Sentenza n. 149 del 1992

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SENTENZA N. 149

 

ANNO 1992

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

 

Prof. Giuseppe BORZELLINO

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2 del d.l. 25 settembre 1987, n. 393 (Norme in materia di locazione di immobili ad uso non abitativo, nonchè di cessione e di assegnazione di alloggi di edilizia agevolata-convenzionata), convertito nella legge 25 novembre 1987, n. 478 promosso con ordinanza emessa il 13 febbraio 1991 dalla Corte di Appello di Milano nel procedimento civile vertente tra S.p.a. Futura Inzago iscritta al n. 689 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 1991.

 

Visto l'atto di costituzione della S.p.a. Futura Inzago nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell'udienza pubblica del 3 marzo 1992 il Giudice relatore Luigi Mengoni;

 

udito l'avvocato Paolo Vitucci per la S.p.a. Futura Inzago e l'Avvocato dello Stato Giorgio D'amato per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. Con sentenza in data 21 dicembre 1987 il Tribunale di Milano dichiarò cessato dal 29 dicembre 1985 il contratto di locazione di un immobile ad uso non abitativo stipulato dalla s.p.a. Futura Inzago con Attilio Ardigò, con ordine di rilascio entro sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, ma respinse la domanda di condanna del locatario al risarcimento dei danni derivati dal ritardo, protratto per oltre due anni, della restituzione dell'immobile.

 

Nel corso del giudizio sul gravame proposto dalla Società locatrice avverso questo capo della sentenza, la Corte d'appello di Milano, con ordinanza del 13 febbraio 1991, pervenuta alla Corte costituzionale il 7 novembre 1991, ha sollevato, in riferimento all'art. 42 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 del d.l. 25 settembre 1987, n. 393, convertito nella legge 25 novembre 1987, n. 478, "nella parte in cui (non) dispone che l'esonero dall'obbligo risarcitorio di cui all'art.1591 cod.civ. in favore del conduttore di immobile non abitativo non si applica all'ipotesi di comprovata insussistenza della difficoltà per il conduttore di reperire altro immobile idoneo".

 

Ad avviso del giudice remittente la questione di legittimità costituzionale della norma citata, sebbene già esaminata da questa Corte e dichiarata non fondata con sentenza n. 22 del 1989, deve essere riesaminata in relazione al caso oggetto del giudizio a quo, in cui non ricorrono i presupposti in base ai quali la deroga all'art. 1591 cod.civ. è stata ritenuta giustificata, cioè: a) la durata limitata del periodo di riferimento della deroga, compreso tra la data di pubblicazione della sentenza n. 108 del 1986 o la data di scadenza del contratto, se questa è posteriore, e la data fissata dal giudice per il rilascio dell'immobile (ovvero, ipotesi che qui non interessa, la stipulazione del nuovo contratto di locazione ai sensi dell'art. 1 del d.l. 9 dicembre 1986, n. 832, convertito nella legge 6 febbraio 1987, n. 15); b) la grave difficoltà per il conduttore, dipendente da circostanze estranee alla sua volontà, di trovare un altro immobile adatto alle sue necessità di lavoro.

 

Nel caso oggetto del giudizio a quo, invece: a) dalla data di scadenza del contratto, e comunque dalla data di pubblicazione della sentenza n. 108 del 1986 fino alla data del rilascio forzoso dell'immobile (16 luglio 1988) è trascorso un lungo periodo di oltre due anni; b) la società locatrice ha offerto di provare che già in data 17 aprile 1986 il conduttore aveva acquistato in luogo vicino un capannone industriale trasferendovi di lì a poco la sua attività. Il ritardo pretestuoso della restituzione del capannone locato ha arrecato all'attrice un grave danno, perchè nel frattempo, a causa di una intervenuta modifica del piano regolatore generale, il terreno sul quale grava l'immobile ha perduto la qualità di suolo edificabile, con conseguente diniego di rinnovo di una precedente concessione edilizia per la demolizione e la successiva edificazione dell'area.

