SENTENZA N. 177
ANNO 1992
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Aldo CORASANITI, Presidente
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 3 del decreto legge 21 giugno 1961, n. 498 ("Norme per la sistemazione di talune situazioni dipendenti da mancato o irregolare funzionamento degli Uffici finanziari") convertito in legge 28 luglio 1991, n. 770 promosso con ordinanza emessa il 23 aprile 1991 dalla Corte di Appello di Roma nel procedimento civile vertente tra Cavatorta Angelo ed altra ed Amministrazione Finanziaria dello Stato iscritta al n. 695 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.47, prima serie speciale, dell'anno 1991;
udito nella camera di consiglio del 4 marzo 1992 il Giudice relatore Renato Granata;
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 23 aprile 1991 la Corte d'appello di Roma - adita in sede di impugnazione della decisione della Commissione tributaria di primo grado che aveva riconosciuto essere tempestiva, e quindi legittima, l'ingiunzione di pagamento notificata a Cavatorta Angelo, Cavatorta Teresa e Della Chiesa Celidea, titolari di diritti reali su un immobile ricadente nell'asse ereditario di Labrano Maria Teresa e sul quale l'Amministrazione finanziaria vantava privilegio fiscale per la riscossione dell'imposta di successione, ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 3 del decreto legge 21 giugno 1961 n. 498 (Norme per la sistemazione di talune situazioni dipendenti da mancato o irregolare funzionamento degli Uffici finanziari), convertito in legge 28 luglio 1961 n. 770 per contrasto con l'art. 3, primo comma, della Costituzione.
La Corte rimettente premette che il termine ultimo perchè l'amministrazione potesse far valere la sua pretesa doveva ritenersi scadere il 16 febbraio 1981 (ex art. 6 d.P.R. 6 dicembre 1978 n.914); ma con decreto ministeriale 17 maggio 1982 (in G.U. n. 145 del 28 maggio 1982), emanato ai sensi decreto legge 21 giugno 1961, n. 498 (conv. in legge, con modificazioni, dalla legge 28 luglio 1961, n. 770), recante norme per la sistemazione di talune situazioni dipendenti da mancato o irregolare funzionamento degli uffici finanziari, detto termine era stato prorogato fino al 7 giugno 1982 (art. 1, decreto legge n. 498/61, cit.); da ciò la tempestività dell'ingiunzione in quanto notificata il 10 maggio 1982.
Osserva in particolare la Corte rimettente che l'art. 1 del decreto legge 26 giugno 1961, n. 498 (convertito, con modificazioni nella legge 28 luglio 1961, n. 770) contempla che, in caso di mancato o irregolare funzionamento degli Uffici finanziari dovuto ad eventi di carattere eccezionale, i termini di prescrizione e di decadenza nonchè quelli di adempimento di obbligazioni e di formalità previsti dalle norme riguardanti le imposte e le tasse a favore dell'Erario, scadenti durante tale periodo di disfunzione, sono prorogati fino al decimo giorno successivo alla data in cui viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto, previsto dal successivo art.3, con il quale il Ministro delle Finanze accerta il periodo di mancato o irregolare funzionamento degli uffici.
Tali norme, nella loro originaria formulazione (che è quella che rileva ai fini della sollevata questione di costituzionalità), non prevedevano alcun termine per la emanazione (e la pubblicazione) del decreto di proroga sicchè poteva accadere che il decreto fosse pubblicato a notevole distanza di tempo dal periodo di irregolare funzionamento degli uffici finanziari.
Nel caso di specie la proroga era stata disposta in relazione ad agitazioni di carattere sindacale manifestatesi il giorno 16 febbraio 1981, ma il decreto era stato pubblicato in Gazzetta solo il 28 maggio 1982 e quindi per un solo giorno di mancato funzionamento degli uffici era stata disposta una proroga di ben 471 giorni.
In tal modo l'Amministrazione finanziaria - osserva la Commissione rimettente - è posta in condizioni di assoluto privilegio rispetto alla generalità dei creditori, potendo a propria discrezione prolungare, senza alcun limite, i termini, stabiliti in via generale dalla legge, per l'esercizio dei propri diritti, vulnerando conseguentemente il principio costituzionale di eguaglianza e frustrando così quell'esigenza di certezza dei rapporti giuridici che giustifica l'estinzione, per decorso del tempo, di ogni diritto, anche se costituzionalmente garantito.
La questione di costituzionalità è rilevante ancorchè a tale anomalia abbia successivamente posto rimedio il legislatore prevedendo che la proroga debba essere disposta "entro e non oltre il sessantesimo giorno dalla scadenza del periodo di mancato o irregolare funzionamento" (art. 2, legge 25 ottobre 1985, n. 592, che ha sostituto con una nuova formulazione il testo originario dell'art. 3 del citato decreto legge n. 498), atteso che tale nuova disciplina non trova applicazione nel giudizio a quo.
Considerato in diritto
1. É stata sollevata questione incidentale di legittimità costituzionale - in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione ( per sospetta violazione del principio di eguaglianza) - degli artt. 1 e 3 decreto legge 21 giugno 1961 n. 498 (Norme per la sistemazione di talune situazioni dipendenti da mancato o irregolare funzionamento degli uffici finanziari), convertito in legge 28 luglio 1961 n. 770, nel testo in vigore prima delle modificazioni apportate con la legge 25 ottobre 1985 n.592, nella parte in cui consentivano all'Amministrazione finanziaria - in caso di mancato od irregolare funzionamento dei suoi uffici a causa di eventi di carattere eccezionale - di prolungare (con decreto del Ministro delle finanze) a propria discrezione e senza alcuna limitazione i termini di decadenza e prescrizione stabiliti dalla legge per l'esercizio dei suoi diritti e scadenti nel periodo di mancato o irregolare funzionamento degli uffici suddetti.
