carriere speciali. Va sottolineato che le carriere speciali erano definite come tali da apposite norme sulla base di obbiettive peculiarità, consistenti in particolare nell'esercizio di attribuzioni che risultavano, secondo il sistema allora vigente, in parte direttive e in parte di concetto.

Era tale la peculiarità di queste situazioni, che il legislatore finì col rinunciare alla analisi del livello delle funzioni, prevista dall'art. 175, quinto comma, del d.P.R. n. 1077 del 1970, e con l'art. 4 del d.P.R. n. 319 del 1972 provvide - come si è già ricordato - all'inquadramento nelle rispettive carriere direttive di tutti gli appartenenti alle ex carriere speciali.

Totalmente estranee a tale quadro di riferimento si presentano le situazioni disciplinate dalle tre leggi più volte richiamate. Le carriere considerate non erano speciali, nè in senso formale - mancando per esse la corrispondente qualificazione normativa - nè in senso sostanziale, non essendo le stesse strutturate secondo quelle peculiari caratteristiche che si sono ricordate.

Il legislatore ha tuttavia esteso loro i benefici previsti dal d.P.R. n. 319 del 1972 sulla base di due presupposti: l'articolazione del concorso di accesso su tre prove scritte; l'analogia o l'identità delle mansioni svolte rispetto a quelle degli appartenenti alle carriere speciali.

Sebbene almeno il secondo requisito possa apparire frutto della ricognizione da parte del legislatore di posizioni prima trascurate, e invece in qualche misura assimilabili a quelle considerate dal d.P.R. del 1972, risultano chiare per un verso l'ampiezza e per l'altro l'obiettiva opinabilità del passo compiuto con l'estensione dei benefici.

Ampiezza ed opinabilità che trovano ulteriore conferma nella legge di interpretazione autentica 4 agosto 1990, n. 238, il cui art. 2 ha precisato - con riferimento alle leggi n. 427 del 1985 e n. 890 del 1986 - che le mansioni richieste per l'applicazione dei benefici sono quelle previste dall'art. 172 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3: sono, in altri termini, le tipiche mansioni un tempo definite di concetto.

Gli elementi esposti rendono evidente il carattere del tutto derogatorio, rispetto al sistema, delle norme indicate quale raffronto dal giudice a quo.

La disposta estensione dei benefici economici e normativi concessi dal d.P.R. n. 319 del 1972 non è in alcun modo riconducibile alla disciplina delle carriere speciali e della loro soppressione, disciplina che ha - nel succedersi delle leggi che si sono ricordate - una indubbia coerenza e si fonda sulla esistenza di elementi formali e sostanziali atti a caratterizzare, in modo peculiare nei confronti delle altre ed omogeneo tra di loro, talune posizioni.

Rispetto a questo quadro normativo di carattere generale, le leggi n.17 del 1985, n.427 del 1985 e n. 890 del 1986 introducono eccezioni fondate su uno specifico e circoscritto apprezzamento del legislatore. La conseguenza è inevitabile: non può il giudice delle leggi estendere tale disciplina oltre i casi espressamente considerati, compiendo valutazioni di fatto e scelte ordinamentali che il legislatore, nell'uso dei poteri che gli competono, non ha inteso fare.

4. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio invoca, oltre all'art.3 della Costituzione, anche l'art. 97. Mentre alla supposta violazione del principio di uguaglianza dedica ampia motivazione, al cui esame è dedicato il paragrafo precedente, nessun argomento riferisce invece al parametro della buona amministrazione.

Il rilievo è sufficiente a far dichiarare le questioni infondate in riferimento all'art. 97 della Costituzione, pur se merita osservare che in questo caso l'infondatezza delle questioni ex art. 3 non può non privare di fondamento le stesse anche in relazione al secondo parametro costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale del d.P.R.24 aprile 1982, n. 340 (Ordinamento del personale e organizzazione degli uffici dell'Amministrazione civile dell'Interno) e della legge di delega 1 aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza) sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio con l'ordinanza in epigrafe riportata.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13/04/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Gabriele PESCATORE, Redattore

Depositata in cancelleria il 22 aprile del 1992.