 

In casi di questo tipo, conclude l'ordinanza, il limite imposto dalla norma impugnata al diritto di proprietà non è giustificato dalla ratio individuata nella sentenza n. 22 del 1989, e quindi è costituzionalmente illegittimo.

 

2. Nel giudizio davanti alla Corte si è costituita la Società appellante, con una memoria in cui svolge una complessa argomentazione a sostegno della tesi dell'illegittimità costituzionale della norma impugnata, tesi appoggiata principalmente sull'art. 3 Cost., non richiamato nell'ordinanza di rimessione, ed eccedente i limiti del petitum formulato nel dispositivo della medesima.

 

3. É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, in subordine, manifestamente infondata.

 

Premesso che le perplessità espresse nell'ordinanza di rimessione portano a dubitare della stessa ammissibilità della questione, l'Avvocatura osserva, da un lato, che il giudice a quo non ha assolto il compito di previa definizione dell'ambito di applicabilità della norma denunciata, dall'altro che l'apprezzamento della legittimità della norma va operato in termini generali, in relazione all'astratta valutazione legislativa del nucleo degli interessi da essa regolati.

 

Considerato in diritto

 

1. Dalla Corte d'appello di Milano è sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 del d.l. 25 settembre 1987, n. 393, convertito nella legge 25 novembre 1987, n. 478, "nella parte in cui (non) dispone che l'esonero dall'obbligo risarcitorio di cui all'art.1591 cod.civ. in favore del conduttore di immobile non abitativo non si applica all'ipotesi di comprovata insussistenza della difficoltà di reperire altro immobile idoneo".

 

La questione concerne il primo dei due periodi alternativamente previsti dalla disposizione impugnata, compreso tra la data di scadenza del regime transitorio previsto dalla legge 27 luglio 1978 n. 392 - ovvero, se posteriore, la data di pubblicazione della sentenza di questa Corte n. 108 del 1986 (30 aprile 1986), che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale delle proroghe legali ulteriori a quella disposta dall'art.15 bis della legge 25 marzo 1982, n. 94 - e la data fissata giudizialmente per il rilascio dell'immobile.

 

Nel dispositivo dell'ordinanza non è indicato alcun parametro costituzionale, ma da un passo della motivazione si argomenta esplicitamente il riferimento all'art. 42, secondo comma, Cost.

 

2. Va preliminarmente disattesa l'eccezione di inammissibilità opposta dall'Avvocatura dello Stato, del resto in forma dubitativa, sul duplice rilievo, da un lato, "delle perplessità espresse nell'ordinanza di rimessione", dall'altro, della non riferibilità dell'apprezzamento in merito alla legittimità della norma denunciata "all'astratta valutazione legislativa del nucleo degli interessi con essa regolamentati".

 

Sotto il primo profilo si osserva che l'allusione (superflua) alla possibilità di una sentenza interpretativa di rigetto, fondata su una interpretazione diversa da quella accolta dal giudice remittente, non crea una perplessità della motivazione paragonabile a quella determinata dalla prospettazione di due o più ipotesi possibili di sentenza di accoglimento, tale da rendere la questione inammissibile. Sotto il secondo profilo, si può obiettare che, a parte certi elementi peculiari del danno lamentati dal locatore, il caso oggetto del giudizio a quo presenta connotati di tipicità sociale - non individuati dalla precedente ordinanza che ha dato luogo alla sentenza n. 22 del 1989 - i quali giustificano la proposizione di una autonoma questione di legittimità della norma in parte qua.

