SENTENZA N. 93
ANNO 1992
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Giuseppe BORZELLINO, Presidente
Dott. Francesco GRECO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Cesare MIRABELLI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 560 del codice di procedura penale, promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 10 giugno 1991 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Vibo Valentia nel procedimento penale a carico di Anello Rocco, iscritta al n. 538 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell'anno 1991;
2) ordinanza emessa il 10 giugno 1991 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Vibo Valentia nel procedimento penale a carico di Vallelunga Damiano, iscritta al n. 592 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1991.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 22 gennaio 1992 il Giudice relatore Ugo Spagnoli.
Ritenuto in fatto
1.- A seguito del decreto di citazione per concorso in ricettazione continuata emesso dal Procuratore della Repubblica presso la Pretura di Vibo Valentia nei confronti di tre imputati, due di costoro chiedevano procedersi con rito abbreviato; aderendo a tale richiesta, il predetto Procuratore emetteva due distinti decreti di citazione per il giudizio abbreviato.
Il Giudice per le indagini preliminari presso la suddetta Pretura, investito di tali giudizi, con due distinte ordinanze, di identico tenore, emesse il 10 giugno 1991 ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 560 cod. proc. pen. "nella parte in cui non prevede la possibilità di sentire le parti prima di procedere alla separazione dei processi ed alla definizione di alcuni di essi con il rito abbreviato".
Premesso che il coimputato che non ha scelto il rito alternativo può avere interesse alla trattazione unitaria del processo, ma che detto interesse non può valere a determinare la successiva trasformazione del rito abbreviato in ordinario, il giudice a quo assume che la mancata previsione di un meccanismo che consenta, nei procedimenti pretorili, di sentire i coimputati circa l'eventuale separazione "elude il disposto dell'art. 18 u.c. C.P.P. e si risolve in una violazione del diritto all'assistenza, da parte dell'imputato, a tutte le fasi processuali". Sarebbe quindi violato il principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), dato che nei procedimenti di competenza del tribunale e della corte d'assise il giudice per le indagini preliminari ha, invece, la possibilità di sentire le parti all'udienza preliminare per decidere in ordine alla separazione dei processi e alla definizione di alcuni di essi con i riti alternativi.
Se poi si dovesse ritenere che la separazione è conseguenza automatica del consenso sul rito del pubblico ministero e dell'imputato richiedente e che perciò al giudice non spetti in proposito alcun potere di controllo, sarebbe violato l'art. 101 Cost., dato che il giudice sarebbe soggetto all'accordo delle parti e non alla sola legge.
2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, ha concluso per l'infondatezza della questione, osservando che la mancanza, nel procedimento pretorile, dell'udienza preliminare impedisce di sentire il coimputato che non abbia scelto il rito alternativo. Ma ciò non comporta alcuna violazione del diritto alla difesa, atteso che tale coimputato, anche se non può partecipare al rito abbreviato relativo ad altro imputato, può esercitare autonomamente i suoi diritti in tutte le fasi del procedimento che lo riguardano.
Considerato in diritto
1.- Poichè le due ordinanze sono di tenore identico, si deve disporre la riunione dei relativi giudizi.
2.- Il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Vibo Valentia dubita che l'art. 560 del codice di procedura penale, nella parte in cui non consente al giudice per le indagini preliminari, nei procedimenti pretorili, di sentire i coimputati, in caso di reato concorrente, prima di procedere alla separazione dei relativi procedimenti finalizzata alla definizione con rito alternativo di alcuni soltanto di essi, violi:
- l'art. 3 Cost. per la diversità di disciplina rispetto ai procedimenti di competenza del tribunale, ove il giudice per le indagini preliminari può sentire sul punto le parti nell'udienza preliminare;
- l'art. 101 Cost., perchè il giudice sarebbe soggetto (non alla legge ma) all'accordo delle parti ove si ritenga che non possa esercitare alcun controllo sulla separazione dei procedimenti finalizzata alla definizione di alcuni con rito alternativo.
3.- La questione è stata sollevata in limine a due giudizi abbreviati instaurati, su accordo delle parti, da due dei tre coimputati di concorso nel medesimo reato. Presupposto delle censure è, secondo il giudice a quo, "l'interesse del coimputato, che non abbia scelto il rito alternativo, alla trattazione unitaria del processo" onde la mancata preventiva audizione delle parti "in ordine a un'eventuale separazione di posizioni" "si risolve in una violazione del diritto all'assistenza, da parte dell'imputato, a tutte le fasi processuali".
Ora, a prescindere dalla considerazione che, anche secondo la disciplina generale in materia di separazione dei processi - e salva la specificità correlata alle modalità di introduzione dei riti alternativi - non è l'interesse del coimputato, ma l'assoluta necessità della riunione per l'accertamento dei fatti che può impedire la separazione, va rilevato che, nella specie, l'interesse del coimputato che il giudice rimettente fa valere è del tutto ipotetico e, per di più, insuscettibile di considerazione nei due giudizi abbreviati concernenti le posizioni degli altri imputati, che sono le sole devolute alla sua cognizione. Di conseguenza, la questione deve essere dichiarata inammissibile per irrilevanza.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 560 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede la possibilità di sentire le parti prima di procedere alla separazione dei processi ed alla definizione di alcuni di essi con il rito abbreviato, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 101 Cost. dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Vibo Valentia con due ordinanze del 10 giugno 1991.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21/02/92.
Giuseppe BORZELLINO, Presidente
Ugo SPAGNOLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 09 marzo del 1992.