ORDINANZA N. 7
ANNO 1992
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Aldo CORASANITI, Presidente
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 39 del codice penale militare di pace, in relazione all'art. 5 del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 6 febbraio 1991 dal Tribunale militare di Padova nel procedimento penale a carico di Girotto Giovanni, iscritta al n.470 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 1991.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 4 dicembre 1991 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.
Ritenuto che nel corso del giudizio penale a carico di Girotto Giovanni, imputato di mancanza alla chiamata alle armi, il Tribunale militare di Padova, con ordinanza del 6 febbraio 1991, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 39 del codice penale militare di pace, in relazione all'art. 5 del codice penale, con riferimento agli artt. 2, 3, 13, 25, secondo comma, 27, primo comma, e 52, terzo comma, della Costituzione, assumendo che, nonostante l'imputato abbia addotto a propria giustificazione la circostanza che la omessa presentazione sarebbe "stata determinata dall'erronea convinzione, a sua volta cagionata da erronee comunicazioni dell'autorità, di non essere tenuto a presentarsi immediatamente alle armi, e perciò da ignoranza della vigente normativa secondo cui solo una prima domanda di ammissione ad un corso A.U.C., ma non anche una seconda, sospende l'obbligo di rispondere alla normale chiamata alle armi", la norma impugnata non consente al giudice di "prendere in esame le varie risultanze sul punto, e nemmeno eventualmente chiedersi se si sia trattato di ignoranza inevitabile, secondo i criteri enunciati" nella sentenza di questa Corte n. 364 del 1988; e che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile;
considerato che questa Corte, chiamata a pronunciarsi sulla identica questione,ha osservato (ordinanza n. 247 del 1991) che, alla stregua dei principi affermati con la sentenza n. 325 del 1989, l'errore prospettato dal rimettente "si esaurisce in un tema di mero fatto che rinviene disciplina generale nell'art. 47, primo comma, del codice penale, di tal che l'ignoranza del manifesto" di chiamata alle armi, ed, a fortiori, di taluna delle previsioni regolamentari ivi enunciate, "non assume nel procedimento a quo rilevanza alcuna sotto il profilo della conoscenza astratta dei doveri e della conseguente e dedotta interferenza che verrebbe a stabilirsi tra l'art. 5 del codice penale - così come dichiarato parzialmente illegittimo con sentenza di questa Corte n. 364 del 1988 - e l'art. 39 del codice penale militare di pace";
e che, quindi, la questione ora proposta deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 39 del codice penale militare di pace, in relazione all'art. 5 del codice penale, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 25, secondo comma, 27, primo comma, e 52, terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale militare di Padova con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20/01/92.
Aldo CORASANITI, Presidente
Giuliano VASSALLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 22 gennaio del 1992.