 

3. La questione è fondata.

 

In relazione al periodo, sopra precisato al punto 1, di detenzione dell'immobile locato protratta dopo la cessazione del titolo del conduttore, l'esonero di questi dal risarcimento del danno previsto dall'art. 1591 cod.civ. è stato interpretato dalla sentenza n. 22 del 1989 come una figura di temporanea inesigibilità della prestazione restitutoria, disposta dalla legge impugnata in esito a un bilanciamento degli interessi in gioco commisurato alla "grave difficoltà per il conduttore, dipendente da circostanze estranee alla sua volontà, di trovare un altro immobile adatto alle sue necessità di lavoro". In considerazione di tale stato di fatto e limitatamente al periodo definito dalla data fissata giudizialmente per il rilascio, la legge giudica più meritevole di tutela l'interesse del conduttore - costituzionalmente rilevante ai sensi dell'art. 41 Cost. - a non interrompere l'esercizio dell'impresa per il tempo occorrente a reperire un'altra sede, rispetto all'interesse antagonistico del locatore protetto dall'art. 42 Cost. La tutela dell'interesse del conduttore sul piano processuale, nella forma della dilazione dell'esecuzione della sentenza di convalida dello sfratto fino al termine fissato dal giudice, è integrata sul piano sostanziale dall'art. 2 del decreto n. 393 del 1987 con una norma di inesigibilità della restituzione dell'immobile per il periodo corrispondente, la quale esonera il debitore da responsabilità per mora, salvo l'obbligo di continuare a corrispondere il canone vigente alla scadenza del contratto, eventualmente aumentato ai sensi dell'art. 2, comma 4, del d.l.9 dicembre 1986, n. 832, convertito nella legge 6 febbraio 1987, n.15.

 

4. Così precisati il significato e la ratio della norma sotto esame, ne emerge un limite di legittimità costituzionale, derivante appunto dalla sua natura di norma espressiva di un giudizio di valore risultante dalla ponderazione di due interessi in conflitto, entrambi costituzionalmente rilevanti. Caratteristica dei valori (o principi) costituzionali soggetti a bilanciamento è la non predeterminabilità in assoluto, una volta per tutte, dei loro rapporti reciproci di sovra o sottordinazione. La prevalenza dell'uno sull'altro, quando il bilanciamento non sia rimesso caso per caso al giudice, ma sia operato dalla legge nella forma di una norma astratta, deve essere collegata a determinate condizioni tipiche, come effetto giuridico alla propria fattispecie. In assenza di tali condizioni l'esito della valutazione comparativa non può essere il medesimo.

 

Perciò una norma di questo tipo è costituzionalmente illegittima se e in quanto non riservi al portatore dell'interesse postergato la prova dell'inesistenza nel caso concreto delle condizioni che, secondo il bilanciamento sotteso alla norma stessa, giustificano la precedenza attribuita all'interesse antagonistico. Tale è la norma denunciata, la quale preclude al locatore ogni prova contraria, senza tenere conto che la compressione inflitta al suo diritto è fondata solo nella misura in cui risponde effettivamente a una funzione di sostegno dell'attività economica del conduttore, bisognoso di un lasso di tempo per trovare un altro immobile idoneo all'esercizio dell'impresa.

 

Se questa condizione non sussiste, cioè se e dal momento in cui il conduttore acquisisce la disponibilità di un altro immobile o potrebbe acquisirla con l'ordinaria diligenza, il diniego al locatore del risarcimento del danno per l'ulteriore ritardo della restituzione dell'immobile locato viola la garanzia costituzionale del diritto di proprietà.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 2 del d.l.25 settembre 1987, n. 393 (Norme in materia di locazione di immobili ad uso non abitativo, nonchè di cessione e di assegnazione di alloggi di edilizia agevolata-convenzionata), convertito nella legge 25 novembre 1987, n. 478, nella parte in cui esonera il conduttore da responsabilità per i danni cagionati al locatore dal ritardo della restituzione dell'immobile senza eccettuare il caso di comprovata insussistenza della difficoltà per il conduttore di reperire altro immobile idoneo.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18/03/92.

 

Aldo CORASANITI, Presidente

 

Luigi MENGONI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 1° aprile 1992.