2. La norma censurata prevedeva, nella sua originaria formulazione, che, qualora gli uffici finanziari non fossero in grado di funzionare regolarmente a causa di eventi di carattere eccezionale, i termini di prescrizione e di decadenza, nonchè quelli di adempimento di obbligazioni e di formalità previsti dalle norme riguardanti le imposte e le tasse a favore dell'Erario, scadenti durante il periodo di mancato o irregolare funzionamento degli uffici stessi, erano prorogati fino al decimo giorno successivo alla data in cui veniva pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il decreto del Ministro per le finanze , che tale mancato od irregolare funzionamento accertava.
Tale speciale normativa è stata prima modificata dall'art. 18 della legge 2 dicembre 1975 n. 576 (che - novellando l'art. 1 decreto legge n.498 del 1961 - ha esteso gli effetti della proroga a tutti i termini che venivano a scadere nel periodo compreso tra la data di cessazione del mancato od irregolare funzionamento degli uffici finanziari e quella di pubblicazione del decreto suddetto) e successivamente riscritta dalla legge 25 ottobre 1985 n.592 (Modifiche alle norme sulla proroga dei termini di prescrizione e decadenza per il mancato irregolare funzionamento degli uffici finanziari), che ha ripristinato l'originaria formulazione dell'art.1 decreto legge n.498 del 1961, così rimuovendo la modifica apportata dal legislatore del 1975, ed inoltre - nel regolamentare il procedimento che ha, come atto terminale, l'emanazione del suddetto decreto del Ministro delle finanze - ha previsto che tale decreto sia pubblicato nella Gazzetta ufficiale entro e non oltre il sessantesimo giorno dalla scadenza del periodo di mancato od irregolare funzionamento degli uffici. La nuova normativa - che introduce più rigorosi criteri di legittimità del decreto ministeriale perchè ne procedimentalizza l'emanazione e ne fissa la scansione temporale - non trova però applicazione nel giudizio a quo, come evidenziato dal giudice rimettente, e quindi la questione di costituzionalità riguarda l'originaria formulazione dell'art. 1 decreto legge n.498 del 1961, ancora applicabile ratione temporis (mentre non rileva la modifica apportata dal cit. art. 18 della legge n. 576 del 1975).
3. La questione di costituzionalità, così circoscritta, non è fondata.
Premesso che non viene in rilievo - perchè fuori dal tema dell'ordinanza di rimessione - la coerenza e ragionevolezza in sè della previsione della proroga dei termini di prescrizione e decadenza come conseguenza di un provvedimento accertativo del mancato od irregolare funzionamento degli uffici finanziari, la questione di costituzionalità si incentra nella mancanza di limiti (essenzialmente temporali) per l'emanazione di tale provvedimento.
Tale mancanza però non determina uno sbilanciamento della norma in favore dell'Amministrazione finanziaria atteso che la proroga riguarda non solo i termini afferenti all'azione di accertamento o di riscossione dell'Amministrazione medesima, ma anche i termini di adempimento delle obbligazioni tributarie dei contribuenti e di altre prescrizioni a carattere formale poste a carico degli stessi. Quindi la proroga è bilateralmente orientata nel senso che opera sia a favore dell'Amministrazione finanziaria, che dei contribuenti. Mentre la circostanza che al riscontro del presupposto di fatto da cui discende la proroga dei termini sia preposta una delle parti del rapporto tributario non vulnera il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione sia perchè si tratta di attività accertativa, sia perchè l'interesse dell'Amministrazione al regolare accertamento e riscossione delle imposte ha carattere di specialità e natura di valore primario, in quanto connesso al generale dovere di solidarietà dei singoli di concorrere alle spese pubbliche (art. 53 della Costituzione).
Nè - può infine osservarsi - l'ingiustificata dilatazione del tempo necessario per l'emanazione del decreto è del tutto sprovvisto di sanzione, pur nel regime anteriore alla legge n.576 del 1975 che viceversa fissa rigorosi limiti temporali, atteso che in tale evenienza - essendo il potere accertativo del Ministro delle finanze finalizzato al mero riscontro del disservizio degli uffici e quindi dovendo essere esercitato non oltre il periodo di tempo che di fatto è richiesto per questa attività di riscontro sicchè deve escludersi, sul piano della corretta applicazione della norma, ogni possibilità di strumentale differimento per perseguire eventuali obiettivi di politica fiscale - il decreto stesso sarebbe affetto da vizio di eccesso di potere per sviamento dalla causa per cui tale potere è dalla legge previsto.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt.1 e 3 del decreto legge 21 giugno 1961 n. 498 ("Norme per la sistemazione di talune situazioni dipendenti da mancato o irregolare funzionamento degli uffici finanziari"), convertito in legge 28 luglio 1991 n. 770, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, sollevata dalla Corte d'appello di Roma con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 02/04/92.
Aldo CORASANITI, Presidente
Renato GRANATA, Redattore
Depositata in cancelleria il 15 aprile del 1992.