Ordinanza n. 151 del 1992

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ORDINANZA N. 151

 

ANNO 1992

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

Prof. Giuseppe BORZELLINO, Presidente

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2, secondo comma, n.3, della legge 7 maggio 1981, n. 180 (Modifiche all'ordinamento giudiziario militare di pace),promosso con ordinanza emessa l'8 maggio 1991 dal Tribunale militare di La Spezia nel procedimento penale a carico di Di Giovanni Angelo ed altro, iscritta al n. 510 del registro ordinanza 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 33, prima serie speciale, dell'anno 1991.

 

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito, nella camera di consiglio del 18 dicembre 1991, il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;

 

Ritenuto che nel corso di un giudizio penale a carico di un sottufficiale (maresciallo maggiore) e di un ufficiale (generale), imputati di vari reati in concorso tra loro, il Tribunale militare di La Spezia, con ordinanza emessa l'8 maggio 1991, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, secondo comma, n. 3 della legge 7 maggio 1981, n. 180 (Modifiche all'ordinamento giudiziario militare di pace), nella parte in cui prevede che il giudice non togato componente il collegio giudicante debba essere di grado pari a quello dell'imputato (e comunque non inferiore al grado di ufficiale);

 

che l'ordinanza di rinvio, ritenuta la rilevanza della questione, in quanto attinente "alla costituzione del giudice in relazione ad una normativa, ritenuta viziata, che consente di sollevare - seppure in astratto - dubbi sull'imparzialità nella formazione del convincimento di uno dei componenti il collegio", censura il principio della parità di grado, introdotto nell'ordinamento penale militare, per la scelta del componente non togato del tribunale, ritenendo irragionevole che il grado dell'imputato "influisca sulla composizione del collegio, nella presupposizione erronea che nell'ambito della categoria degli ufficiali non si possa soddisfare l'esigenza di competenza indipendentemente dal grado del componente del collegio medesimo", onde "tale partecipazione o almeno il grado rivestito" sarebbe di scarsa importanza, non rilevando che "solo in parte, ai fini della stretta valutazione giuridica del fatto-reato";

 

che lo stesso giudice rimettente ritiene che tale irragionevolezza "appare massima" nel caso oggetto del giudizio a quo, in cui il sottufficiale, imputato in concorso con un ufficiale generale, verrebbe discriminato perchè del collegio che dovrebbe giudicarlo sarebbe componente, come giudice non togato, non l'ufficiale estratto a sorte (nel caso che ha dato luogo alla questione, per la specifica udienza era stato sorteggiato un tenente colonnello dell'esercito) relativamente alla categoria degli imputati sottufficiali, bensì un ufficiale-generale pari grado dell'ufficiale imputato di concorso nel medesimo reato;

 

che, quindi, la norma impugnata darebbe "rilevanza di fronte alla legge ad una condizione personale, qual'è il grado, di un imputato e del suo giudicante";

 

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, per il tramite della Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'infondatezza della questione.

 

Considerato che il primo profilo della questione di legittimità costituzionale - consistente nella denuncia del principio della parità di grado nella scelta del componente laico del tribunale militare, cioè del principio in base al quale, per essere la scelta limitata agli ufficiali, verrebbe a riservarsi un trattamento ingiustificatamente differenziato ai coimputati di grado inferiore - è manifestamente infondato, avendo già questa Corte escluso l'illegittimità costituzionale (sent. n. 49 del 1989) della previsione che riserva la funzione di componente del collegio quale giudice non togato ai soli ufficiali, al fine "di assicurare al collegio l'apporto di una persona dotata di un buon livello culturale e di quelle cognizioni più ampie e più complete che vengono dall'inserimento in compiti di maggiore responsabilità", attesa l'esigenza della presenza nel collegio giudicante di un membro "chiamato a dare un qualificato contributo inerente alla peculiarità della vita e dell'organizzazione militare";

 

che, qualora nel reato abbiano concorso (come nel caso di specie) un ufficiale ed un sottufficiale, diviene inevitabile e quindi non irragionevole nè discriminatorio che solo l'ufficiale sia giudicato da un pari grado e che gli altri coimputati siano invece giudicati da un superiore, perchè in ogni caso il militare non ufficiale, sia o meno imputato in concorso con un ufficiale, dovrebbe essere giudicato (secondo una norma che, come si è già detto, non è stata ritenuta in contrasto con la Costituzione) da un ufficiale; che, quanto poi alla eventualità prospettata nell'ordinanza di rinvio, secondo cui "qualora fossero coimputati ufficiali di grado diverso, quello di grado inferiore sarebbe necessariamente discriminato", a parte che tale evenienza esula dal giudizio a quo in cui sono coimputati un ufficiale ed un sottufficiale, la questione anche sotto tale profilo è manifestamente infondata;

 

che, difatti, la norma, la quale prescrive che il giudice non togato sia un ufficiale pari grado, riposa da un lato sull'esigenza di assicurare, come si è già rilevato, l'apporto di una persona dotata di un più qualificato livello culturale e, dall'altro, sull'esigenza di evitare che il militare possa essere giudicato da un inferiore, che verrebbe a trovarsi in posizione di soggezione rispetto all'imputato di grado superiore nella gerarchia militare;

 

che perciò non appare irragionevole che, nel caso in cui i coimputati siano ufficiali di grado diverso, prevalga, come giudice non togato, quello sorteggiato fra i pari grado dell'ufficiale di grado superiore, perchè ciò che la norma intende non irragionevolmente evitare è che il giudice possa venire a trovarsi in posizione di soggezione rispetto a qualcuno degli imputati;

 

che, manifestamente, neppure discriminatoria può ritenersi la circostanza che (come nel caso del giudizio a quo), per effetto della norma impugnata, il sottufficiale possa non avere "quale componente del collegio quel militare giudice che a suo tempo era stato estratto a sorte per gli imputati sottufficiali (un tenente colonnello) e che gli sarebbe naturalmente spettato solo che non avesse concorso nel reato con un ufficiale generale";

 

che, in proposito, tenuto conto delle considerazioni sino ad ora svolte, è sufficiente osservare che, una volta non ritenuto illegittimo che il militare non ufficiale sia giudicato da un ufficiale, non ha alcuna importanza il grado che questi rivesta, non essendo di conseguenza irragionevole che - qualora quello sorteggiato per l'udienza per la categoria dei sottufficiali sia di grado inferiore all'ufficiale concorrente nel reato con il sottufficiale - prevalga come giudice non togato l'ufficiale di grado superiore, invece sorteggiato fra i pari grado dell'ufficiale imputato in concorso con il sottufficiale, perchè è questo l'unico modo per realizzare la finalità della norma che, come si è già detto, tende ad evitare che il giudice non togato possa trovarsi in posizione di soggezione gerarchica anche con uno solo degli imputati, il che invece accadrebbe ove si condividesse il dubbio prospettato nell'ordinanza di rinvio;

 

che la questione è pertanto manifestamente infondata.

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, secondo comma, n. 3, della legge 7 maggio 1981, n. 180 (Modifiche all'ordinamento giudiziario militare di pace), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale militare di La Spezia con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18/03/92.

 

Giuseppe BORZELLINO, Presidente

 

Vincenzo CAIANIELLO, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 1° aprile del 1992.