ORDINANZA N. 512
ANNO 1991
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Dott. Aldo CORASANITI Presidente
Prof. Giuseppe BORZELLINO Giudice
Dott. Francesco GRECO “
Prof. Gabriele PESCATORE “
Avv. Ugo SPAGNOLI “
Prof. Vincenzo CAIANIELLO “
Avv. Mauro FERRI “
Prof. Luigi MENGONI “
Prof. Enzo CHELI “
Dott. Renato GRANATA “
Prof. Giuliano VASSALLI “
Prof. Cesare MIRABELLI “
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 45 della legge 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali), promosso con ordinanza emessa il 3 giugno 1991 dal pretore di Padova nel procedimento civile vertente tra Ciesa Paolo ed altra e comune di Padova, iscritta al n. 480 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 1991;
Visto l'atto di intervento del Presidente del consiglio dei ministri;
Udito nella camera di consiglio del 4 dicembre 1991 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;
Ritenuto che, nel corso di un giudizio civile in cui il convenuto comune di Padova si era costituito in persona del sindaco, autorizzato con delibera di giunta non sottoposta a controllo, il pretore di Padova ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 130 della Costituzione, dell'art. 45 della legge 8 giugno 1990 n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali), in quanto non prevede che le deliberazioni della giunta comunale siano sottoposte a controllo di legittimità da parte del comitato regionale di controllo, se non a seguito di iniziativa discrezionale della giunta medesima;
che il giudice a quo, dopo aver affermato che il provvedimento di autorizzazione al sindaco a stare in giudizio rientra tra quelli affidati alla competenza residuale della giunta ai sensi dell'art. 35 della citata legge n. 142 del 1990, reputa rilevante la questione proposta dal momento che, ai sensi dell'art. 182 c.p.c., egli ha il dovere d'ufficio di verificare la regolarità della costituzione in giudizio delle parti nella prospettiva dell'esercizio dei suoi poteri, previsti nel secondo comma della stessa disposizione del codice di rito, in ordine all'eventuale regolarizzazione degli atti di costituzione viziati;
che, nel merito, lo stesso giudice a quo, sospetta di incostituzionalita'la norma impugnata perché il riferimento, contenuto nell'art. 130 della Costituzione agli "atti dei comuni" da sottoporre al controllo, non può essere inteso come limitato alle sole deliberazioni del consiglio comunale e non anche comprensivo dei provvedimenti della giunta, tranne il caso di discrezionale richiesta di controllo da parte di quest'ultima;
che è intervenuto nel presente giudizio il Presidente del consiglio dei ministri, per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, per sostenere l'infondatezza della questione, perché il parametro costituzionale invocato, nel disporre il controllo di legittimità sugli atti degli enti locali e nel prevederne l'esercizio ad opera di un organo della regione, non pone vincoli alla discrezionalità del legislatore circa l'estensione del controllo medesimo, e la nuova disciplina giuridica risulta conforme a criteri di ragionevolezza ed efficienza istituzionale, in relazione alla fondamentale distinzione di competenze tra consiglio e giunta;
Considerato che, ai sensi dell'art. 128 della Costituzione, le province e i comuni sono enti autonomi nell'ambito dei principi fissati da leggi generali della Repubblica e che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l'entità dei controlli cui un ente è sottoposto contribuisce in modo determinante a definire la portata della sua autonomia (ord. 654 del 1988);
che l'art. 130 della Costituzione, per quanto attiene all'estensione dei controlli ivi disposti, non pone limiti al legislatore ordinario, rientrando nella sua discrezionalità l'indicazione degli atti da sottoporre al controllo del comitato regionale;
che il sistema dei controlli dettato dalla legge n. 142 del 1990, innovando radicalmente la disciplina precedente, è strettamente correlato alle competenze degli organi, sicché nel nuovo ordinamento delle autonomie locali, una volta rimarcata la centralità del consiglio comunale, i cui atti non sfuggono al controllo di legittimità, e considerato il rapporto di fiducia che lega la giunta al consiglio comunale, è assicurata la verifica esterna della legittimità delle deliberazioni assunte dalla giunta, riconoscendosi ad un terzo dei consiglieri comunali (ovvero ad un quinto, nei comuni nei quali si vota col sistema maggioritario) il potere di assoggettarle al controllo preventivo del Co.Re.Co nei casi e nelle forme previsti dai commi secondo e terzo del censurato art. 45; e ciò, a prescindere dalla possibilità per la giunta stessa di sottoporre di propria iniziativa i suoi atti al controllo del comitato (art. 45, primo comma);
che pertanto la questione è manifestamente infondata;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 45 della legge 8 giugno 1990 n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali) sollevata, in riferimento all'art. 130 della Costituzione, dal pretore di Padova con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 dicembre 1991.
Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI - Cesare MIRABELLI.
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1991.